Bellezza contro utopia trionfante

Quest'anno il titolo del Meeting di Rimini di fine agosto pare echeggiare più anacronistico del solito

Quest’anno il titolo del Meeting di Rimini di fine agosto pare echeggiare più anacronistico del solito. Il suo richiamo a “Il sentimento delle cose, la contemplazione della bellezza” arriva in un momento storico dominato da un grande attivismo. Benché fra loro nemicissimi, i protagonisti del secolo che si è aperto sembrano essere d’accordo su di una cosa: che siamo a un passo dalla possibilità di trasformare totalmente la realtà in un prodotto del soggetto, di annientarla come “dato” per riplasmarla a piacere. Global e No Global, terroristi islamici e scienziati sul punto di offrirci tecnologie dai poteri quasi divini paiono tutti ugualmente esaltati all’idea che le loro utopie possano finalmente tradursi in realtà. In totale controtendenza con questo attivismo, e perciò singolarmente in sintonia col richiamo riminese, è il messaggio che promana dalle pagine di L’imparfait du présent di Alain Finkielkraut. In un’intervista raccolta dal nostro Rodolfo Casadei che apparirà sul mensile Tracce questo illuminista onesto affronta nei termini seguenti l’entusiasmo dei nuovi utopisti:
Domanda: «Quella che lei definisce “l’utopia trionfante” – sia quella politica, dei No Global e degli estremisti islamici, sia quella scientifico-tecnologica, delle biotecnologie – annuncia, come le utopie del passato, che ci “libererà dalla prigione della realtà come dato”. Lei replica che ci priverà del “dato come presente”. Perché?». Risposta: «Perché credo che ciò che caratterizza la modernità sia il risentimento per tutto ciò che si presenta come dato. E che non ci sia salvezza per noi tutti se non nell’abbandono di questo risentimento, ovvero nel ritorno alla gratitudine. Ma questa è una disposizione d’animo che ci risulta particolarmente difficile, da quando viviamo in un mondo senza Dio. Cioè davanti ad un dato senza il Donatore». Ecco la sfida de “il sentimento delle cose, la contemplazione della bellezza”. Ancora una volta, come duemila anni fa, come nel secolo scorso, come adesso, la sfida è tra utopia e presenza. Tra violenza e presenza. “Presenza, nient’altro che della presenza”, diceva il ’68 più vero. E presenziano adesso, certi cristiani, certi illuministi onesti e tutti coloro che sono impegnati nell’unico caso serio: l’uomo e il suo destino.

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