Gli abitanti di Avigliana sono «stufi dei No Tav». E rimuovono lo striscione dalle mure del castello

Disordini al processo per i 53 antagonisti. Intanto, però, ad Avigliana un gruppo di cittadini, stanco di aspettare il sindaco, decide di darsi da fare.

L’udienza del processo ai 53 No Tav accusati per gli scontri del 2011 in Val Susa si è aperta e chiusa oggi a Torino tra slogan, insulti e la lettura di due comunicati. Lettura che il presidente del tribunale, Quinto Bosio, non è riuscito ad impedire. Gli imputati, accompagnata da una folta rappresentanza di militanti, hanno lasciato l’aula per raggiungere la Val Susa, per un corteo che ha raggiunto l’area del cantiere, non senza scontri con la polizia.

INSULTI AI MAGISTRATI. Il primo comunicato, di due imputati, era relativo alla revoca dei loro legali di fiducia, in segno di protesta contro un iter processuale, considerato «a senso unico in totale assenza di arbitri imparziali. Non rivolto, dunque, all’accertamento dei fatti ed a stabilire eventuali responsabilità». Di conseguenza, pur ribadendo la totale stima nei propri avvocati di fiducia, i due imputati (Lorenzo Minani e Giorgio Rossetto) li hanno revocati. Aggiungendo che i legali d’ufficio, quando saranno nominati, parleranno per il tribunale e non per loro conto. Parole e prassi che richiamano quelli a cui si assistette ai tempi dei processi torinesi contro il terrorismo rosso.
Secondo i No Tav, si è in presenza «di un clima di ostilità che vanifica ogni tentativo del collegio di difesa». Pertanto, rivolgendosi ai giudici, hanno polemicamente annunciato: «Vi lasciamo liberi di sperimentare i nuovi metodi di procedura legale da usarsi contro il movimento No Tav e ce ne andiamo in Val Clarea, luogo simbolo della nostra resistenza alla devastazione della Valle di Susa». All’uscita molti gli insulti alla pubblica accusa. È scattata, perciò, la richiesta di valutare eventuali reati come l’oltraggio a magistrato. L’udienza è stata sospesa per consentire ai giudici di nominare gli avvocati d’ufficio per i due imputati che hanno revocato il mandato ai loro legali.

IL “CONTRO-BLITZ”. Intanto, anche da parte di quanti si oppongono ai metodi utilizzati dai No T av, partono le prime azioni dimostrative. Per giorni, sui ruderi del castello di Avigliana, ha troneggiato uno striscione No Tav. Una presenza che ha indispettito molti cittadini aviglianesi, che hanno fatto diverse segnalazioni (senza risultati) al sindaco, affinché si procedesse alla rimozione dello striscione. «Hanno dovuto provvedere – ci spiega Michele Ferraudo, esponente del locale circolo Pd – alcuni volenterosi cittadini. Siamo stufi di vedere la nostra cittadina alla mercé del Movimento contro la Torino-Lione. Tutti hanno il diritto di esprimere le proprie idee ma non è accettabile che si imbrattino muri, manifesti, monumenti storici. E non è più tollerabile che questi gesti restino impuniti».
Fissate le corde, si sono imbragati e arrampicati sul muraglione. Giunti al lenzuolo con la scritta a caratteri cubitali “Liberi di resistere. No Tav”, l’hanno rimosso.
Un “contro-blitz” a tutti gli effetti, insomma, «che – continua Ferrando – abbiamo voluto fare in piena sicurezza e soprattutto alla luce del giorno dal momento che i “treno-crociati”, sabato scorso, avevano preferito agire di notte». Il sindaco Angelo Patrizio si è rifiutato di prendere in consegna lo striscione, che è stato depositato di fronte al Palazzo Comunale. «Ci chiediamo – chiudono gli attori della rimozione  – perché il sindaco continui a parlare di ignoti autori della posa dello striscione, quando il gesto è stato di fatto rivendicato dagli esponenti aviglianesi dell’ala dura antitreno».

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