Banche venete, la nuova (difficile) sfida della Sga

La ex bad bank del Banco di Napoli rileva i crediti deteriorati di PopVicenza e Veneto Banca. Ma non è detto che riesca a replicare l’operazione di 20 anni fa.

C’è molto ottimismo intorno al salvataggio delle due banche venete, grazie all’intervento di Intesa Sanpaolo che acquisterà per 1 euro i loro asset sani e grazie allo scorporo di ben 18 miliardi di crediti deteriorati (al valore nominale) che saranno trasferiti alla Sga, la bad bank che ha recuperato quasi tutte le sofferenze del crac Banco di Napoli. Tale ottimismo sembra giustificato dal fatto che quella che sta per entrare in scena sarebbe la rappresentazione fotocopia dell’intervento sulla più grande banca del Mezzogiorno – una delle più antiche del mondo – messo in atto tra il 1996 e il 1997 dal governo di Romano Prodi con Carlo Azeglio Ciampi al Tesoro e Antonio Fazio come governatore della Banca d’Italia. Certo, ci sono differenze sostanziali come il fatto che per il Banco di Napoli si riuscì ad evitare la liquidazione coatta per intraprendere la strada della privatizzazione. Ma in entrambi i casi, è lo scorporo delle sofferenze, cioè dei crediti inesigibili e degli incagli, a rappresentare la chiave di volta di tutta la vicenda.

L’ESITO NON È SCONTATO. Ieri come oggi, la protagonista è la Sga, questa società con sede a Napoli e 70 dipendenti fatta nascere in tutta fretta il 30 dicembre 1996 proprio per “scaricare” la zavorra di 6,4 miliardi di sofferenze (9 miliardi se si fa riferimento al loro valore lordo) che erano state accertate dalla Banca d’Italia nei bilanci del Banco. All’epoca dei fatti in pochi avrebbero scommesso sul successo dell’operazione: la previsione massima di recupero era del 30-40%. Invece la Sga è riuscita a recuperare oltre il 90% di quei crediti. Questo risultato è il motivo dell’ottimismo che oggi si respira nella divisione del Mef guidata da Alessandro Rivera, che è il regista dell’attuale operazione sulle venete. Ora, però, non è scontato che la Sga, diventata al 100% di proprietà del ministero, riesca a replicare l’esperienza fatta con il vecchio Banco di Napoli. Certo, molto dipende dalla qualità dell’attivo proveniente dalla Popolare di Vicenza e da Veneto Banca, ma il contesto di mercato è molto diverso rispetto a quello di 20 anni fa. In particolare, manca la prospettiva di un aumento dei valori immobiliari che è stato un fattore determinante per il recupero dei crediti deteriorati dell’istituto di credito partenopeo a lungo guidato da Ferdinando Ventriglia. Dalla lettura dei bilanci della società emerge molto chiaramente come la bad bank abbia accumulato 3,7 miliardi di perdite nei primi sei esercizi, dal 1997 al 2002. Dal 2003 in poi, la musica cambia e la società ha cominciato a macinare profitti, infilando 13 bilanci in attivo con anni da record.

L’IMPORTANZA DELLA BOLLA IMMOBILIARE. Come si spiega tutto ciò? Non è un caso: la bad bank incrocia sulla sua strada la bolla immobiliare che a partire dal 2001-2002 fa lievitare i prezzi degli asset sottostanti i crediti e gli amministratori della società si rivelano molto abili nell’approfittare di questa congiuntura. Non a caso, vengono create delle società immobiliari ad hoc proprio per massimizzare la liquidazione di asset distribuiti in tutta Italia (la rete dei prestiti del Banco di Napoli non era limitata al Mezzogiorno). Del resto, che l’andamento del ciclo immobiliare incida in modo diretto sulle potenzialità di recupero di crediti non performing, ma assistiti da garanzie reali, è una cosa nota a tutti gli esperti del settore. Nessun segnale esiste, al momento, su una crescita futura e ingente del mercato del real estate in Italia e questo porta a pensare che il lavoro della Sga in Veneto non sarà proprio una passeggiata. Per contro, bisogna anche dire che oggi la società paga un tasso di interesse molto basso per acquistare le sofferenze delle due banche: da quel che si apprende dalla stampa sarà pari all’1% per un finanziamento che verrà erogato dalla stessa Intesa Sanpaolo. Vent’anni fa il tasso d’interesse applicato per rilevare i crediti cattivi del Banco fu del 9,4% nella fase iniziale e poi andò gradualmente diminuendo. Ma l’esperienza ha insegnato che è stato quel tasso a incidere in modo determinante sulle perdite dei primi anni (la Sga ha pagato in tutto quasi 2 miliardi di interessi passivi sul finanziamento). Quelle perdite sono state poi ripianate dallo Stato, anche se attraverso una partita di giro consentita dal decreto Sindona, che oggi non è più operativo. Un altro aspetto che gioca a favore della Sga oggi è il prezzo pagato per le sofferenze. A quanto si apprende, sarà pari a circa il 25-27% del loro valore nominale, mentre nel caso del Banco di Napoli il prezzo pagato dalla bad bank fu del 70%. Ma erano altri tempi e lo spettro del bail in neanche esisteva. Di sicuro, è anche il prezzo che determina la profittabilità dell’azione di recupero di crediti non performing.

UNA BUONA NOTIZIA PER NAPOLI. Comunque vada, l’entrata della Sga sulla scena del salvataggio delle due banche venete è un fatto positivo per la società partenopea che vede finalmente un futuro davanti a se. Per molto tempo c’è stato il timore di venire dimenticati dopo 20 anni di lavoro al servizio della più grande operazione di recupero crediti da un crac bancario che l’Italia che l’Italia ricordi. Affidando alla Sga i crediti deteriorati di Popolare Vicenza e Veneto banca viene dato risalto alla struttura e alla sua esperienza. Sembra chiaro che per la società si profila un ruolo di servicer ma non di acquirente diretto di crediti, anche perché è noto che il suo tesoretto (i quasi 500 milioni di profitti netti macinati a partire dal 2003) è confluito nel fondo Atlante2 che adesso sta negoziando la maxi partita delle sofferenze con il Monte dei Paschi di Siena. Attenzione, però. Non tutti ricordano che la Sga ha ancora 4-5 mila pratiche da gestire dei vecchi creditori del Banco Napoli. E considerato che sono state già fatte tutte le svalutazioni del caso e accantonate le presunte perdite su crediti, l’attesa per i prossimi anni è quella di incassare altri 150-200 milioni di euro. Un nuovo tesoretto si va formando con la prospettiva che l’intera operazione Banco di Napoli si chiuda con un saldo positivo di 700 milioni di euro circa. Si riuscirà a replicare la spessa performance con le venete?

Mariarosaria Marchesano è autrice di Miracolo bad bank. La vera storia della Sga a 20 anni dal crac Banco di Napoli, edito da goWare e Guida

@MRosariaMarche2

Foto Ansa

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