Facebook e le amicizie: la storia di Bruno, il “superdisoccupato”

Sulla mia pagina Facebook spunta la richiesta di amicizia sul mio profilo da parte di Bruno-superdisoccupato. L'accetto e scopro un uomo che ha bisogno d'aiuto, una storia di povertà e abbandono che non si può ignorare

Su Facebook sono arrivato al limite massimo di 5mila amici. Amici si fa per dire, naturalmente: ne conosco bene qualche centinaio e superficialmente un paio di migliaia, gli altri ignoro totalmente chi siano. Comunque cancellare gli amici, anche se non sono veramente amici, mi dispiace un po’. Così quando qualcuno mi chiede l’amicizia gli rispondo che non ho più posto. E che se vuole può cliccare su Mi piace nella mia pagina dei fan. Dove non esistono limiti numerici. L’ho fatto anche quando, un paio di settimane fa, uno sconosciuto che ha scelto come nick Bruno Super-disoccupato mi ha chiesto l’amicizia. Bruno mi ha risposto con estrema cortesia: Va bene Mario, grazie per avermi risposto, ammiro la tua opera con i City Angels. Quelle semplici parole mi hanno colpito. Così ho cancellato qualche “amico” tra i 5mila per fare posto a lui.

 

Qualche giorno dopo un mio amico – reale, non virtuale – mi gira una mail in cui un certo Claudio chiede aiuto. Ha 37 anni, separato, una bambina che non vede da mesi. Abita a Concorrezzo, vicino a Milano, nella casa di un amico. Ma è senza riscaldamento, gas e luce: non ha i soldi per pagare le bollette. E neanche per fare la spesa. Così tira a campare con gli aiuti di qualche anima pia. Non cerca carità, ma un lavoro. Perché non ne trova. Benché sappia lavorare come grafico. E benché abbia lavorato come operaio. Giro la mail a un mio collaboratore dei City Angels: di richieste così ne ricevo ogni giorno, magari potessi aiutare tutti a trovare lavoro. Quello che possiamo fare è dare loro generi alimentari (parecchi ci vengono dal Banco Alimentare) e i vestiti che i cittadini ci portano.

 

Ancora qualche giorno e poso lo sguardo su un articolo nella home page di repubblica.it: Storia di Bruno, il Super-disoccupato.  Perbacco, sarà lui, il mio amico di Facebook? Leggo e capisco. Capisco che è proprio lui. Che Bruno e Claudio sono la stessa persona. E che quest’uomo è davvero in una situazione penosa. A volte davanti alle richieste di aiuto resti dubbioso: non sai se si tratta di un’emergenza vera o fasulla. Questa è vera. Mi faccio dare il numero telefonico di Bruno/Claudio da un collega giornalista e lo chiamo. Lui mi domanda di aiutarlo a tornare a ricevere un sussidio dalla Caritas. Che quest’ultima non gli può più dare dal momento che lui, venuto dalla Sicilia, non risiede nel comune dove abita. Io provo ad aiutarlo.

 

 

E intanto lo invito a prendere cibo e vestiti dai City Angels: aiutiamo i senzatetto e decine di famiglie povere, siamo felici di poter dare una piccola mano anche a lui.
E’ una piccola storia, come tante altre. Una storia di emarginazione, di povertà, di dolore. Di chi non trova lavoro anche se ha tutte le carte in regola per trovarlo: professionalità, cultura, educazione. Una storia che temo di non riuscire a risolvere. Ma che spero di poter contribuire a rendere meno drammatica. Lanciando un appello attraverso Tempi, e attraverso Facebook: non lasciamo solo Bruno. Non ha più la moglie. E non ha più la figlia. Che almeno abbia degli amici.

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