Ex prostituta contro Amnesty International: «Depenalizzare lo sfruttamento è contro le donne»

Rachel Moran racconta la sua vicenda in contrapposizione alla celebre Ong: «Ci guadagnano sono i criminali e i clienti uomini»

Sentire parlare di “lavoratrici del sesso” e dei loro presunti “diritti umani” da parte di chi auspica la legalizzazione della prostituzione può far rabbrividire. È il caso di Rachel Moran, ex schiava della tratta e poi fondatrice di Space International, associazione che combatte contro il traffico sessuale, scossa dalle argomentazioni con cui Amnesty International in estate ha dato il suo appoggio a questi tipi di campagne.

COMPRATA E VENDUTA. Moran ha raccontato la sua storia in un libro intitolato Payed For: My Journey Through Prostitution, poi riassunta sul New York Times. «Sono entrata, come accade a molte, nel mondo della prostituzione quando non ero ancora una donna. All’età di 14 anni sono stata messa sotto la tutela dello Stato, dopo che mio padre si era suicidato e dato che mia madre soffriva di disturbi mentali». Nel giro di un anno Moran si ritrovò sulla strada senza nulla: «Avevo solo il mio corpo». Un uomo la indusse a venderlo: «In quanto “carne fresca”, ero una merce molto richiesta». Per sette anni Moran fu «comprata e venduta» anche dieci volte a notte. Il dolore e gli effetti psicologici «sono difficili da descrivere – continua – e nella mia tarda adolescenza cominciai a usare la cocaina per alleviare il dolore», per questo «tremo quando sento la parola “lavoro sessuale”». Infatti, non esiste alcuna correlazione fra «un impiego normale» e «il degrado rituale di estranei che usavano il mio corpo per soddisfare le loro pulsioni». Moran, ha ha parlato anche con l’emittente Rte One, ha raccontato che solo all’età di 22 anni, grazie a un figlio nato quattro anni prima, trovò la forza di cambiare vita, fino a ottenere, dopo un anno vissuto nella povertà e senza droga, la laurea in Scienze della Comunicazione e Sociologia presso la Dublin City University.

UN BUSINESS MILIARDARIO. A chi parla di difesa delle donne, Moran domanda cosa può accadere quando le case chiuse diventano legali e gli sfruttatori sono lasciati liberi di agire. E risponde loro che «attuare questa politica servirà solo a rinforzare il diritto degli uomini a comprare il sesso, mentre la decriminalizzazione dello sfruttamento non proteggerà nessuno se non gli sfruttatori». Moran ha ricordato che negli Stati Uniti la prostituzione produce circa 14 miliardi di dollari all’anno e che «la maggioranza di quei soldi non vanno alle ragazze». Inoltre, la prostituzione legale attira la criminalità, tanto che ad Amsterdam sono stati chiusi diversi locali, mentre in Germania è esploso un mercato dove «un milione di uomini paga 450 mila donne ogni giorno».

RIPENSATECI. Amnesty International propone un mercato del sesso libero dalla “forza, la frode o la coercizione”. Ma, continua la donna, «so, da quello che ho vissuto e testimoniato, che la prostituzione è inseparabile dalla coercizione». E siccome alla recente votazione di Amnesty seguirà la decisione definitiva il prossimo autunno, Moran ha chiesto ai delegati della Ong di tornare indietro. Perché forse quelli che hanno appoggiato la decriminalizzazione «credono di aiutare le donne», purtroppo però «in nome dei diritti umani, hanno votato per depenalizzare le violazioni di tali diritti su scala globale».

@frigeriobenedet

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