Battiato e il tormentone diabolico del “buco che mi hanno lasciato”

Pareva che a “Franco” neanche servissero i soldi, bastavano le idee. Oggi si lamenta come tutti: non riesco a fare nulla, colpa di chi mi ha preceduto

Mio caro Malacoda, dovremmo seguirlo più da vicino questo Franco Battiato, potrebbe darci soddisfazioni superiori al previsto. La sua breve esperienza da assessore alla Regione Siciliana è una lampante conferma della vanità retorica sulla “società civile” che soppianta i politici di professione e fa funzionare le cose, quindi un segnale che dobbiamo continuare a sostenerla.

Promemoria. Franco Battiato “salì” in politica non per elezione ma per cooptazione di Rosario Crocetta, neo presidente della Sicilia: «Sarà lui il nuovo assessore alla Cultura, alle giunte di politici e tecnici io aggiungo anche quella di intellettuali». L’intellettuale accettò, pur non volendo «avere nulla a che fare con i politici», e «se mi chiamate assessore mi offendo. Chiamatemi Franco». Ma avevano tutti capito male. Assessore alla Cultura? No, precisò “Franco” dopo una giornata di esultanza bipartisan per la sua nomina: «Non sarei assessore alla Cultura, ma al Turismo e Spettacolo. La differenza è che assessore alla Cultura vuol dire teatri di tradizione e una presenza a Palermo che non potrei sostenere, mentre con l’assessorato al Turismo e Spettacolo posso fare le stesse cose con maggiore libertà». «Non posso occuparmi dei teatri, della Film Commission, della quotidianità di un settore così vasto e importante come i beni culturali. Il mio può essere soltanto un impegno limitato, mirato a determinati progetti, altrimenti dovrei cambiare mestiere. E io sono una persona seria: non posso e non voglio cambiare mestiere». Aggiunse anche un rassicurante «non ho programmi».

Bene, il “Franco” part-time dichiara con profonda umiltà (o sovrano disprezzo per le fatiche quotidiane di un assessore?) che limiterà la sua creatività e il suo impegno solo a «determinati progetti», che avrebbero brillato per la loro qualità e valorizzato la Sicilia nel mondo. Sembrava anche che non gli servissero i soldi, bastavano le idee.

Il tempo di qualche tentativo e c’è lo ritroviamo a esternare come un premier qualsiasi: non riesco a fare nulla, ma è colpa di chi mi ha preceduto. Potremmo chiamarla la “teoria del buco anteriore”: c’è sempre una voragine, creata da chi ha governato prima di me, che mi impedisce di fare quello che vorrei e mi obbliga a comportarmi come non vorrei. Per Berlusconi fu il buco di Prodi, per Monti quello di Berlusconi, per Fassina quello di Monti.

«Non c’è un solo euro, hanno rubato tutto». Sbotta oggi “Franco” e rimbecca nervoso i suoi collaboratori che cercano di esprimere il concetto in modo più diplomatico: «Ci sono tante porcherie, troppe». (Detto per inciso, di sporco “sotto il tappeto” ha parlato anche Bersani alludendo ai conti di Monti. Ora, se la logica ha ancora un senso, l’accusa è di averli truccati; non male come premessa a una futura alleanza). Ma “Franco” non lo sapeva che «la politica è una cosa sporca»? Ovviamente l’assessore (se non si offende) non è «assolutamente pentito di avere accettato l’incarico», anzi, rilancia: «Sono qui per dare alla mia terra, non per depredare». Ma non può, al momento, dare nulla: «Dimenticatevi i Grandi eventi e il Circuito del Mito». Ha dovuto anche dire «“no grazie” a un signore che è venuto a propormi di organizzare a Taormina i Grammy Awards, che festeggiano quarant’anni. Perché non abbiamo soldi da investire: eppure sarebbe stata una festa pazzesca, avremmo venduto diritti in tutto il mondo». E non poteva finanziarla con quelli? Continuiamo così, continuiamo a farli lagnare.

Tuo affezionatissimo zio Berlicche

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