Della “statuaria negra” e della misericordia (il commiato di Flannery)

L’ascia nel cuore

Nel prendere commiato da questa rubrica vorrei semplicemente tradurre la parte finale di un mio racconto, forse quello che preferisco, “Il negro artificiale”. L’espressione “negro artificiale” è una ripresa di quel che mio zio chiama la “statuaria negra”, per dire che non c’è nulla che gridi drammaticamente la tragedia del Sud come la “statuaria negra”. E, unita a questa, anche il rinnegamento di Pietro.

Il racconto parla di Nelson, un bambino di dieci anni, e di suo nonno, l’anziano signor Head. Il vecchio ha appena rifiutato di riconoscere come suo, davanti a una donna estranea, quel bambino. Il vecchio traditore e il bambino tradito si sono incamminati silenziosi, senza sapere che cosa dirsi. È a questo punto che si imbattono nella statua di un negro. Ma soprattutto è a questo punto che si fa strada la vera protagonista del racconto, la misericordia. Il “negro artificiale” diventa così il simbolo reale della tragedia e dell’invocatore.

“Fissavano il negro artificiale come se si trovassero in faccia a un grande mistero, un monumento alla vittoria di un altro che li riuniva nella loro comune sconfitta. Entrambi lo percepirono mentre dissolveva le loro differenze in un’azione di misericordia… Il signor Head rimase perfettamente immobile e sentì l’azione della misericordia toccarlo di nuovo ma questa volta sapeva che non c’erano parole al mondo capaci di darle un nome. Capì che scaturiva nell’agonia, che non è negata ad alcun uomo e che è data in strane vie ai bambini. Egli comprese ch’era tutto quello che un uomo potesse portare nella morte per offrirlo al suo Creatore e improvvisamente bruciò di vergogna perché ne aveva così poca da portare con sé. Egli si bloccò, costernato, giudicandosi con lo sguardo profondo di Dio, mentre l’azione della misericordia avvolgeva il suo orgoglio come una fiamma e lo bruciava. Non si era mai concepito come un grande peccatore prima, ma vide allora che la sua vera depravazione gli era stata nascosta per risparmiargli la disperazione. Capì che era perdonato dai peccati dal principio del tempo, da quando aveva concepito nel suo stesso cuore il peccato di Adamo, sino al momento presente, quando aveva rinnegato il povero Nelson. Egli vide che nessun peccato era troppo mostruoso da non poter essere anche suo, e poiché Dio ama in misura di quanto perdona, si sentì pronto in quello stesso istante a entrare in Paradiso”.

E questo è davvero tutto.

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