Falsi miti energetici

Il gas naturale è il combustibile fossile più pulito del mondo. Ma vallo a spiegare ai No Tap pugliesi. Gli studi del “pensatore globale” Vaclav Smil

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Chissà se gli attivisti che in Puglia da settimane conducono una vigorosa protesta, fatta di picchetti dinanzi al cantiere e ricorsi al Tar, contro la costruzione dell’approdo del gasdotto Tap (Trans-Adriatic Pipeline) sanno che il gas naturale è il combustibile fossile più pulito del mondo. Lo spiega Vaclav Smil, professore emerito presso l’Università di Manitoba in Canada, membro della Royal Society of Canada e nominato nel 2010 dal Foreign Policy tra i 100 “pensatori globali” esistenti, in un testo dal titolo “Natural Gas: Fuel for the 21st Century”, edito nel 2015. In effetti il gas naturale è il combustibile fossile che immette nell’atmosfera la minore quantità di Co2 in rapporto all’energia prodotta. Le imponenti infrastrutture internazionali realizzate in questi anni e la possibilità di commercializzarlo su vasta scala in forma liquefatta ne fanno, secondo Smil, la risorsa energetica principale del secolo, per di più a basso impatto ecologico.

Si tratta di un’opinione ampiamente diffusa tra gli analisti del settore, nonostante i costanti richiami dei politici e dei media agli accordi sul clima siglati a Parigi e alla necessità di una rapida riconversione dell’approvvigionamento dei nostri bisogni energetici verso le energie cosiddette rinnovabili. In Italia, addirittura, il Movimento cinque stelle, ormai partito di maggioranza relativa stando ai più recenti sondaggi, nel suo programma di governo auspicherebbe il varo di un piano energetico nazionale finalizzato a realizzare, nel giro di pochi anni, la rapida e completa de-carbonizzazione del fabbisogno energetico del paese. Simili posizioni, sempre secondo Smil, sono il frutto della diffusione presso l’opinione pubblica occidentale di alcuni falsi miti che inquinano il dibattito sul tema energetico.

In un altro suo lavoro Energy Myth and Realities: Bringing Science to the Energy Policy Debate, pubblicato nel 2010 per l’American Enterprise Institute, Smil prova a mettere un po’ di ordine in proposito, tentando di fornire alcuni fondamenti scientifici utili ad incardinare la discussione pubblica su binari concreti e ragionevoli. I principali falsi miti che individua sono l’idea che sia possibile riconvertire rapidamente il parco veicoli del pianeta con una netta prevalenza di auto elettriche; la convinzione che sarà a breve raggiunto il picco di estrazione di petrolio greggio; la possibilità di avviare un rapido processo di de-carbonizzazione grazie all’uso delle fonti rinnovabili.

Innanzitutto il nostro autore mette in chiaro che le transizioni energetiche non sono possibili in tempi brevi: le statistiche storiche dimostrano, al contrario, che esse possono avvenire in un arco di tempo occupato da diverse generazioni. Gli stessi trattati internazionali volti a contenere le emissioni di carbonio, non solo non riusciranno a ridurre sensibilmente l’emissione di Co2 nell’atmosfera, ma, presumibilmente, a livello globale, potrebbero non essere in grado nemmeno di contenerne l’aumento. Il sogno dell’auto elettrica di massa, inoltre, non avrebbe solo un peso piuttosto marginale nel processo di de-carbonizzazione, ma la sua realizzazione richiede alti costi di conversione, che lo rendono un traguardo perseguibile solo sul lungo termine.

L’utilizzo notevole di risorse pubbliche e private sull’onda dei falsi miti popolari in ambito energetico, rischia di impedire l’attuazione di soluzioni più realistiche ed equilibrate, se non di compromettere persino l’auspicabile proposito di rendere la moderna civiltà industriale più sostenibile. La riduzione dell’emissione di carbonio nell’atmosfera richiede importanti investimenti globali di infrastrutturazione elettrica, raggiungibili solo in un lasso di tempo molto lungo. Nell’immediato, è importante cercare di perseguire alcune soluzioni più a portata di mano. Esse richiedono però il sostegno di un’opinione pubblica matura e consapevole.

Non bastano turismo e tarantelle
Tornando al Tap e all’Italia, c’è da chiedersi se l’ostilità nei confronti di quest’opera sia plausibile. In un’ottica ecologista, a meno che non si vogliano assumere posizioni neo-luddiste ed anti-moderne, è evidente che un più efficiente ed economico approvvigionamento di gas naturale è auspicabile in una logica di sostenibilità ambientale e di miglioramento della qualità atmosferica. L’impatto stesso dell’infrastruttura sul paesaggio pugliese (il famoso espianto di alcune decine di ulivi secolari) è di gran lunga inferiore (con una resa energetica incomparabilmente più alta) rispetto ai mostruosi parchi eolici fabbricati in modo selvaggio sull’intero territorio proprio di quella regione. Persino volendo inquadrare in una prospettiva meridionalista la ragione delle proteste No Tap esse appaiono scarsamente comprensibili. È impensabile continuare a fare riferimento alla modernità ed ai primati in ambito italiano ed europeo dell’industrializzazione e della modernità infrastrutturale dell’epoca borbonica ed opporsi poi all’unica grande opera in programma in questo momento nel Mezzogiorno d’Italia.

Anche le istituzioni regionali farebbero bene a mobilitarsi per chiedere più occupazione e più royalty per gli abitanti del territorio, piuttosto che ricorrere al Tar per bloccare i lavori. Il Salento non fermerà l’emorragia di giovani soltanto con turismo e tarantelle.

@alesansoni

Foto Ansa

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