dal mondo 27/99

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A luglio un mondo di pace?

Questo luglio di alti e bassi termici verrà ricordato come il mese dell’anno 1999 che vide il rifiorire di speranze di pace in mezzo mondo -oppure come un tempo di illusioni smentite poi dagli eventi. Per una singolare coincidenza, nel giro di pochi giorni si sono affastellate notizie di imminenti accordi, strette decisive di estenuanti negoziati, svolte positive di crisi cronicizzate e solenni impegni controfirmati dalle parti in causa.

L’estate algerina svuota le carceri Il 5 luglio scorso, come già ricordato sul numero scorso di “Tempi”, è entrata in vigore in Algeria l’amnistia per i prigionieri politici che non hanno sulla coscienza fatti di sangue o stupri decisa dal presidente Abdelaziz Bouteflika. Cinque-mila fondamentalisti islamici sono tornati in libertà, e sono state gettate le basi per ulteriori atti di riconciliazione fra il governo e gli oppositori che, dopo il golpe del ‘91, avevano scelto la lotta armata. Il parlamento sta infatti vagliando una proposta di legge di “concordia nazionale” che comporterebbe sconti di pena e possibilità di amnistia per altri 15 mila detenuti dell’area islamica radicale. Se approvata, la legge sarà poi sottoposta a referendum popolare. La guerra civile algerina ha causato, dal ‘90 ad oggi, fra gli 80 e i 100 mila morti.

Stanchi del grande Risiko del Congo Il 7 luglio è stato il turno di due sanguinosi rompicapo africani: da Lomé (Togo) e da Lusaka (Zambia) sono finalmente arrivate buone notizie per due disgraziati paesi, rispettivamente la Sierra Leone e la Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire. Quest’ultima si è trasformata da un anno a questa parte in campo di battaglia non solo fra governativi, ribelli (divisi ormai in tre distinti gruppi armati) e milizie tribali, ma anche fra forze provenienti da una decina di paesi vicini. Sul suolo congolese negli ultimi dodici mesi si sono alternati combattenti provenienti da Ruanda, Uganda, Burundi, Angola, Zimbabwe, Namibia, Ciad, Sudan e Repubblica Centrafricana. A Lusaka è stato messo a punto un progetto di accordo che prevede un armistizio, il congelamento delle posizioni conquistate sul campo, il disarmo dei ribelli e dei miliziani filo-governativi, il ritiro degli eserciti stranieri, l’ingresso di una forza Onu oppure Oua (l’Organizzazione degli stati africani) per il mantenimento della pace, la creazione di una commissione militare congiunta per l’attuazione dell’accordo, la formazione di un nuovo esercito nazionale e l’avvio di un dialogo sul futuro politico del paese. Tre giorni dopo i capi di Stato di sei paesi hanno firmato l’accordo, mentre le due correnti dell’Rcd (Coalizione democratica congolese), il principale movimento della guerriglia, hanno bisticciato fra loro e alla fine non hanno apposto la firma.

Pace, e i carnefici salgono al governo La firma della pace fra il governo del presidente Ahmed Tejan Kabbah e i ribelli del Ruf (Fronte rivoluzionario unito) che dovrebbe porre fine a otto anni di feroce guerra civile in Sierra Leone, che ha causato fra i 50 e i 100mila morti e 1 milione di profughi, è avvenuta in un’atmosfera surreale. Il presidente è salito alla tribuna per annunciare l’accordo che prevede l’amnistia per i crimini commessi dai guerriglieri e il loro ingresso al governo (quattro portafogli ministeriali, quattro sottosegretari e la presidenza della commissione incaricata della supervisione sulle risorse minerarie del paese) in compagnia di una bambina di tre anni cui i ribelli avevano mozzato un braccio nel corso di uno dei loro assalti. “Lo faccio per i bambini di questo paese”, ha detto Kabbah. L’accordo prevede pure il mantenimento della forza armata di interposizione dell’Ecomog (la comunità degli Stati dell’Africa occidentale), soldati nigeriani compresi, fino a quando l’esercito sierraleonese non sarà riorganizzato su nuove basi.

Ore di ansia per l’Ulster Il mese di luglio ha visto anche la conferma, ma con un rinvio dal 4 al 22 agosto, del referendum per l’autodeterminazione di Timor Est, il primo incontro fra Ehud Barak e Yasser Arafat (11 luglio) dopo l’elezione del leader laburista a primo ministro di Israele e un altro passo verso la pace nell’Ulster: il 15 luglio il primo ministro nordirlandese David Trimble, unionista protestante, dovrebbe annunciare l’ingresso nel governo provinciale di esponenti del Sinn Fein, l’ala politica dell’Ira. L’annuncio è ancora incerto perché i protestanti chiedono un impegno formale dell’Ira a disarmare i suoi uomini che ancora non è venuto. Ma il primo ministro inglese Tony Blair e il leader del Sinn Fein Gerry Adams stanno facendo di tutto per avvicinare le posizioni delle due parti.

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