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Razzismo & Xenofobia/1 Siamo all’assemblea Ue-Acp o su “Scherzi a parte”? “Considerando che l’Unione europea e i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico (ACP) rappresentati in seno a questa Assemblea paritaria sono legati fra loro dall’attaccamento comune ai diritti umani universali, e dalla loro volontà di lottare contro la piaga rappresentata da razzismo e xenofobia, ovunque si manifestino, l’Assemblea condanna tutte le forme di estremismo politico, di sinistra come di destra, e in particolare le dichiarazioni insultanti, xenofobe, razziste e profondamente antieuropee fatte dal leader del Partito austriaco della libertà Jörg Haider per molti anni… stima che tali sentimenti non possono giocare alcun ruolo nell’evoluzione delle relazioni politiche fra l’Austria e l’Ue e attira soprattutto l’attenzione del primo ministro Schüssel, in quanto leader dell’Övp, sulla sua profonda responsabilità politica nella garanzia del rispetto, da parte di qualsiasi governo che egli possa dirigere, dello spirito e della lettera dei princìpi fondamentali del trattato europeo”.

Questa perla di citazione è tratta da una risoluzione “sulla situazione in Austria” votata il 28 marzo scorso ad Abuja, capitale della Nigeria, dai rappresentanti dei 71 paesi aderenti alla convenzione di Lomé, l’accordo di cooperazione che da 25 anni riunisce i 15 paesi dell’Ue e 56 stati del terzo mondo in maggioranza africani.

Da che pulpito la lezione all’Austria In mezzo a tutta questa brava gente animata da “attaccamento ai diritti umani universali” e “volontà di lottare contro la piaga rappresentata da razzismo e xenofobia”, che ha deciso di fare le pulci all’Austria, si trovavano rappresentanti di paesi come Ruanda e Burundi, dove la minoranza etnica tutsi (10-15 per cento in entrambi i paesi) domina la maggioranza hutu (oltre l’85 per cento) dopo trent’anni di massacri tribali che hanno fatto più di 2 milioni di morti; di paesi come la Repubblica democratica del Congo il cui presidente Laurent Kabila, meno di due anni fa in un famoso discorso radiofonico aveva definito i tutsi suoi ex-alleati “insetti da schiacciare”, innescando nella sola capitale Kinshasa il linciaggio o l’esecuzione sommaria di un migliaio di appartenenti a questa etnia; di paesi come il Congo Brazzaville, dove il presidente Dennis Sassou Nguesso, dopo aver vinto la guerra civile, ha invitato i suoi avversari delle etnie meridionali a rientrare nei villaggi in nome della riconciliazione, e poi ne ha selettivamente massacrato un paio di migliaia; di paesi come lo Zimbabwe, il cui presidente Robert Mugabe, già noto per le sue definizioni degli omosessuali come “mammiferi peggiori dei cani e dei porci” e per aver fatto massacrare centinaia di oppositori di etnia ndebele insieme ai loro familiari subito dopo essere salito al potere nel 1980, da mesi preparava il progetto di espulsione della minoranza bianca che da 100 anni vive nell’ex Rhodesia. E la lista potrebbe continuare.

Benché la mozione in questione sia stata presentata dai paesi ACP, la responsabilità della ridicola sceneggiata non ricade interamente su di loro: si sa che a suggerire l’iniziativa sono stati i paesi Ue. Ha commentato il primo ministro austriaco Schüssel: “Questa iniziativa mi fa sorridere”. Forse si è convinto che si trattasse di una trasferta africana di “Scherzi a parte”.

Razzismo & Xenofobia/2 Zimbabwe sull’orlo del baratro…

Sul razzismo e la xenofobia una lezione formidabile arriva dallo Zimbabwe, a cui sopra si accennava. Lì non si recita una farsa come ad Abuja, ma un dramma sanguinoso dall’esito incerto. Per rimpolpare le sue magre chances in vista delle elezioni politiche previste per il maggio prossimo, il pessimo presidente Robert Mugabe è ricorso all’arma finale dell’arsenale demagogico del suo partito: l’occupazione delle terre dei coloni bianchi da parte degli ex combattenti della guerra di liberazione in vista di un esproprio senza indennizzo. In Zimbabwe, infatti, in seguito alla politica delle terre realizzata negli anni del colonialismo britannico, 4.200 grandi coltivatori, quasi tutti bianchi, sono proprietari di 11,2 milioni di ettari di terre agricole, mentre 8 milioni di contadini neri si accalcano sui rimanenti 21,3 milioni di ettari coltivabili. La questione della terra fu una delle cause scatenanti della guerra fra bianchi e neri conclusa nel 1979 con l’accordo di Lancaster House sponsorizzato dagli ex colonizzatori britannici, ma vent’anni dopo solo 3,4 milioni di ettari di terre sono passate dai bianchi ai neri secondo le regole fissate dall’accordo di pace, cioè indennizzando i bianchi al valore di mercato delle loro aziende.

…ma non è una tragedia in bianco e nero Posto questo quadro della situazione, un osservatore esterno potrebbe credere che la maggioranza assoluta degli zimbabweani (11 milioni di neri che hanno di fronte 100 mila bianchi) appoggi l’invasione delle terre dei coloni da parte dei 50 mila “reduci” della guerra di liberazione che fece 30 mila morti, per il 90 per cento neri. E invece no: stando a sondaggi affidabili, solo il 30% della popolazione è favorevole alla requisizione delle terre dei bianchi, e i tre quarti degli intervistati dà la colpa al governo, anziché ai coloni bianchi, per la mancata ridistribuzione delle terre. Perché? Perché sanno come sono andate le cose: il governo ha redistribuito i 3,4 milioni di ettari espropriati fra 60 mila famiglie, ma i 400 mila ettari migliori sono andati a 400 membri della nomenklatura politica, che li hanno sfruttati molto male. Ai contadini, poi, non sono stati attribuiti titoli di proprietà, ma solo un permesso quinquennale di usufrutto, il che non ha permesso loro di ottenere prestiti per gli investimenti dalle banche. Per parte loro lo Stato e gli enti locali non hanno fatto nulla per fornire il credito e servizi ai coltivatori; il risultato è che oggi 400 mila ettari di terre espropriate giacciono incolti, mentre sugli altri 3 milioni di ettari non si va al di là dell’agricoltura di sussistenza. Inoltre in tutti questi anni Mugabe ha continuato a presentarsi alle riunioni del Commonwealth chiedendo soldi agli inglesi (che già avevano fornito 44 milioni di sterline nel 1979), ma senza mai presentare uno straccio di piano di reinsediamento sulle terre destinate all’acquisizione né una disciplina dei criteri di priorità per le assegnazioni. Gli zimbabweani neri queste cose le sanno, e forse preferiranno allearsi coi loro antichi nemici bianchi per sbarrazzarsi del tiranno Mugabe piuttosto che ascoltare le sue sirene.

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