Chailly, un Beethoven così sfrenato e geniale non si è mai sentito

Funambolico, rock, sfrenato, "a rompicollo", insomma: un Beethoven così nessuno l'ha mai sentito. E' quello suonato dal direttore d'orchestra italiano, Riccardo Chailly, che ha «ridato ai movimenti la vera velocità pensata da Beethoven». E' finalmente uscito il cofanetto di cd editi da Decca con una scintillante versione delle Nove Sinfonie di Beethoven con l'orchestra di Lipsia

Erroneamente, si ha l’abitudine di concepire la musica classica come qualcosa di statico, che si perpetua nel tempo, costretta all’interno di partiture eterne, dove le “interpretazioni” e gli arrangiamenti come accade nel rock e nel pop sono assolutamente inconcepibili, almeno per quanto riguarda i circuiti ufficiali. Ha quindi suscitato enorme sorpresa e curiosità la notizia che uno dei più grandi direttori d’orchestra italiani, conosciuto e apprezzato nel mondo, Riccardo Chailly, ha finalmente dato alle stampe in un cofanetto di cd editi dall’autorevole Decca un monumentale lavoro che è costato anni di ricerca e di sperimentazioni, una scintillante versione delle Nove Sinfonie di Beethoven.

È il “Beethoven rock” come alcuni titoli di giornali hanno un po’ spericolatamente annunciato. Forse c’è esagerazione nell’avvicinare un genere così diverso ai capolavori del genio musicale tedesco, ma gli aggettivi che i critici hanno usato dopo l’ascolto di queste nuove registrazioni sono assolutamente entusiastici: “a rompicollo”, così è stata definita la lettura che il maestro Chailly ha fatto delle Nove Sinfonie con il fantastico e appassionato apporto esecutivo dell’orchestra Gewandhaus di Lipsia, la più antica del mondo.

Qual è la rivoluzione operata da Chailly? Lo spiega lui direttamente: «Non faccio altro che ridare ai movimenti la vera velocità pensata da Beethoven. Si diceva che non avesse capito come funzionava il metronomo, che era stato appena inventato. Addirittura che, essendo sordo, non avesse idea di quello che faceva». Continua a raccontare il direttore d’orchestra che il risultato originale sono sinfonie, in alcuni passaggi, quasi impossibili da suonare, tanto sono veloci. Poi nel tempo, le orchestre si sono adeguate e hanno canonizzato versioni più rallentate. «Ma – continua Chailly – soprattutto nei movimenti lenti, per esempio nella Pastorale o nell’Adagio della Nona, mi era sempre sembrato che ad un certo punto tutto cedesse. Riandando ai metronomi originali ho colmato subito questi sfaldamenti».

Chailly non si dà tutta la primogenitura dell’esperimento: «Prima Toscanini, poi John Eliot Gardiner, hanno cercato di avvicinarsi alla velocità originale, magari con l’uso di strumenti antichi, in piccoli organici. La mia sfida è stata arrivarci con una grande orchestra: questa, i cui professori dopo la prima prova, specie gli archi, si trovarono a massaggiarsi le braccia doloranti. Erano perplessi, ma alla fine mi hanno seguito». E così, dopo i concerti realizzati in questi ultimi anni, con interminabili standing ovation degli spettatori a Lipsia, tutti possono godere del Beethoven funanbolico e sfrenato, autore geniale – come dice ancora Chailly – di un’unica e gigantesca opera in 36 movimenti, un’opera nella quale, Ludwig Van, come nessuno mai, accostò i pianissimi e i fortissimi in modo tanto drammatico.

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