Dio benedica gli Inglesi. E l’euroscetticismo

«Non dobbiamo chiederci se ci colpiranno, ma quando ci colpiranno»

«Non dobbiamo chiederci se ci colpiranno, ma quando ci colpiranno», con queste parole il ministro dell’Interno britannico, David Blunkett, ha “rassicurato” i cittadini inglesi riguardo il rischio di attentati sul suolo di Albione. D’altronde, quassù tutti sono consci di essere in guerra: nell’area attorno alla Camera dei Comuni la polizia potrà infatti attuare la politica dello “shoot to kill”, ovvero dello sparare per uccidere in caso di sospetto attacco (i pacifisti amici dei due tower-climbers che il 20 marzo hanno scalato il Big Ben per esporre uno striscione «in un futuro molto prossimo potrebbero non essere così fortunati da poter scendere», ha detto chiaramente il capo della polizia metropolitana, Sir John Stevens) e all’aeroporto cominciano a controllare a tutti, con preoccupante attenzione, anche le suole delle scarpe. Ma, paradossalmente, la vera guerra che interessa combattere alla Gran Bretagna, con Tony Blair boots on the ground in nome e per conto di tutto il paese, è quella contro la nuova Ue e la sua costituzione massonica. La scorsa settimana, infatti, il leader laburista ha gelato gli entusiasmi dell’asse franco-tedesco dicendo chiaramente che su materie fondamentali come politica monetaria, tasse, difesa e giustizia penale l’Inghilterra non demanderà neppure un milligrammo di sovranità a Bruxelles. Di più, nonostante non potesse caldeggiare apertamente la proposta per un abile gioco delle parti, Blair appare deciso a diventare il principale backbencher occulto della proposta di deputati Conservatori e Liberaldemocratici di vincolare la firma britannica della futura costituzione a un referendum popolare che chieda al popolo di pronunciarsi in merito. Messa definitivamente in cantina l’idea di abbandonare la sterlina per l’euro, ora Blair mira al bersaglio grosso: far deragliare il progetto di firma entro giugno e costringere Francia, Germania e la Spagna unwilling di Zapatero ad uscire allo scoperto. La telefonata con la quale il premier britannico ha confermato a Silvio Berlusconi l’assenza di fondamento della notizia riguardo un nuovo direttorio a tre che escludesse l’Italia, la dice lunga (oltre che sull’interessata malafede del Corriere della Sera, che caso strano spara la notizia e subito dopo ospita un comizio a mezzo stampa di Romano Prodi) sul ruolo che potremmo giocare in chiave continentale se mettessimo da parte remore e falsi origami diplomatici e decidessimo di schierarci apertamente con Londra nella lotta contro il Leviatano dell’Unione. Ci riusciremo? Le ultime affermazioni del ministro degli Esteri, Franco Frattini, in tal senso fanno ben sperare. Il meeting bilaterale programmato per la prossima estate (alla faccia di Jacques Chirac), anche. Per adesso, Dio ci conservi gli inglesi. E li benedica.

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