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D’Alema’s dilemmas Davvero poco tenero col Presidente del Consiglio italiano il Financial Times del 10 marzo scorso. In un editoriale intitolato, con un gioco di parole, “D’Alema’s dilemmas”, il commentatore si interroga sul misterioso fenomeno per cui il tasso di crescita dell’economia italiana resta basso nonostante il costo del denaro sia sceso dal 9 al 3 per cento in tre anni. E conclude: “Nei suoi cinque mesi al potere D’Alema non ha nemmeno cominciato ad affrontare gli altri ostacoli sulla strada della crescita economica. Il mercato del lavoro italiano resta uno dei più rigidi in Europa. E il sistema pensionistico italiano assorbe un massiccio 15 per cento del prodotto nazionale lordo; senza alcuna riforma, sarà estremamente difficile abbassare il livello generale delle imposte… Il margine di manovra concesso dai bassi tassi di interesse offre al governo l’opportunità di riforme strutturali. Sfortunatamente, tutte le indicazioni dicono che il governo D’Alema sarà troppo debole per agire”.

Occupazione francese:
la vie en rose “La fine della disoccupazione nel 2010”. Con questo titolo strepitoso Le Monde ha presentato in prima pagina qualche giorno fa l’intervento di un esperto. A dar retta all’autore, il merito del miracolo in arrivo spetterebbe in parti uguali al trend demografico e alla “riorganizzazione del lavoro ovunque in corso”. La forte flessione del tasso di fecondità e il ritardato ingresso nel mondo del lavoro avrebbero un impatto decisivo sull’occupazione: “la popolazione in età lavorativa, cioè quella fra i 18 e i 64 anni… è aumentata fra il 1975 e il 1995 di 5,2 milioni di persone per effetto del baby boom del dopoguerra, aumenterà soltanto di 2,3 milioni di persone fra il 1995 e il 2015, dopodiché, stante il tasso di fecondità di 1,5 figli per donna, diminuirà, per la prima volta nella nostra storia dai tempi della peste nera nel XIV secolo, di 4 milioni di persone fra il 2015 e il 2035”. “Si entra sempre più tardi nella vita attiva: a 17 anni trent’anni fa, a 20 anni oggi. E se ne esce sempre prima: a 62 anni all’inizio degli anni Settanta, a 58 anni oggi… La Francia ha sempre fatto ricorso a ‘truppe di riserva’ per alimentare la sua popolazione attiva: ieri i contadini, gli immigrati e le donne. Domani, i disoccupati, i pensionati – poichè non sarà più possibile garantire le stesse pensioni di oggi a 60 anni di età – e, di nuovo, gli immigrati”. Per quanto riguarda le politiche antidisoccupazione, “ormai le buone ricette si conoscono: diminuzione del costo del lavoro non qualificato, ricorso al part time – l’unico modo di creare veramente posti di lavoro riducendo l’orario di lavoro -, migliore formazione e sviluppo dello spirito d’impresa nei servizi”.

Verso un terrorismo curdo antieuropeo?

Già prima del minaccioso comunicato del PKK rilasciato il 15 marzo la scelta del partito di “Apo” era chiara. “Gli interessi europei in Turchia, nonché l’Europa nel suo complesso devono essere il bersaglio di attacchi che impediscano agli abitanti di questi paesi di dormire, proprio come i nostri figli in Kurdistan passano le notti in bianco a causa della paura. Se l’Europa e la Turchia vogliono trasformare in inferno la vita di 40 milioni di curdi (in realtà sono 27 circa – ndr), allora noi dobbiamo agire nello stesso modo”. Così si poteva leggere su Özgür Politika, un giornale curdo vicino al PKK che si pubblica in Germania. Dopo l’arresto di Ocalan, l’idea di ricorrere al terrorismo non più solo contro il nemico turco, ma anche contro gli europei ritenuti suoi complici si fa strada. “Se anche un solo turista metterà piede in Turchia nel corso del 1999 -prosegue il pezzo – sarà una vergogna per noi. Aiuteranno i carnefici di Ocalan e poi andranno ad asciugarsi le chiappe puzzolenti sotto il sole di Antalya. E noi dovremmo stare a guardare! La nostra cortesia e la nostra umanità ci sono costati molto cari. Se, con le nostre azioni, avessimo messo direttamente in pericolo gli interessi occidentali, come hanno fatto i palestinesi o altre organizzazioni di liberazione, non ci troveremmo nella situazione attuale. È venuto il momento di resistere e di combattere fino alla morte”.

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