“Eugenio Corti, lo scrittore, l’amico”. Tributo al grande autore a sei mesi dalla morte

La rivista Studi cattolici dedica un quaderno monografico all'autore de "Il Cavallo rosso", ineguagliabile testimonianza delle ideologie assassine del Novecento

Eugenio Corti, lo scrittore, l’amico: è il titolo del quaderno monografico, di oltre venti pagine, dedicato dall’ultimo numero della rivista Studi Cattolici all’indimenticabile scrittore noto per i suoi romanzi storici, tra i quali Il cavallo rosso, tradotto in nove lingue e giunto alla 28ma ristampa per le Edizioni Ares. Corti era nato a Besana in Brianza, in provincia di Monza, il 21 gennaio 1921, primo di dieci figli. Nella stessa cittadina lombarda è morto il 4 febbraio scorso, a novantatré anni.

Quello tributato dal mensile diretto da Cesare Cavalleri è un riconoscimento “naturale”, e non il primo, ad un personaggio, come Corti, che ha collaborato per oltre trent’anni a Studi Cattolici, ed ha scritto molti libri per le edizioni che pubblicano la stessa rivista milanese, cioè Ares, che ha curato anche l’Opera omnia dell’autore de Il cavallo rosso. Il quaderno dedicato a Eugenio Corti si apre con la pubblicazione integrale della relazione che Cesare Cavalleri ha svolto nel convegno che gli studenti universitari di Bologna hanno dedicato a Corti il 15 maggio scorso. Segue un altro interessante testo, questa volta “postumo”, a firma dell’editore e scrittore serbo naturalizzato svizzero Vladimir Dimitrijevic che, in L’avventura di Eugenio Corti in Francia, ripercorre la fortuna dello scrittore cattolico in un Paese difficile come quello della laicité.

Peter Milward, lo studioso gesuita che ha propiziato la traduzione giapponese del Cavallo rosso, nel suo contributo “Il Cavallo rosso” nel Paese del Sol Levante, ne traccia un inedito paragone shakespeariano. In un’intervista concessa ad Alessandro Rivali, Vanda Corti, moglie inseparabile dello scrittore, ne rivela insospettati lati umani, che emergono anche da una toccante ed inedita lettera che lo Eugenio Corti indirizzò a Vanda nel 1993, quasi un testamento spirituale. Il quaderno si conclude quindi con i contributi di Paola Scaglione, biografa di Corti, che ne restituisce un ritratto letterario ed amicale e, infine, Maria Gaspari, che narra la propria esperienza e si fa in qualche modo portavoce dell’affetto e della gratitudine di tutti i milioni di lettori del grande Autore.

In effetti, Corti è fra gli scrittori cattolici più letti in un secolo anti-cristiano come il Novecento. Delle cui “ideologie assassine” si fa ineguagliabile testimone nel Cavallo rosso, pubblicato per la prima volta nel 1983, nel quale rievoca la storia, parzialmente autobiografica (è stato sottotenente nell’Armir, l’armata italiana in Russia, prestando servizio in quel fronte fra il 1942 e il 43), della generazione sopravvissuta alla seconda guerra mondiale. Negli ultimi anni di vita Corti si era visto riconoscere i suoi meriti da parte del mondo culturale e cattolico italiano che, nel 2011, a seguito dell’approvazione di una mozione da parte del Consiglio della Regione Lombardia, lo aveva candidato al Premio Nobel per la letteratura. Un comitato promotore, diretto fra gli altri dall’allora vescovo di san Marino-Montefeltro monsignor Luigi Negri, aveva infatti consegnato agli Accademici di Svezia oltre 8 mila firme che però non gli bastarono per ricevere il riconoscimento internazionale, assegnato in quell’anno allo scrittore svedese Tomas Tranströmer.

Come ha scritto Cavalleri nella sua relazione su Corti, accostarsi alla letteratura, al romanzo ed alla saggistica di questo grande autore del Novecento significa incontrare in maniera del tutto particolare la sua personalità, la sua testimonianza ed il suo insegnamento. Accostarsi al suo capolavoro, aggiunge il direttore di Studi Cattolici, significa incontrare Eugenio Corti che si riversa del tutto, come uomo, come scrittore ed anche come cristiano nella narrazione. Il pensiero redatto nella forma di libro diventa quindi per Corti vita vissuta e dovere interiore. Aggiunge infatti Cavalleri: «Noi sogniamo, per così dire, il sogno dell’autore e, nel caso di Corti, questo sogno è veritiero, coinvolgente, incessante perché Il Cavallo rosso è un romanzo di più di mille pagine costruito magistralmente con piccoli stacchi, brevi sequenze e quando si comincia a leggerlo non ci si stacca più. E il lettore pensa con il pensiero dell’autore. Chi è, dunque, l’autore che conosciamo attraverso la lettura del Cavallo rosso? È un ragazzo di vent’anni che sceglie di andare a combattere in Russia per conoscere di persona il comunismo e tutto un mondo che aveva solo intuito attraverso i discorsi, la propaganda, i libri. Voleva verificare di persona. Lì ha conosciuto non soltanto il comunismo e il nazismo: ha incontrato persone, il popolo russo, isole di bontà nelle situazioni più atroci. C’è molto male in questo romanzo: non manca nulla della realtà, non è una narrazione edulcorata, descrive scene tremende perché la guerra è anche e soprattutto questo, e la realtà è fatta di verità».

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