Giappone: esce per cercare la fidanzata dopo il terremoto e resta contaminato – Rassegna stampa/1

All'ospedale di Kumagaya si effettuano controlli: due persone sono state contaminate dalle radiazioni prima dell'evacuazione, altre 38 sono sotto osservazione. Fumiaki dopo il terremoto è uscito per cercare la fidanzata ed è stato contaminato. Lei l'hanno ritrovata ieri, sta bene

La situazione della centrale nucleare di Fukushima 1 in Giappone va peggiorando, Sono quattro su sei i reattori dell’impianto nei quali si sono verificati scoppi di ingenti proporzioni. Il premier Naoto Kan ha invitato a rimanere chiusi in casa anche coloro che risiedono entro una fascia di 30 chilometri dalla centrale.

Se ad oggi sembra che non ci siano rischi per la popolazione giapponese, prima dell’evacuazione alcune persone sono state contaminate dalle radiazioni. All’ospedale di Kumagaya le persone vengono controllate: due sono state contaminate, altre 38 sono sotto osservazione. “Una lunga strada deserta per arrivarci, un muro di cinta alto tre metri, militari di ronda, telefonini sequestrati all’ingresso: sembra una caserma l’ospedale alla periferia di Kumagaya, una cinquantina di chilometri da Tokyo” (Corriere, p. 6).

“Le persone in coda davanti al sorriso del dottor Yasunari appartengono alla categoria numero uno, secondo la classificazione della Disaster management agency di Tokyo. Sono le più fortunate: arrivate qui perché erano vicino alla centrale, nella zona adesso evacuata, ma senza sintomi o radiazioni importanti rilevate sul corpo o sui vestiti. Lo iodio lo prendono a scopo preventivo […]. Qui nell’ospedale di Kumagaya, però, ci sono anche due persone che le radiazioni le hanno prese di sicuro. Categoria numero tre, isolamento” (Corriere, p. 6).

“«Stiamo cercando dei donatori di midollo osseo – dice il dottor Yasunari – ma non è facile». Serve un parente di primo grado, di solito un fratello o un genitore. «E i parenti stretti di queste due persone erano anche loro tutti vicini alla centrale». Come Gennosuke, fratello maggiore del paziente numero 3/1, che blocca il dottore vicino al portone dell’ospedale: «La mattina dell’esplosione – racconta – eravamo rimasti tutti in casa proprio perché avevamo paura della nube tossica. Invece Fumiaki, mio fratello, è voluto uscire, perché dopo il terremoto non era più riuscito a parlare con la fidanzata». Lei l’hanno ritrovata ieri. Sta bene, si era rifugiata in una scuola. «Ma adesso, dottore, che cosa succederà a mio fratello?». È una delle mille domande senza risposta che devi sentire in questi giorni in Giappone” (Corriere, p. 6).

Non si possono eliminare gli effetti delle radiazioni ma solo arginare i sintomi. L’aiutante del dottor Yasunari li elenca meticolosamente: «Nausea continua, caduta di capelli e peli, perdita di sangue dalla bocca, emorragie sotto la pelle…». Per fortuna si avvicina il parente di un’altra persona arrivata da Fukushima. Denbe è venuto a chiedere notizie di sua sorella. Ufficialmente lei non è contaminata, [ma] è stata ricoverata come categoria numero due, pazienti in osservazione. […] «Non capisco, non capisco», ripete Denbe. «Fino a quando sono arrivati i soccorsi siamo stati sempre chiusi in casa con le serrande abbassate, seduti davanti alla tv per capire cosa stava succedendo. Perché lei sarebbe stata contaminata e io no?». Un’altra di quelle domande senza risposta” (Corriere, p. 6).

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