Diritti riDicoli

«Il contenuto di questo ddl è imbarazzante e ridicolo perché prende in giro la gente». Spulciando uno per uno gli articoli, «si vede che o i diritti ci sono già, o i diritti sono inattuabili o quando sono attuabili sono poverissimi». Annamaria Bernardini De Pace è avvocato civilista tra i più rinomati. Quando ancora i Dico li chiamavano Pacs e si dibatteva di quanto fossero indispensabili per il progresso della nazione, la De Pace aveva storto il naso rilasciando dichiarazioni in senso opposto. Si dice che le parole di questa mondana “avvocatessa dei vip” ed esperta riconosciuta di diritto di famiglia siano state esaminate attentamente anche nelle stanze vaticane. Oggi che i Pacs si sono materializzati nel loro surrogato democattolico, i Dico, lei ribadisce a Tempi di essere «ancora più convinta di quello che sostenevo allora: sono inutili». Questo perché «molti dei problemi che vorrebbero affrontare – penso alla questione dell’assistenza per malattia o ricovero – sono già tutelati attraverso il codice civile». Sono ridicoli «perché sui casi più spinosi – come quello pensionistico – rimandano a un futuro non certo prossimo». Sono poveri di vantaggi «perché, come nel caso della successione, già oggi si può lasciare il 25 per cento del patrimonio al convivente, addirittura anche se non è lui a farne richiesta. Coi Dico, invece, occorre aspettare nove anni – e anche un tempo maggiore, se c’è in ballo una separazione o un divorzio – e alla fine si può donare poco di più». Infine sono dannosi «perché aprono a pericolosi commerci di cialtroni e speculatori. L’articolo 6 proclama che si ha diritto al permesso di soggiorno per motivi di convivenza. Le possibilità di abusi sono altissime».
Il massimo del paradosso è stato raggiunto con la norma che prevede la comunicazione tra conviventi tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. La modalità non è solo esilarante, è anche preoccupante «perché si presta a ulteriori possibilità di speculazione». L’esempio portato dall’avvocato per aggirare la norma è semplice: «Io convivo e voglio stipulare un Dico con il mio partner. Lui non vuole. Aspetto che si assenti per un viaggio di lavoro, mando la raccomandata, la ricevo mentre lui è assente, la firmo e la nascondo. Quando ci separeremo mostrerò la ricevuta di ritorno avvalendomi dei diritti previsti dalla legge».
Si è detto che i Dico aiuteranno le persone omosessuali. Tanto per chiarire, l’avvocato ci tiene a far saper che «è da vent’anni che, tramite ciò che è permesso dal codice, tutelo le coppie gay. Esistono i contratti atipici, che sono forme di contratti di convivenza». Ai suoi assistiti omosessuali presenta le forme giuridiche a loro garanzia: «Possono fare dei piani di accumulo pensionistici per la parte più debole, un’assicurazione sulla vita per la parte più debole, un impegno della parte più forte a fornire un aiuto materiale al convivente nel caso in cui ci si lasci, un inventario nel quale si elencano i beni posseduti in modo da evitare che, sempre in caso di separazione, si finisca col buttarseli dalla finestra». Questo per dire che «le libertà individuali già oggi possono essere tutelate senza bisogno di assistenzialismi ridicoli e improbabili. Lo Stato non ha neanche i soldi per pagare la pensione di uno che ha lavorato 35 anni… e cosa fa? Paga la pensione alle prostitute dell’Est che un qualsiasi scioperato potrà far entrare in Italia per soddisfare i propri piaceri sessuali?».
Oltre ai possibili pittoreschi raggiri, la vicenda rivela un nodo culturale: «Diritti e obblighi, se nascono, devono nascere spontaneamente all’interno della coppia. Perché lo Stato mi deve gravare di obblighi a fronte di diritti infimi? Il problema è che le nuove generazioni non sono educate alla responsabilità personale. E così si finisce per affidare tutto allo Stato». Invece il matrimonio è un atto sacrale. «Intendiamoci: anche quello civile è un atto sacrale, perché ha qualcosa di sacro impegnare la propria vita e il proprio corpo – nel matrimonio c’è lo ius excludendi alios, cioè il diritto all’esclusiva sessuale. Nel matrimonio c’è l’obbligo di fedeltà, c’è il dovere di reciproca solidarietà materiale e morale. è un patto fra due persone che pubblicamente e liberamente s’impegnano a rispettare dei vincoli. Un rapporto nel quale non si vogliano assumere tali diritti e doveri è un’altra cosa». I Dico sono umilianti, «a quel punto è meglio farsi assumere dal partner come cameriera». Con un contratto in cui, tra l’altro, «si guadagna anche molto di più».

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