Contraffazione è terrorismo

Cosa c'entra il viagra taroccato con i razzi di Hezbollah libanese? Lo spiega Antonello Colosimo, il commissario che ha dichiarato guerra ai falsari di mezzo mondo

C’è voluto l’intervento dei tecnici di Maranello per verificare quali differenze ci fossero tra le due Ferrari sequestrate dalla Guardia di finanza e quelle “ufficiali”. Contraffatte a rigore d’arte da un carrozziere siciliano, erano state ordinate da due privati, uno pugliese e l’altro di Milano, ma i motori dei falsi bolidi non hanno fatto in tempo a venire accesi per la lunga corsa. «Oggi i contraffattori sono diventati davvero molto bravi, e spesso risulta difficile distinguere l’originale dalla copia» spiega a Tempi Antonello Colosimo, vice alto commissario dell’Alto Commissariato per la lotta alla contraffazione, l’istituzione governativa nata nel 2005 col compito di monitorare il fenomeno della contraffazione, coordinare e indirizzare le politiche per la tutela della proprietà industriale e intellettuale, ed elaborare proposte normative e di assistenza alle imprese. «Si può contraffare praticamente qualsiasi cosa, dai trapani per dentisti, utilizzati per lo più nell’esercizio abusivo della professione, alla candeggina, fino ai giocattoli, si pensi al caso Mattel». Per quanto riguarda quest’ultimo settore ci sono poi andamenti altalenanti, perché per esempio alla vigilia di Natale i depositi di merce contraffatta devono essere svuotati. Si tratta dunque di un vero e proprio business soggetto alle leggi e agli andamenti del mercato.

L’identikit dell’acquirente
Resta però da capire in che misura il successo della contraffazione sia legato alla crisi dei consumi. Se ci sia, insomma, una sorta di giustificazione nei confronti dell’acquirente di merce “taroccata”. A tal proposito Colosimo non ha dubbi: «Confcommercio nel novembre 2007 ha pubblicato uno studio in cui viene tracciato l’identikit dell’acquirente di merce contraffatta. Le ragioni sono anzitutto un senso di rivalsa nei confronti di chi può permettersi certi articoli e del marchio stesso. Poi c’è il piacere di negoziare sul prezzo, infine, e questo è il punto dolente, la contraffazione non viene considerata come un reato. È vista piuttosto con una sorta di noncuranza». Verrebbe da chiedersi quanta reale consapevolezza ci sia in chi acquista merce contraffatta, ma «è difficile pensare che il consumatore del 2008 sia inconsapevole. L’inganno può avvenire solo per quanto riguarda il commercio via Internet». Dove la contraffazione arriva a interessare anche i generi alimentari, i cosmetici e in particolar modo i farmaci. Come per esempio il viagra, gli anabolizzanti o gli antiretrovirali, che se acquistati senza la consapevolezza del loro contenuto possono arrecare gravi danni alla salute.
«Ma il pericolo è di più ampia portata», continua Colosimo. «Il sistema della contraffazione alimenta la criminalità organizzata di casa nostra, ma anche il terrorismo internazionale. Col viagra contraffatto Hezbollah ha fatturato 1 miliardo di dollari. Non esagero ricordando che la contraffazione è un problema non inferiore, quanto a gravità, allo spaccio di stupefacenti o alla prostituzione. Ed è un reato, come tale punito con pene detentive che vanno da 1 a 3 anni di reclusione per i produttori di merce contraffatta, mentre per chi acquista ci sono sanzioni amministrative che possono arrivare fino a 10 mila euro». Tanta severità si spiega col fatto che la contraffazione danneggia l’intero sistema economico nazionale: non solo i singoli produttori e le imprese si vedono di fatto depauperare del marchio, ma diminuisce sempre di più la forza attrattiva del paese nei confronti degli investimenti stranieri. «L’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, Ronald Spogli, ha recentemente dichiarato che gli interessi americani subiscono danni ingenti in Italia, tanto da inserire il nostro paese nella grey list delle nazioni che non tutelano la proprietà intellettuale. Siamo dunque un paese a rischio di investimenti».
Pur dipingendo un sistema radicalmente malato, però, Colosimo preferisce non parlare di “implicazione” delle grandi imprese. «Sulle multinazionali, l’unica questione semmai è quella che riguarda la delocalizzazione della produzione, in paesi come il Vietnam o la Thailandia. In questi casi la quantità della merce effettivamente prodotta aumenta considerevolmente e così le eccedenze vengono immesse sul mercato comunque, ma senza i regolari controlli».

La mappa di un business
Esiste anche un certo rapporto tra l’immigrazione e la contraffazione. «Ad esempio, senza voler dare l’impressione di avercela con i cinesi, è vero che dalla Cina è stata esportata in Italia una vera e propria organizzazione imprenditoriale dedicata ad attività di questo tipo. Tuttavia noi non abbiamo dati che mettano in vincolante rapporto la contraffazione con l’immigrazione clandestina. È innegabile però che la piaga dello sfruttamento della manodopera, di qualsiasi provenienza, non fa che venire continuamente alimentata». Lungo tutto lo stivale. «Le zone produttive sono soprattutto Lombardia e Veneto, poi la Toscana, fino ai paesi vesuviani e ad alcuni centri in Puglia e Sicilia. C’è una buona notizia, però: anche se non possiamo quantificare i prodotti contraffatti e immessi sul mercato e dobbiamo basarci solo su quelli intercettati, posso dire che i sequestri sono considerevolmente aumentati». Dunque dove sta l’intoppo? «Parlerei piuttosto di intoppi. Anzitutto bisogna riconoscere, e lo faccio in veste di magistrato, che il saldo sulle condanne per contraffazione è basso, perché, certo, i tribunali sono ingolfati da processi lentissimi, ma c’è pure la percezione che spesso le iniziative giudiziarie vengano scelte in base alla risonanza mediatica del reato. La questione centrale tuttavia è di natura culturale: c’è una ignoranza diffusa del problema, dovuta al sostanziale disinteresse e alla mancata percezione della reale gravità della situazione. È infatti un’illusione ritenere l’acquisto di un cd da 5 euro o di finte borse di Prada una scorciatoia o perfino un diritto. L’Italia non è un paese di produzione né un paese ricco di materie prime, perciò bisogna salvaguardare la proprietà intellettuale. Ci stiamo depauperando di quello che ci permetterebbe di fare la differenza in ambito internazionale. Per questo l’Alto Commissariato, tra le altre cose, sta lavorando con il ministero della Pubblica Istruzione per introdurre nell’ora di educazione civica delle scuole un profilo dedicato al principio di legalità».

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