Elogio del ruvido, ma sincero Fascetti

Sport über alles 15

A questa rubrica non piace Eugenio Fascetti, attualmente allenatore del Bari, che lascerà a fine stagione. Non piace come tecnico e come persona. Questione di gusti tattico-comportamentali, di pelle, di carattere. Però Fascetti, tra tutti i personaggi dell’universo mondo del football nostrano, ha un grande pregio che qua si vuole elogiare: non le manda a dire, non ha mai fatto un silenzio stampa nella sua vita perché pensava che portasse bene, non ha mai fatto un silenzio stampa generalizzato come quello, ridicolo, della Lazio che non parla perché dopo il derby con la Roma ha avuto critiche pesanti (e cosa dovevano fare, beatificarli insieme con padre Pio?). Fascetti, anche domenica, ha chiesto in sala stampa: c’è il tale giornalista? E giù a muso duro a fargli dei rimproveri. Spesso ha torto, qualche volta ha ragione, però almeno non mette tutti sullo stesso piano, legge i quotidiani, conserva in modo maniacale “i pezzi” incriminati per molto tempo. Aspetta al varco il giornalista reo di averlo in qualche maniera denigrato. Una volta attese tre anni, dal 1982 al 1985: incrociò l’autore dell’articolo ed estrasse un ingiallito ritaglio di giornale di cui chiese conto al malcapitato. Spesso esagera, ma è diretto, almeno, e questo è raro in questo nostro calcio dove il silenzio viene ormai usato, nella maggior parte dei casi, solo in funzione scaramantica. Dal Mundial 1982, quando gli azzurri di Bearzot arrivarono muti alla meta vincendo il titolo, il silenzio stampa è diventato un grande esorcismo. A volte funziona, a volte no, sempre fa ridere. E allora viva Eugenio, magari sgradevole, ma nemico della generalizzazione che ne uccide più della spada.

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