E’ il distacco il nostro male migliore

Mio caro Malacoda, non va per niente bene. Anzi, va decisamente male. Stai commettendo uno degli errori più stupidi che un istitutore possa commettere, hai accettato le regole del Nemico, stai giocando sul suo terreno. E stai perdendo. Ti sei fissato su questa faccenda del bene e del male, sprechi il tuo tempo a tentare il tuo paziente con il fascino del proibito, lo lusinghi con perversioni sempre più raffinate, lo stordisci con visioni di potere e di ricchezza. Non che tutto questo non si debba fare, ma siamo nel Ventunesimo secolo, il tuo paziente – spero tu l’abbia notato – ha aspirazioni intellettuali e politiche di rango. Qualche libro l’ha letto, si considera – così almeno gli fanno credere la sua vanità e gli omaggi di coloro che frequenta – un europeo postmoderno, un occidentale raffinato. Per lui è rozzo ridursi a una filosofia di vita che imponga, soprattutto nella vita pubblica, la banale scelta tra il bene e il male. Non che non sappia usare demagogicamente di questi argomenti quando ciò gli torni utile, ma intellettualmente la cosa gli ripugna. Lui ha letto quel filosofo che ha scritto Al di là del bene e del male e ritiene che sia una formula che bene esprime l’atteggiamento moderno di chi non vuol sembrare un moralista. Noi sappiamo che ‘al di là del bene e del male’ non vuol dire niente, che non è una frase coraggiosa, anzi che è il rifugio ultimo di chi non ha il coraggio di definire il bene e il male e di scegliere tra loro. Ma lo sappiamo noi, il nostro Nemico e pochi altri. Il linguaggio ha ormai la prevalenza sul giudizio, ci abbiamo messo secoli ad acquisire questo vantaggio, vediamo di non sprecarlo con un eccesso di zelo che porta il nostro paziente a fare esperienze troppo crude di vicinanza col male. Tutto ciò che lo porta troppo a contatto con la realtà, anche nei suoi aspetti più perversi, è pericoloso.
Il nostro compito è tenerlo in quella condizione di disincanto, di distacco che ha l’apparenza del realismo dell’uomo che si considera più intelligente degli altri, dell’uomo che non cede alle passioni, anche se sa cosa sono. In questo ti può esser d’aiuto una frase di un altro filosofo che ha avuto molta fortuna anche tra le fila del Nemico: «In medio stat virus». Non importa cosa voglia dire veramente, ormai è una di quelle parole, come ‘coscienza’, che acquistano importanza per il significato e per il suono che evocano, non per la realtà che indicano. La virtù è in realtà un eccesso, richiede discernimento e fermezza, richiede quella forma superiore di coraggio che è la prudenza, la capacità di scegliere il bene e di indirizzarvi le azioni in modo adeguato a conseguirlo. Ma questa medietà della virtù può essere facilmente contrabbandata come moderazione, la faccia conservatrice del rivoluzionario ‘al di là del bene e del male’.
Insomma, caro Malacoda, è meglio far credere al tuo paziente di aver abbandonato tutte le sue passioni, anche quelle ideologiche, piuttosto che farlo perdere nelle sue passioni. In una parola: equidistanza.
Tuo affezionatissimo zio
Berlicche

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