Festa dell’Unità di Roma: continua a far polemica il manifesto del Pd

Da due giorni non si parla d'altro: i manifesti della festa dell'Unità del Pd, che si terranno alle Terme di Caracalla. Il vento di cambiamento che, nel manifesto, alza la gonna di una ragazza, per il comitato "Se non ora, quando" mercifica il corpo delle donne. Andrea Santoro, che ha ideato i manifesti cerca di minimizzare: «Non sono mica gambe da velina»

In principio era l’Unità. Nel 2008 festeggiava la nuova veste grafica e il nuovo direttore (Concita De Gregorio) con una pubblicità firmata Oliviero Toscani: una ragazza fotografata di spalle, con il giornale piegato nella tasca della minigonna. I lettori di sinistra, alla vista del bel fondoschiena, si scandalizzarono per l’uso che si faceva del corpo della donna. Allora lo sfruttamento delle grazie femminili non era ancora imputato esclusivamente ai berluscones. Toscani disse che l’idea gli era venuta quando la De Gregorio si era presentata da lui per accordarsi sulla campagna, indossando una minigonna. E lei aveva confermato, anticipando la pioggia di critiche: «Il corpo della donna questa volta viene usato per pubblicizzare un prodotto intellettuale. Mi sembra pertinente. È molto peggio quando è utilizzato per accompagnare la pubblicità di un’auto oppure di un detersivo per piatti».

A distanza di tre anni, lo scandalo romano monta di nuovo. Due gambe, delle ballerine fucsia (che a quanto pare hanno soppiantato la scarpa di sinistra per eccellenza: il sandalo Birkenstock) e una gonna alzata dal vento hanno scatenato fiumi di polemiche. Il vento è di cambiamento, ma se alza le gonne il manifesto della festa dell’Unità romana offende la dignità della donna tanto quanto il bunga bunga di Arcore.

E il comitato nazionale “Se non ora quando” (quelle della manifestazione anti Silvio del 13 febbraio 2011) ha espresso tutto il suo sconcerto per «l’abbinamento fra lo slogan e l’ennesima immagine strumentale del corpo femminile». Il comitato ha pertanto invitato il Pd romano a ritirare la campagna «per rispetto verso milioni di donne italiane il cui voto è stato fondamentale nelle amministrative e nei referendum nazionali del 12 e 13 giugno».

Il Partito democratico ha forse ha l’unica colpa di fare campagne pubblicitarie generalmente bruttine, dal fantastico Veltroni nel 2008 (“non cambiate governo, cambiate paese. Suggerisco l’Islanda”) al segretario Bersani accigliato e in maniche di camicia (“troppo serio”) passando dallo slogan cinematografico scelto da Piero Fassino (“Gran Torino”). Andrea Santoro, il responsabile comunicazione della festa dell’Unità, specifica e minimizza: «Quelle non sono mica gambe da velina». Ma forse gli conveniva non parlare perché, tra moralismo e contro-moralismo, dovunque becchi, becchi male.

Exit mobile version