Sironi: «Lo scudetto del 2006 dato all’Inter non è più così “etico”»

Intervista a Mario Sironi, autore insieme a Mario Pasta di "Juventus il processo farsa. Inchiesta verità su Calciopoli" dopo la relazione di Palazzi sull'Inter e Facchetti. L'autore: «Hanno condannato Moggi con la premessa che i suoi rapporti con gli arbitri erano esclusivi, ora si dimostra falso. Quello che chiamavano “scudetto etico” non ha più un sapore tanto etico»

A cinque anni dalla pubblicazione e dopo oltre 10 mila copie vendute, il libro Juventus il processo farsa. Inchiesta verità su Calciopoli torna di estrema attualità. Dopo le 72 pagine di relazione del procuratore federale Stefano Palazzi, che in sostanza ha ribaltato il ruolo dell’Inter e dell’allora presidente Giacinto Facchetti nel processo Calciopoli – da parte lesa a imputato – l’opinione pubblica si è spaccata in due. Colpevolisti e innocentisti: chi grida al complotto, chi inneggia alla rivincita. Ma non si può ridurre tutto a uno scudetto o alle accuse a Facchetti.

Mario Pasta e Mario Sironi, gli autori di Juventus il processo farsa (Editore Guerini e associati, 12,50 euro, 142 pagine), attraverso l’attenta lettura della sentenza che ha condannato alla serie B la squadra più blasonata d’Italia, raccontano un caso emblematico di cattiva informazione e di malagiustizia, arrivando a porre interrogativi scomodi. Piero Ostellino e Christian Rocca nella presentazione del libro li riassumono così: «Perché la proprietà della Juventus non si è difesa da accuse che le stesse sentenze hanno dimostrato d’essere prive di fondamento? E, ancora, perché non ha fiatato quando le sono stati tolti due scudetti, compreso uno conquistato in un campionato non oggetto di inchiesta né dalla magistratura ordinaria né da quella sportiva?».

Entro il 18 luglio il Consiglio federale dovrà decidere il destino dello scudetto 2006, ma i presupposti non sono idilliaci. Carlo Tavecchio, vicepresidente della Figc, in una sua recente dichiarazione ha affermato che «il Consiglio non può decidere, perché non deve passare il messaggio che Guido Rossi è uno sprovveduto. Che Borrelli conti zero e che Sandulli era assente da tutto. A cinque anni di distanza tutte le questioni sono edulcorate». In realtà, nessuno vuole far passare Rossi come uno sprovveduto, semmai, dopo 5 anni, si vuole sapere se esisteva o meno una cupola del calcio e chi ne faceva parte.

Mario Sironi, la relazione di Palazzi conferma le tesi del vostro libro?
Una delle premesse che hanno portato alla condanna della Juventus era che la rete di rapporti che Moggi e Giraudo avevano con arbitri e designatori era esclusiva. La relazione di Palazzi afferma che non c’era questa esclusività di rapporti. Quindi questa imputazione decade definitivamente. Inoltre, nella sentenza la Juventus era accusata per aver infranto la lealtà sportiva (art. 1 del codice di giustizia sportiva). Già questo è importante perché la pena per chi infrange l’art. 1 non prevede la retrocessione, ma al massimo dei punti di penalizzazione. Nella relazione di Palazzi l’Inter è accusata di aver violato l’articolo 6, cioè quello che definisce l’illecito sportivo, ossia una condotta volta ad alterare l’andamento e il risultato della gara. Per la Juventus è stato costruito ad hoc l’illecito strutturato: i bianconeri sono stati accusati di avere ottenuto un vantaggio in classifica a prescindere dall’alterazione delle singole gare. Cioè, non era stato trovato nessun illecito per quanto riguarda il risultato delle partite, però la Juventus aveva tratto vantaggio in termini di classifica finale. Praticamente un controsenso. L’accusa all’Inter è molto più grave anche perché le intercettazioni dimostrano che quando Facchetti chiese un certo arbitro fu accontentato, una specificità che con Moggi non è mai stata trovata. Il bombardamento mediatico di allora non ha fatto altro che creare quel mostro che tutti volevano.

E ora che fine farà lo scudetto del 2006, tolto alla Juventus per essere assegnato all’Inter?
La decisione dell’assegnazione dello scudetto è stata troppo affrettata. Ma soprattutto non si sa chi ha deciso veramente, perché non ci sono documentazioni in questo senso. All’epoca, ma anche oggi, si diceva che era l’Uefa che voleva sapere chi era il vincitore dello scudetto. Abbiamo fatto un’indagine anche su questo. Risultato: non è vero, l’Uefa voleva sapere solo chi avrebbe partecipato alle varie coppe internazionali. La cosa è ben diversa. Anche perché gli scudetti revocati non sono mai stati riassegnati a un’altra squadra. Né in Italia né all’estero. Mi creda, annullare una cosa fatta male è difficile, nessuno vorrebbe prendersi questa responsabilità. Fatto sta che quello che chiamavano “scudetto etico” non ha più un sapore tanto etico. Tutti probabilmente intrattenevano rapporti con i designatori, anzi era stato caldeggiato questo comportamento, in modo da avere rapporti cordiali per evitare tensioni inutili. Come abbiamo scritto nel libro i giudici hanno “cercato di interpretare un sentimento collettivo”, senza seguire i fatti reali. Punterei un euro sulla revoca dell’assegnazione. Ma dipenderà, credo, tutto da Abete anche perché secondo me in molti si asterranno dal dare il proprio giudizio.

E la radiazione di Moggi?
È il simbolo del cortocircuito. La radiazione conferma un processo che però è stato invalidato dalle nuove intercettazioni. Probabilmente si adotterà una soluzione che fa contenti tutti: radiazione di Moggi, revoca dello scudetto all’Inter.

Alla luce dei fatti a cosa dedichereste un ipotetico capitolo aggiuntivo al libro?
Nel libro c’è un pezzo dove riportiamo una dichiarazione di Bergamo del 2006: “Mi chiamavano tutti, compresa l’Inter. Dove sono finite tutte le intercettazioni?”. Lo abbiamo scritto 5 anni fa. Si potrebbe ripartire da lì. Prendere il succo del passato e abbinarlo alle novità di oggi.

Come è nata l’idea di scrivere il libro su Calciopoli?
Un po’ per gioco, io mi occupo di finanza. Con l’amico Pasta siamo partiti dalla sentenza del 2006 che afferma il contrario delle premesse da cui era nato il caso. Le premesse erano l’opposto delle condanne che sono state date alla fine. Un libro né troppo tecnico né troppo superficiale. Abbiamo cercato di essere imparziali.

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