Per chi suona la campana Unicef

Dal 19 al 21 settembre, 75 capi di Stato e di Governo (33 dall’Africa, 17 dall’Europa, 11 dall’Asia, 14 dalle Americhe) si incontreranno a New York in occasione della Sessione Speciale dell’Assemblea delle Nazioni Unite dedicata all’infanzia e all’adolescenza. Ma l’Unicef protegge sempre meno i bambini: preferisce che non nascano. Seguono due testimonianze shock dal mondo del volontariato a convegno (organizzato da Avsi e presieduto dal ministro Maroni, capo delegazione italiana al summit) a Palazzo di vetro. Tempi anticipa gli interventi che terranno alle Nazioni Unite una coppia di ragazzi africani di Antonio Gaspari

Al World Summit for Children delle Nazioni Unite del 19 – 21 settembre, New York, parteciperanno 75 capi di stato e di Governo. Un record di presenze che mostra il grande interesse dei governi di tutto il mondo per un tema così delicato ma che si annuncia già come molto controverso.

In questa sessione speciale si cercherà di verificare quali avanzamenti sono stati fatti dopo il Summit Mondiale sull’infanzia svoltosi nel 1990, quando vennero presi degli impegni per la protezione dei bambini, per ridurre la mortalità infantile, assicurare la salute e garantire l’accesso universale ad una educazione scolastica di base.

Quel documento Unicef che chiede più aborto, meno famiglia. Dopo Durban sarà di nuovo scontro a New York tra Usa e Ue?

Dal punto di vista medico i progressi sono stati enormi. Il vaiolo sembra ormai eliminato dalla faccia della terra e negli ultimi 12 anni si è cercato di vincere definitivamente la poliomielite. Nel 1970 meno del 10% dei bambini era vaccinata per malattie come difterite, morbillo, poliomielite, tetano, tubercolosi e tosse convulsa, mentre oggi siamo all’80%.

Purtroppo 30 milioni bambini non vengono ancora vaccinati nel loro primo anno di età. Anche per questo motivo 900mila bambini sotto i cinque anni di età muoiono ogni anno a causa di morbillo; 200mila muoiono per tetano neonatale; 370mila per tosse convulsa, 50mila per tubercolosi.

Di fronte a questa importante battaglia per la vita, ha suscitato un certo scandalo il documento che sarà sottoposto all’approvazione dell’Assemblea. Invece di concentrare l’attenzione sui programmi di sviluppo che potrebbero salvare milioni di bambini, il documento sembra più indirizzato verso la diffusione di mezzi contraccettivi. Così invece di risolvere i problemi dell’infanzia si propone di eliminarla non facendola nascere.

I punti più controversi del documento che ha già scatenato polemiche riguardano soprattutto le richieste di libero accesso alla pratica delle interruzioni di gravidanza e la diffusione tra gli adolescenti di contraccettivi da utilizzare senza il consenso dei genitori.

Due argomenti sostenuti in particolare dall’Unione Europea e dall’Unicef e fortemente contrastate non solo dalla Santa Sede ma soprattutto dagli Stati Uniti. Nel gruppo degli oppositori, anche una delegazione di 17 paesi islamici che sono radicalmente contrari a misure che privino i genitori e la famiglia dell’autorità sui figli.

Per quanto riguarda l’America, mentre il presidente George W. Bush è schierato a fianco della Santa Sede, il gruppo di Rio composto dai paesi di lingua spagnola dell’America del Sud, ha chiesto di includere nel documento l’allargamento del diritto all’aborto per gli adolescenti.

La vicenda riporta al centro dell’attenzione il ruolo svolto dall’Unicef, che, pur senza disconoscerne i meriti, sembra spostare la sua attenzione su programmi di controllo delle nascite piuttosto che di assistenza all’infanzia.

La deriva malthusiana di un ente non futile

L’Unicef (United Nations International Childen’s Emergency Fund poi cambiato in United Nation Children’s Fund) nacque nel 1946 con lo scopo preciso di prendersi cura dei bambini vittime di guerra dell’Europa e della Cina. Ha svolto un importante ruolo di difesa dei bambini fino alla metà degli anni Sessanta, quando con il risorgere delle teorie malthusiane, lo sviluppo di nuovi contraccettivi e la diffusione della pratica della sterilizzazione, è stato coinvolto sempre più nei programmi di riduzione delle nascite.

Nel 1966 l’Unicef spese 700mila dollari per programmi di pianificazione familiare. Nel 1971 2,4 milioni di dollari e nel 1973 4,2 milioni di dollari per gli stessi scopi in 30 paesi. Con il passar del tempo, è cresciuta la collaborazione tra l’Unicef e l’Ippf (International Planned Parenthood Federation), la più grande e potente associazione per la pratica delle interruzioni di gravidanza e per la diffusione di contraccettivi.

Tra il 1987 ed il 1990 l’Unicef ha partecipato in maniera sostanziale a programmi di pianificazione familiare in Nepal, Malawi, Giamaica, Burundi, Kenya, Capo Verde, Tanzania e Cina.

Nel 1987 alla Conferenza Internazionale per «Migliorare la salute di donne e bambini attraverso la pianificazione familiare» tenuta a Nairobi in Kenya, l’Unicef sostenne apertamente l’aborto come «servizio legale, di buona qualità e accessibile per tutte le donne».

Nel 1992 l’Unicef fece pressioni perché si potesse praticare l’aborto in paesi dove questo era illegale. Tali pressioni erano già state fatte nel 1990 e per questo motivo l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite mons. Renato Martino aprì un contenzioso contro l’Unicef. La reiterata partecipazione dell’Unicef a programmi di riduzione delle nascite spinse la Santa Sede a ritirare nel 1996 il simbolico contributo annuale all’ente.

La signorina Bellamy. In missione per l’Ulivo mondiale

Dal 1996 ad oggi il contrasto tra Santa Sede e Unicef non si è risolto, al contrario le divergenze sono cresciute anche a causa delle posizioni radicali assunte da Carol Bellamy, che dal 1995 è direttore esecutivo dell’Unicef.

Carol Bellamy ha ricoperto la carica di senatore per il partito democratico nello stato di New York, e si è rivelata come una delle più radicali sostenitrici dell’aborto. Ha il record di votazioni in favore di proposte legislative per la liberalizzazione dell’interruzione di gravidanza. Nel settembre del 1999 con Bill Clinton ancora in carica, la Bellamy è stata riconfermata direttore esecutivo dell’Unicef per un secondo mandato che scadrà nell’aprile del 2005. A meno che la nuova amministrazione Bush non riesca a esercitare pressioni consistenti sulla Bellamy, è difficile che l’Unicef cambi politica. Anche se il problema vero rimane quello di mettere definitivamente da parte quella cultura pessimista, malthusiana e contraccettiva sostituendola con la “cultura della vita” che non solo i cattolici stanno rivendicando in tutto il mondo.

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