Benedetto XVI: «L’uomo vuole essere come Dio ma da solo è troppo debole»

Benedetto XVI ai giovani radunati per la messa della Domenica delle Palme e la giornata mondiale della gioventù diocesana: «Mai come oggi l'uomo vuole elevarsi a Dio. Questo è ciò per cui l'uomo è fatto, ma se si muove da solo ottiene l'effetto opposto. Pregarlo e lasciarsi salvare da Lui è l'unica via per innalzarsi»

L’omelia di Benedetto XVI, pronunciata nella Domenica delle Palme davanti a una folla di giovani che gremivano piazza San Pietro per la XXVI Giornata mondiale della gioventù diocesana, non era farcita di espressioni, che vanno per la maggiore sui pulpiti, quali “bisogna”, “dovete” o “sforziamoci di”. Al contrario, il Papa ha alleggerito tutti così: «Ci commuove nuovamente ogni anno nella Domenica delle Palme, salire assieme a Gesù il monte verso il santuario… Ma che cosa facciamo veramente quando ci inseriamo in tale processione?… E’ qualcosa di più di una cerimonia, di una bella usanza?». Il Santo Padre ha risposto che c’è «innazitutto da chiarire che cosa Gesù abbia in realtà voluto e fatto».

Entrando a Gerusalemme, città Santa di Dio che si rende vicino al Suo popolo, il Signore si incammina verso una nuova Pasqua: «Egli stesso prenderà il posto degli agnelli immolati, offrendo se stesso sulla croce. Sa che, nei doni misteriosi del pane e del vino, si donerà per sempre ai suoi, aprirà loro la porta verso una nuova liberazione, verso la comunione con il Dio vivente. Il termine ultimo del suo pellegrinaggio è l’altezza di Dio stesso, alla quale egli vuole sollevare l’essere umano». Il Papa ha ricordato che questo è il cammino a cui Gesù ci invita, ma si chiede: «Come possiamo noi tendere il passo in questa salita? Non oltrepassa forse le nostre forze?». La risposta è che «sì, è al di sopra delle nostre possibilità». Come agire dunque?

Benedetto XVI sgombra il campo da qualsiasi equivoco che faccia pensare all’uomo di poter elevarsi a Dio: «Da sempre gli uomini sono stati ricolmi – e oggi lo sono quanto mai – del desiderio di “essere come Dio”, di raggiungere essi stessi l’altezza di Dio. In tutte le invenzioni dello spirito umano si cerca in ultima analisi di ottenere delle ali per potersi elevare all’Essere, per diventare indipendenti, totalmente liberi, come lo è Dio». «Ma» ha sottolineato Benedetto XVI, se «tante cose ha potuto realizzare l’umanità… tuttavia la forza di gravità che ci tira in basso è potente. Insieme con le nostre capacità non è cresciuto soltanto il bene. Anche le possibilità del male sono aumentate».

Dunque l’uomo può ben poco dato che sta «nel punto di intersezione tra due campi di gravitazione… la forza di gravità che tira in basso – verso l’egoismo, la menzogna e verso il male» e «la forza di gravità dell’amore di Dio: l’essere amati da Dio e la risposta del nostro amore ci attirano verso l’alto». Per questo all’inizio della preghiera eucaristica si innalzano i cuori a Dio. «Ma ancora una volta – ha ribadito Ratzinger – noi da soli siamo troppo deboli per sollevare il nostro cuore fino all’altezza di Dio. Non ne siamo in grado». Anzi.

«Proprio la superbia di poterlo fare da soli ci tira verso il basso e ci allontana da Dio». Perciò, ha continuato il Pontefice è «Dio stesso che deve tirarci in alto». Proprio per questo «Cristo ha iniziato sulla Croce», quindi gli «elementi dell’ascesa sono efficaci soltanto se in umiltà riconosciamo che dobbiamo essere attirati verso l’alto; se abbandoniamo la superbia di voler farci noi stessi Dio».

Abbiamo bisogno di lui, ha concluso il pontefice ricordando sant’Agostino, il quale capì che «la forza dell’uomo e di tutte le sue purificazioni non basta per portarlo veramente all’altezza del divino, all’altezza a lui adeguata e disse che avrebbe disperato di se stesso e dell’esistenza umana, se non avesse trovato Colui che fa ciò che noi stessi non possiamo fare; Colui che ci solleva all’altezza di Dio, nonostante la nostra miseria: Gesù Cristo che, da Dio, è sceso verso di noi e, nel suo amore crocifisso, ci prende per mano e ci conduce in alto». Dopo queste parole il Santo Padre non ha potuto far altro che concludere pregando, come a dire che è questo l’unico moto che spetta all’uomo: «Attiraci Tu verso l’alto! Rendici puri! Fa’ che valga per noi la parola che cantiamo col Salmo processionale; cioè che possiamo appartenere alla generazione che cereca Dio, “che cerca il Tuo volto, Dio di Giacobbe”».

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