Gli 80 anni di “don Camillo” Ruini tra il tifo del Bologna e la ragionevolezza della fede

L'ottantesima candelina mons. Ruini l'ha spenta il 19 febbraio con gli auguri di Foglio, Avvenire e Sole 24 ore. Anche Tempi si unisce ai festeggiamenti del "cardinal Sottile" ricordando la sua passione per lo sport e la ragionevolezza della fede in Dio

Anche “don Camillo” ha avuto il suo «Happy birthday, Mr. (ex) President»: non da un’ammiccante Marylin Monroe, ma dall’affetto che prosegue a circondare monsignor Camillo Ruini nel mondo cattolico, e che gli è stato ribadito il 19 febbraio, quando il “Cardinal sottile” ha compiuto 80 anni.

Il Foglio ha voluto un biglietto di auguri lungo due pagine: prima con una biografia a firma di Paolo Rodari, che ritrae il percorso di don Camillo a partire dagli anni giovanili nella diocesi di Reggio Emilia, attraverso il ricordo di amici e collaboratori. In primis quell’Agostino Menozzi, oggi direttore dell’ufficio comunicazioni sociali della diocesi, che nel 1957, quando Ruini arrivò a Reggio dopo gli anni romani alla Gregoriana (dove il mons. ha studiato filologia e teologia), fu tra i primi a mettersi sui suoi passi, insieme ad alcuni giovani, tra cui i poi celeberrimi fratelli Prodi, Romano più di tutti.

È proprio Menozzi a smentire una delle leggende circolate attorno all’ex numero uno della Cei, su cui si diceva che collezionasse soldatini e carrarmati. Non era vero, piuttosto è vero che «Ama stare tra la gente, è riservato ma attento a tutti. Ama lo sport, e gli piace il calcio: tifa Bologna. Infatti da giovane andava spesso al Dall’Ara a seguire le partite in tribuna con il padre. E non assisteva con distacco. Lo ricordo rosso in viso ad esultare per un gol. A Reggio era assistente di una società di pallacanestro, l’Unione sportiva La Torre, e non perdeva una partita».

Già nei suoi primissimi anni di ministero, Ruini ha mostrato il proprio dna, mentre si confrontava con una città che aveva dato i natali a Giuseppe Dossetti, e al «cattolicesimo adulto». Lo racconta Zeno Davoli, professore di italiano e latino al liceo, che lo conobbe in quegli anni: «Aveva il fascino dell’intelligenza e della cultura, ma anche di una grande semplicità di rapporti, cordialità e disponibilità all’amicizia. In più aveva il fascino sottile e inavvertito di un’educazione di antica tradizione. Essendo un forte teologo, il vescovo Baroni lo usava per la difesa dell’ortodossia: quando in diocesi si teneva una conferenza che puzzava di eresia (ad esempio sulla teologia della liberazione) poco dopo il vescovo gli commissionava un incontro che chiarisse bene le cose».

Sono tutte le cifre non solo di una personalità, ma di come Ruini ha poi traghettato la chiesa italiana negli anni alla Cei: e furono anche le stesse caratteristiche che lo hanno portato all’attenzione prima, all’amicizia dopo, con papa Wojtyla. Gli anni a Reggio sono stati un’incredibile palestra insomma, per don Camillo: che infatti, proprio nel ruolo di watchdog di un cristianesimo vivo incontrò già all’epoca un “omologo” allora in terra tedesca, Joseph Ratzinger (Il Foglio ce li consegna in una foto d’epoca, tutti e due sottili, ma don Camillo di più, nel clergyman anni ’60).

Auguri don Camillo: glieli porgono dalle stesse pagine anche molti altri personaggi del mondo cattolico. Sandro Magister, che lo indica come «il timoniere della nuova rotta» indicata da Giovanni Paolo II a Loreto nell’incontro con la Cei dell’85, quando il papa rovesciò la direzione di marcia. Timoniere grazie al suo cristianesimo gagliardo, che gli faceva includere tra le letture preferite «Tocqueville. Il suo ideale è una società libera e aperta in cui trovi spazio una chiesa gagliarda». Giancarlo Cesana ricorda: «“Laico, cioè cristiano” era un ritornello di don Giussani, che ci invitava a seguirla e a collaborare. Questa laicità lei ci insegna: che non possiamo pretendere che Dio faccia quel che spetta a noi e, insieme, dobbiamo aver fiducia che Dio compirà quel che non riusciamo a fare e che, addirittura, distruggiamo. La sua presidenza dei vescovi ha costretto tutti – ed entusiasmato – in un confronto con la realtà». Mentre Eugenia Roccella aggiunge che proprio don Camillo «è la persona che mi ha riportato alla fede», e ricorda il loro primo incontro, quando «Ruini mi si avvicinò e mi disse: “Signora, mi dica tutto del femminismo!”».

Avvenire, il quotidiano che per anni ha avuto il compito di rispecchiare quella nuova rotta della Chiesa italiana, tracciata da don Camillo, lo festeggia con un’intervista di Marina Corradi. Descrive ciò che avviene in quel giorno di compleanno: la sveglia alle 6.30, alle 7.15 la messa, come ogni mattina, poi la chiacchierata con la giornalista nello studio al Pontificio Seminario, affaccendato tra i mille impegni (non per i festeggiamenti: la responsabilità del progetto culturale, la Fondazione Benedetto XVI, la presidenza della Commissione su Medjugorje. Tutto ruota attorno ad un unico amore, la Chiesa). A Corradi, Ruini sorridendo racconta: «Sto bene. Solo l’insonnia mi disturba un po’. Oggi studio, attorno al tema di Dio. In autunno comincerò a scrivere un libro sulla ragionevolezza della fede in Dio». Sono le uniche parole a carattere più “personale”, perché poi don Camillo si lancia, come sempre, nell’osservazione di ciò che la Chiesa vive oggi.

Mentre si dibatte sui festeggiamenti per l’Unità d’Italia, Ruini osserva: «La storia d’Italia è anche duemila anni di storia di fede cristiana incarnata. In Italia la situazione della fede non è facile, benché sia migliore che nel resto dell’Occidente. Credo sia stata giusta la scelta di reagire con energia alla secolarizzazione e di mantenere salda la tradizione. C’è in Italia uno “zoccolo duro” che permane, il problema è la trasmissione della fede ai giovani. È questa la grande sfida». E infatti, come niente fosse, come se 80 anni o 20 siano la stessa cosa, “don Camillo” rilancia il suo guanto di sfida, la sfida educativa, perché «L’uomo è intelligenza e libertà e dunque responsabilità. Senza di ciò non avrebbe senso la croce di Cristo».

Ruini incassa anche gli auguri, infine, del Sole 24 ore, che lo ricorda soprattutto per il ruolo “politico”: «Cariche a parte, la forza del “cardinal sottile” risiede in altro. Per un quindicennio ha assistito al dissolvimento di un sistema politico imperniato nella Dc, e ha saputo ridisegnare il ruolo dei cattolici in politica. Capì per primo, o forse meglio di altri, che non sarebbe più esistito un partito di riferimento della Chiesa. La vecchia ingerenza non bastava più, bisogna essere presenti direttamente nel dibattito, all’interno del bipolarismo all’italiana», tanto da concludere che «Ruini va in pensione, ma il ruinismo pare proprio di no». Happy Birthday, don Camillo!

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