E il Metropolita disse: “State col Papa, o sarà tragedia”

Intervista di Jean François Thiry al Metropolita Filarete di Minsk e Sluck, Esarca patriarcale della Bielorussia* Per la prima volta dall’inizio del conflitto in Yugoslavia, in questa intervista esclusiva per Tempi, una delle maggiori autorità della chiesa ortodossa ringrazia pubblicamente il Papa per la sua azione in favore della pace, chiede alla Nato di fermare i bombardamenti, ammette qualche responsabilità serba (ma non di pulizia etnica) e avverte: “si profila il pericolo dello scoppio della terza guerra mondiale”

Qual è il suo giudizio sulla guerra in Kosovo? Quali conseguenze avrà per il mondo slavo ortodosso? Quale sono le strade percorribili per evitare la catastrofe di un conflitto su vasta scala?

La guerra, e più precisamente la guerra in Serbia organizzata dagli aggressori Nato, ha trovato un’eco dolorosa nel cuore di ogni persona onesta. Tutto il pianeta seguiva già da tempo con attenzione e ansia l’evoluzione degli avvenimenti nella terra iugoslava tanto provata. Più di una volta organizzazioni laiche e religiose sono intervenute con appelli in favore della pace e di una soluzione pacifica del problema. Purtroppo però la voce della coscienza e della ragione non è stata udita da coloro che avevano già deliberato in anticipo di risolvere i propri problemi a spese del dolore e delle sofferenze di altri uomini e di interi paesi. Il nostro atteggiamento di fronte all’aggressione può essere solo duramente negativo. I colpi inferti alla sovranità della Serbia e del suo popolo vengono accusati con particolare dolore dai popoli slavi, tra cui anche il popolo bielorusso. La coscienza che si sta perpetrando giorno per giorno un genocidio dei nostri fratelli e sorelle di sangue e di fede, dai vecchi fino ai bambini, insieme al dolore provoca un’impennata di sentimenti patriottici, induce la gente a serrare le fila intorno agli eterni ideali della Patria e della Chiesa. Molte persone aprono gli occhi sulla vera essenza del cosiddetto “nuovo ordine mondiale”, creato dalla determinazione di un paese di dettare il proprio volere a tutto il mondo. La Chiesa si sforza di convogliare i nobili impulsi dei credenti in un alveo pacifico, di non permettere che sentimenti di rancore e di vendetta prendano il sopravvento sull’amore cristiano e sulla ragionevolezza, secondo le parole di san Paolo “Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina” (Rm 12,17-19). Dai pulpiti risuonano appelli a raccogliere offerte per i fratelli e le sorelle sofferenti, e la gente dà volentieri per questa santa causa. Nelle chiese della Bielorussia si prega incessantemente per la riconciliazione degli avversari. La Chiesa prega anche continuamente in suffragio dei cristiani innocenti uccisi nel corso della guerra. La guerra iniziata minaccia di superare i limiti di un conflitto locale. Devono capirlo anche gli aggressori. In un mondo che possiede gli armamenti più distruttivi e mortali mai esistiti nel corso della storia umana bisogna sforzarsi di evitare qualunque scontro bellico. Tanto più, quando si profila il pericolo dello scoppio della terza guerra mondiale. Bisogna ricordare che la terza guerra mondiale non avrebbe vincitori. Chi scatena la guerra spinge l’umanità all’autodistruzione. Per questo noi, laici e credenti di tutto il mondo, dobbiamo unire i nostri sforzi davanti al pericolo comune e intraprendere passi in difesa del sacro dono della vita.

Qual è il Suo parere sull’appello alla pace del papa Giovanni Paolo II e sui passi della diplomazia vaticana per risolvere il conflitto?

Apprezziamo molto gli sforzi di tutti gli uomini di buona volontà, volti a ripristinare il più in fretta possibile una pace equa in questo tormentato angolo del pianeta. Tanto più importanti ci sembrano gli interventi in favore della pace di autorevoli personalità del mondo religioso. L’appello di papa Giovanni Paolo II testimonia la sua profonda preoccupazione per le sorti del mondo, il desiderio di affrettare una soluzione pacifica della situazione creatasi. Siamo convinti che una parola decisa dei leader religiosi, in primo luogo cristiani, avrà un notevole influsso sulla possibilità di giungere ad una pace equa.

Che cosa possono fare i popoli serbo e russo e le Chiese ortodosse in questi paesi per fermare il conflitto armato nei Balcani?

Il santissimo patriarca Alessio II di Mosca e di tutta la Russia fin dalle prime ore dell’aggressione armata della Nato ha intrapreso numerosi tentativi di pacificare l’aggressore, appellandosi alla ragionevolezza e all’amore cristiano. Il dovere di cristiano e di Primate della Chiesa bielorussa spinge anche me a levare la voce per invocare una soluzione pacifica del conflitto. Insieme a tutta la Chiesa prego affinché gli avversari rinsaviscano e perché il popolo iugoslavo ritrovi la pace. Purtroppo, i colpevoli del conflitto ignorano gli appelli della ragione. Per questo è importantissima la posizione dei cittadini dei paesi i cui governi partecipano all’aggressione. Ho già parlato delle reazioni dei popoli slavi a questa guerra. Con soddisfazione noto che anche molti cittadini di Stati non slavi condannano le azioni belliche della Nato contro la popolazione pacifica della Jugoslavia e svolgono molteplici azioni di protesta.

È possibile dare una valutazione morale non solo delle azioni militari iniziate dalla Nato, ma anche delle azioni di pulizia etnica effettuate dai serbi in Bosnia e nel Kosovo?

Per quanto riguarda le azioni da parte serba, forse esse non sempre sono state coerenti, ma in ogni caso non hanno mai dato motivo di suscitare un terrore come quello che viene messo in atto oggi contro la popolazione innocente della Jugoslavia. Non ho elementi che mi confermino le pulizie etniche che sarebbero state effettuate in Bosnia e nel Kosovo. So però con certezza che a causa dei missili Nato non muoiono solo i serbi, ma anche gli albanesi che la Nato dice di difendere. Se la Nato volesse veramente difendere qualcuno, potrebbe trovare molte strade pacifiche. Evidentemente, se nella soluzione pacifica del problema fosse impiegata anche una piccola parte dei mezzi dispiegati per bombardare città pacifiche, il conflitto sarebbe stato sedato fin dal suo sorgere. Per questo si ha l’impressione che la pace in questa zona sia semplicemente poco vantaggiosa a qualcuno. Come dice il profeta: “Parlano di pace al loro prossimo, ma hanno la malizia nel cuore” (Sal 28,3). Noi però dobbiamo difendere la verità fino alla fine, ricordando le parole dell’apostolo: “Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace” (Gc 3,18).

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