Svuotare le prigioni è giusto. Ma non riempiendo le strade di ladri e rapinatori

Le carceri scoppiano? Si abbassi la quantità di detenuti in custodia cautelare

La crisi porta con sé l’aumento di alcuni reati, quelli che fanno ottenere un po’ di liquidità in poco tempo: furti in abitazione (+15 per cento dal 2011 al 2012), scippi (+13), borseggi (+10), rapine (+5). I responsabili dell’Interno stanno già procedendo alla rimodulazione del sistema sicurezza, che da sempre adegua uomini e mezzi ai tipi e alle modalità di aggressione alle persone e ai loro beni. Importa che questi sforzi non siano vanificati da riforme che si vorrebbero varare sul fronte della giustizia.

I reati prima elencati lievitano non solo per via della crisi, ma anche perché la risposta repressiva è blanda: è raro che un furto sia punito con più d’un anno di reclusione e che per una rapina si sia condannati a più di tre anni. Eppure è sbagliato per questi illeciti parlare di microcriminalità: la vittima di uno scippo, chi si è visto svuotare la casa degli oggetti più cari, chi ha avuto la pistola puntata contro alla cassa di un supermercato la pensano diversamente, e hanno ragione. Con l’attuale regime penitenziario, quell’entità di pene non porta mai in carcere: se la reclusione è fino ai tre anni si va in affidamento in prova. Ampliare questa possibilità, come sembra voler fare il governo, significa contribuire a incrementare ancora questo tipo di reati.

Uno degli effetti del decreto “svuota carceri” voluto dal precedente esecutivo è stato di far diminuire i ladri e i rapinatori arrestati, anche in flagranza, mentre crescevano furti e rapine. Le carceri scoppiano? Si abbassi la quantità di detenuti in custodia cautelare (è possibile), per trasferire i reclusi stranieri nei paesi di origine (è doveroso), per costruire nuovi istituti o allargare quelli esistenti: si è iniziato a farlo e si deve proseguire. Alleggerire i penitenziari sulla pelle delle persone oneste non sta bene e non risolve il problema. Come tutte le furbate.

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