Avvocato Gabriele: «Vatileaks? Storia senza intrighi e complotti»

Intervista a Carlo Fusco, legale del maggiordomo che ha trafugato le lettere private di Benedetto XVI. "Onore alla giustizia della Santa Sede"

In settimana, o al massimo entro il 15 agosto, il Giudice Istruttore del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, professor Piero Bonnet, emetterà la sentenza a carico di Paolo Gabriele. Con questo primo atto ufficiale si concluderà la fase istruttoria dell’inchiesta sul cosiddetto “caso Vatileaks”. Il giudice Bonnet dichiarerà il proscioglimento di Paolo Gabriele dall’accusa di “furto aggravato”. O, «come io penso», dice a tempi.it l’avvocato difensore di Gabriele, Carlo Fusco, il suo rinvio a giudizio. Nel caso venisse riconosciuto colpevole, Gabriele rischia fino a sei anni di reclusione. Il maggiordomo di Benedetto XVI è accusato di aver sottratto dall’appartamento privato del Papa documenti, lettere e dossier che sono stati diffusi all’esterno delle mura leonine. E che sono apparsi su giornali e pubblicazioni come Sua Santità di Gianluigi Nuzzi, che da diversi mesi è in cima alle classifiche dei libri più venduti, procurando all’autore successo, comparse televisive e royalties (“metà delle quali saranno devolute in beneficenza” ha promesso Nuzzi). Nel frattamepo, Maria Antonietta Calabrò ha rivelato che “Paolo Gabriele è reo confesso” (Corriere della Sera, 5 agosto).

Come si ricorderà, Gabriele, che è residente e cittadino dello Stato Vaticano, venne trovato in possesso di “documenti che non dovevano trovarsi nella sua residenza privata”. Indagato e arrestato dalle autorità vaticane lo scorso 23 maggio, il 21 luglio si sono aperte per lui le porte del carcere e da allora è agli arresti domiciliari nella sua abitazione in Vaticano, confortato dalla presenza della moglie e dei tre figli, in attesa del processo che, dice l’avvocato Fusco,“inizierà tra settembre e novembre”

Avvocato Fusco, come valuta le procedure giudiziarie vaticane al confronto di quelle italiane?

Le procedure vaticane sono come quelle italiane. Solo che, a differenza di quelle italiane, esse sono regolate secondo codice penale risalente all’epoca dei Patti Lateranensi del ’29 . Di fatto, in un Paese di soli 400 abitanti e con un unico cittadino in stato di detenzione, le procedure di garanzia per l’imputato sono molto ampie, veloci, snelle. E la custodia cautelare è relativamente breve a confronto di quella che si registra normalmente in Italia. Nel caso Gabriele il giudice istruttore ha però dovuto procedere all’interrogatorio di diverse altre persone oltre al mio assistito. Per questo il procedimento ha subito un naturale rallentamento.

La difesa si è sentita garantita dai metodi giudiziari d’Oltretevere?

Assolutamente sì. Per altro, la nostra linea difensiva è già chiara. Attendo la sentenza del giudice istruttore solo per visionare gli atti delle altre persone interrogate e perfezionare così la nostra difesa in sede dibattimentale.

Ha mai percepito resistenze, strani segnali, addirittura “intrighi” da parte vaticana, come qualche forzato dello scandalismo ha ipotizzato su qualche giornale italiano?

Guardi, come ho già detto in altre sedi, le assicuro che in questa storia non ci sono né intrighi né complotti.

E comunque sorprende la riservatezza con cui sono state condotte le indagini. Se considera che non esiste processo di una certa rilevanza che non conosca le sue sistematiche violazioni a mezzo stampa del segreto istruttorio, la gestione giudiziaria del cosiddetto “caso Vatileaks” colpisce per la sua tenuta stagna ad ogni soffiata. Tant’è, ci sono giornali, italiani e non, che si sono dovuti letteralmente inventare indiscrezioni alla Dan Brown.

Direi di sì. Il segreto istruttorio è stato sostanzialmente rispettato da tutte le parti e in tutta la fase delle indagini preliminari. Ciò fa onore alla giustizia della Santa Sede ma anche all’etica professionale di noi avvocati. Io non ho parlato con i giornalisti prima della conferenza stampa in cui, insieme alle autorità vaticane, abbiamo annunciato le conclusioni della fase istruttoria.

Nella conferenza stampa del 21 luglio scorso lei disse che “Paolo Gabriele ha collaborato molto ampiamente e questo ha permesso di fare una chiarezza abbastanza approfondita su tutti gli atti da lui compiuti”. Ci dica se possiamo tradurla brutalmente così (visto che Maria Antoniettà Calabrò, sul Corriere della Sera del 5 agosto, ha anche rivelato che Paolo Gabriele è un reo confesso: è lui che ha contattato il giornalista Gianluigi Nuzzi, al quale ha consegnato i documenti rubati): “essendo Paolo Gabriele il coautore del libro Sua Santità, un po’ di percentuale delle vendite spetterà anche al mio assistito”.

Lo escludo nella maniera più assoluta.

Sempre nella conferenza stampa del 21 luglio scorso, lei ha dichiarato che “non c’è nessuna rete né interna né esterna, non ci sono persone che hanno aiutato Paolo Gabriele, non c’è una personalità forte che lo ha orientato”. Così come è escluso che il suo assistito si sia mosso “per soldi o benefici personali indiretti”. Lei però ha parlato di “connessioni con altre circostanze”. Quali circostanze?

Mi riferivo alle circostanze usuali che possono verificarsi in chi svolge un lavopro impegnativo e deve anche portare avanti una famiglia con tre figli.

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