FA Cup, il trofeo british dove i dilettanti umiliano i campioni d’Europa


Le chiamano “giant killers”
. Sono squadre di categorie inferiori, tante volte relegate a guadagnarsi di che vivere nei campi fangosi della provincia inglese. Ma quando approdano in FA Cup si trasformano, specie se di fronte a loro hanno i club delle serie maggiori. Diventano piccoli leoni, capaci di mettere sotto chiunque. Questo è sempre stato il marchio di fabbrica di un trofeo dalla storia centenaria (la prima edizione data 1872) targato british da tanti amanti del football e considerato forse meglio della Coppa dei Campioni. E non a torto. Una tendenza, quella dei Davide che sconfiggono Golia, che si è un po’ diluita negli ultimi anni, dove la legge della sopravvivenza in campionato si fa sempre più imperante, e per forza questa competizione è costretta a passare in secondo piano. Ma la FA Cup è capace di conservare ancora adesso un fascino tutto suo, e la finale in programma a Wembley questo sabato è un appuntamento che in pochi si perderanno.

Per le due finaliste, Liverpool e Chelsea, la partita di sabato è un crocevia, la gioia che potrebbe cambiare il giudizio su una stagione mediocre: vogliono vincere i Blues, in bilico sul baratro di due finali, maledettamente sospesi tra due flop e due successi che solo due mesi fa mai avrebbero immaginato. Vogliono vincere gli Scousers, dopo un anno davvero difficile, in cui la vittoria in Carling Cup resta un lontano ricordo. Diversi cammini, ma comune desiderio di mettere le mani sulla coppa più inglese che ci sia.

Per lei parlano i numeri: in quest’ultima edizione sono stati coinvolti qualcosa come 763 squadre, dalle piccole compagini delle leghe semi-professionistiche più sperdute ai colossi della Premier League. Una lunga trafila di match, iniziata ad agosto. Dopo i primi turni che coinvolgono solo le squadre più piccole, via via subentrano anche i club delle categorie superiori, con un sistema che sorteggia in maniera del tutto casuale gli accoppiamenti e i campi di gioco, senza squadre teste di serie. Così gli scontri si fanno imprevedibili e il tutto assume ancora più gusto grazie ad un’altra caratteristica unica della FA Cup: le partite sono giocate in sola gara d’andata e in caso di pareggio non si va ai supplementari, né ci si appella alla ridicola regola dei gol in trasferta ma ci si accorda per rigiocare il match. Con cammini che possono quindi diventare biblici: indimenticabile è, per esempio, l’avventura del Fulham del 1975, quando arrivò in finale superando 6 turni, diluiti in ben 12 partite. Ma nessuno batte ciglio, conta solo quello che succede in campo, e se credete che qui possa riflettersi fedelmente la distanza tra squadre di categorie diverse, andate a dirlo alle tante big che faticano in piccoli stadi affamati di grande calcio, perdendo contro club vogliosi di combattere e godersi le loro piccole serate di gloria.

Di episodi così, la storia della FA Cup è piena: a partire dal 1901, quando a vincere il trofeo fu il Tottenham, che non era neanche affiliato alla Football League, fino al successo del 1980 del West Ham ai danni dell’Arsenal, in un anno in cui gli Hammers militavano in Division Two. Come dimenticare poi il 1973, quando il piccolo Sunderland regolò per 1-0 il Leeds di Don Revie, squadra di lì a poco campione d’Inghilterra? Stesso risultato della finale di tre anni dopo, quando il Southamtpon, squadra di seconda divisione, strappava la coppa dalle mani del Manchester United. Fuori dalle finali invece, fece notizia la clamorosa sconfitta dell’Arsenal del 1992 contro il Wrexham: erano anni in cui i Gunners vincevano campionati e coppe europee, e furono messi sotto da una squadra che solo un anno dopo fu sbattuta fuori dalla Football League. Ma sono solo i risultati più clamorosi, gli esempi più paradigmatici di un trend diffusissimo in questa coppa fin dai primi match estivi. Ci sono addirittura squadre famose per i tanti “league scalps”, ovvero le vittorie strappate da club di leghe amatoriali a squadre ben più quotate: 20 ne conta lo Yeovil Town, 16 l’Altrincham.

Storie che, purtroppo, sono sempre più sconosciute anche a questo trofeo: le rose dei grandi club s’ingrossano e se qualche anno fa nessuno risparmiava le prime linee anche dagli impegni di FA Cup, ora sono le seconde linee a farla da padrone. Un vizio che contagia anche le piccole, sempre meno motivate ad affrontare avversarie più gloriose. E, ahimè, sempre meno fascino porta con sé la promessa di una finale nel tempio di Wembley. Con un filo di nostalgia aspettiamo il match di sabato, sicuri che per Chelsea e Liverpool non conteranno calcoli né ragionamenti sulla svalutazione di questa coppa. Ma solo tanta voglia di vincere e di riscattare con un trofeo centenario una stagione ancora in bilico.

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