Arriva Carlo Calenda, er Macron de' noantri

Preoccupato della vittoria del centrodestra, il blocco dei grandi interessi italiano punta tutto su una figura come il ministro dello Sviluppo economico



Colpo di scena nella sempre più sconfortante campagna elettorale in corso in Italia. A quel che ieri si leggeva su la Repubblica è in arrivo un uomo che “rompe gli schemi e trova la popolarità, (…) l’uomo dell’élite che parla al popolo senza scivolare nel populismo, difende l’interesse nazionale senza proporre la via del protezionismo (…)”. Uno “strano fenomeno politico”: insomma quel che si dice una specie di «avatar» di Emmanuel Macron. Si tratta del ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, tra l’altro nipote del famoso regista Luigi Comencini, che nel 1984 lo fece recitare da bambino nello sceneggiato televisivo Cuore (era lui lo scolaro protagonista Enrico Bottini). Nato a Roma nel 1973 e cresciuto alla scuola di Luca Cordero di Montezemolo, manager già alla Ferrari e poi a Sky Tv, secondo il blocco di grandi interessi cui la Repubblica dà voce è Carlo Calenda, a quanto pare, …er Macron de’ noantri.
Sull’onda delle emozioni recentemente suscitate dai “fatti di Macerata”, il centrodestra, già oggi in vantaggio, il 4 marzo prossimo potrebbe anche ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Preoccupato da tale prospettiva, il blocco dei grandi interessi sin qui schierati a sostegno del centrosinistra (di cui la stampa più letta e più diffusa è l’eco fedele) nell’arco di pochi giorni ha cambiato linea schierandosi a favore di una “Grosse Koalition” sul modello tedesco. Con l’intento di disarcionare in un sol colpo sia Renzi che Berlusconi adesso punta su un ippogrifo principalmente a due gambe, fornite per lo più da Forza Italia e dal Pd, più altre varie ed eventuali gambette; con appunto in sella, secondo come butta, o il premier uscente, Paolo Gentiloni o il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda.
Nei giorni scorsi la Embraco, un’azienda brasiliana legata alla multinazionale Whirlpool, ha annunciato la chiusura dopo 24 anni di un suo stabilimento a Riva di Chieri, in Piemonte, con il conseguente licenziamento di quasi 500 operai e impiegati. I compressori per frigoriferi che finora aveva prodotto a Riva di Chieri verranno da adesso in poi fabbricati in Slovacchia; sempre nell’Unione Europea e nell’eurozona, ma dove la pressione fiscale sulle imprese e il costo del lavoro sono molto più bassi che in Italia. Viene ancora una volta al pettine un nodo che risale non a oggi ma al 2004, a quando cioè entrarono nell’Unione otto Paesi dell’Europa orientale, tra cui la Slovacchia. Per reggere alla loro concorrenza si imponevano perciò nell’Europa occidentale delle riforme di politica fiscale e di politica industriale che invece in Italia non vennero mai fatte. E adesso ogni anno che passa il conto di tale dissennata inerzia, imposta dai sindacati, diviene più salato.
Alla notizia della chiusura dello stabilimento della Embraco il ministro Calenda ha fatto a parole fuoco e fiamme. Nella sostanza non ha fatto nulla perché nulla può fare, ma si è così assicurato i titoli di prima pagina sui giornali che gli occorrevano per catapultarsi alla ribalta della vita pubblica del Paese. Sa essere infatti molto più politico di quanto vuol far credere. Da quando, al tempo del governo Letta, è salito al vertice del ministero dello Sviluppo economico non ne è più disceso restandovi ben saldo anche nei due governi successivi. Prima come vice e più tardi come ministro in sostituzione di Federica Guidi spazzata via dell’avvio di indagini giudiziarie che la riguardavano, poi rapidamente archiviate dopo le sue giudiziose dimissioni.
Tratto dal blog di Robi Ronza e pubblicato sul “Taccuino Italiano”, Giornale del Popolo, Lugano, 21 febbraio 2018
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