Giampilieri, paesino che «grazie all’unità delle persone» si è rialzato tre anni dopo l’alluvione

Giampilieri, il paesino sui Nebrodi distrutto da un fiume di fango tre anni fa oggi ha completato parte dei lavori di messa in sicurezza del paese in modo esemplare. «Grazie alla reazione unita della gente».

Era una notte di tre anni fa, quando una lingua velenosa di fango scese dalle montagne e travolse Giampilieri (Me), piccolo centro arroccato sui Nebrodi. Duemila persone scesero per strada, sfuggirono per miracolo a quel fiume di pioggia e fango che travolse macchine, inghiottì case. E vite: solo a Giampilieri sono morte 17 persone quella notte del 2009, 40 vittime in tutto contando i paesini limitrofi. Tre anni dopo non c’è rabbia tra gli abitanti di Giampilieri raggiunti telefonicamente da Tempi, malgrado il dolore per quelle vite sia ancora vivo e le strade del paese sembrino ad occhi esterni solo dissestate, le case squarciate, che lasciano intravedere ai passanti i resti di una quotidianità – mobili, libri, giochi – che ora non c’è più.

«È STATO FATTO UN OTTIMO LAVORO». «Ma sono già in stato avanzato i lavori per la messa in sicurezza della parte alta della montagna per evitare le frane» racconta Placido Vitale, preside della scuola elementare locale e fondatore del comitato Salviamo Giampilieri, che raccoglie 60 iscritti di ogni colore politico ed età. «Sinora intorno al paese è stato fatto un ottimo lavoro: sono stati realizzati diversi muri, alti due metri e fortificati, per proteggere l’abitato. Intorno ai muri ci sono dei canaloni che raccolgono le acque e le convogliano in un fiume. Una volta tornati a casa, negli anni abbiamo visto che con le piogge dalla montagna ora non arriva nemmeno una goccia di fango in questo modo». Prosegue Vitale: «Non sono iniziati invece i lavori nella zona abitata dove purtroppo morirono 17 persone. Lì è prevista la realizzazione di un nuovo canalone, ma prima bisogna abbattere le case distrutte dall’alluvione. E prima ancora appaltare i lavori. Il capo della Protezione civile ragionale, ci ha assicurato che entro il 31 ottobre verranno completate tutte le ultime gare». In quella data infatti cesserà l’ordinanza d’urgenza della Protezione civile.

«MODELLO DA ESPORTARE». Quella della demolizione delle case colpite è il nodo più doloroso per i sopravvissuti. Prosegue Vitale: «In questi anni non è stato dato alcun rimborso per le case distrutte, ma solo per la sistemazione di chi è stato costretto ad andarsene. All’inizio se ne sono andate almeno 500 persone, alcune ospitate in albergo (e non hanno percepito altri aiuti), altre che hanno scelto di prendere in affitto case nei dintorni. Questi ultimi ricevevano sussidi all’incirca per 500 euro. Oggi ci sono ancora 60 persone che vivono in appartamenti in affitto fuori da Giampilieri, perché le loro vecchie case sono nella zona rossa. La maggior parte delle persone o sono tornate o vogliono farlo anche a costo di ricomprarsi una nuova casa. Solo una decina di famiglie ha paura e ha scelto di andare via per sempre. Devo dire che noi in paese siamo rimasti stupiti. All’inizio non avevamo alcuna fiducia negli interventi di bonifica, pensavamo che sarebbero state fatte solo opere-fesserie. Invece i lavori sono stati fatti bene e Giampilieri è un modello da esportare. Negli anni il nostro comitato ha avanzato proposte che sono state accolte. La prima è stata quella per andare incontro ai proprietari di esercizi commerciali, che oltre alle case rischiavano di perdere il lavoro. Abbiamo chiesto e ottenuto da Regione e governo un sussidio da mille euro al mese a persona, percepito sinché non hanno ripreso l’ attività. Il paese ha gradualmente cominciato a ripopolarsi. L’ultima riperimeritrazione (cioé la “trasformazione” di un quartiere in zona verde, cioè agibile) è avvenuta un mese fa. Il 70 per cento del paese oggi è abitabile».

L’UNITÀ DELLA GENTE. In occasione di quest’ultimo anniversario, è arrivato un ringraziamento particolare ai cittadini di Giampilieri. Nicola Rizzo, direttore Clinica ostetrica e medicina età prenatale del Policlinico S. Orsola di Bologna e professore ordinario all’Università di Bologna, originario di Giampilieri, ha inviato una lettera aperta al sito giampilieri.com. «A distanza di tre anni dalla tragedia, oggi chi visita Giampilieri non può fare a meno di esprimere soddisfazione, per quanto, pur nelle odierne difficoltà economiche, è stato fatto per la messa in sicurezza e la ricostruzione del paese, anche se certamente tanto rimane da fare». Tralasciando giudizi politici, economici, e tecnici, Rizzo sottolinea invece «l’importanza che potrebbero aver avuto nel facilitare il conseguimento di questo traguardo taluni fattori di natura sociale. Innanzitutto sono da considerare la capacità e la prontezza di reazione all’evento dimostrate dalla gente di Giampilieri che, dopo aver immediatamente partecipato in maniera attiva e volontaria allo sgombero del fango, fin da subito ha saputo sottrarsi con intelligenza e determinazione alla facile e allettante lusinga di costruire un nuovo villaggio in un’altra sede. Ma soprattutto è stato importante per il paese aver saputo sviluppare nei confronti della tragedia una reazione unitaria dei suoi abitanti i quali, al di là di differenze di idee e orientamento, hanno espresso un alto livello di partecipazione. Pur nel confronto a volte acceso si è rivelato un prezioso e fondamentale fattore del processo di decisione democratica alla base di tutto ciò che è stato progettato e realizzato. Ogni comunità civile dovrebbe avere una risposta del genere di fronte a ciò che minaccia la sua stessa esistenza. La tragedia ha semmai indotto una rinnovata consapevolezza identitaria tra gli abitanti del villaggio, in particolare tra i giovani, e paradossalmente in maniera ancora maggiore in coloro che, nati a Giampilieri, vivono lontani. Non meraviglia che Giampilieri abbia saputo esprimere una reazione piena di maturità e di civismo in questa grave circostanza».

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