Andreotti, il Kosovo, gli studenti milanesi e il Ppi

La settimana

Chiesti 15 anni per Andreotti Giovedì 8 aprile, al termine della sua requisitoria Roberto Scarpinato, pubblico ministero che sostiene l’accusa nel processo contro Giulio Andreotti, ha chiesto la condanna a 15 anni di carcere per l’attuale senatore a vita e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. L’accusa, come noto, è di concorso esterno in associazione mafiosa.

Andreotti continua, con formidabile fermezza, la sua via crucis processuale e di fronte all’incredibile richiesta di 15 anni di reclusione (che per un uomo di 80 anni vorrebbe dire, se non il carcere, portarsi nella tomba una condanna infamante) e lungi dal rassegnarsi si limita a dichiarare un rinnovato “impegno per dimostrare l’infondatezza di un’accusa” che “con assoluta indifferenza, ignora totalmente le prove contrarie fondate su documenti e personaggi di un qualche prestigio”.

Da parte nostra ci limitiamo al commento di Marco Pannella (certo non sospettabile di simpatie politiche per Andreotti) il quale indignato per un’accusa che “Nulla gli contesta. Nulla, tranne tutto.

Tutto, cioè niente” si dice pronto a riproporre il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati già passato nell’ormai lontano 1987 e sempre disatteso. Forse, se fossero chiamati a rispondere dei danni che provocano (o anche dei soldi del contribuente che spendono invano) molti magistrati si occuperebbero meno di inseguire fantasmi e teoremi e più di far applicare le leggi in questo paese.

Emergenza Kosovo Si sta mettendo in moto la macchina degli aiuti per i profughi del Kosovo. Avsi, delle cui iniziative abbiamo già dato notizia settimana scorsa, segnala la campagna di solidarietà “Pane e profughi” promosso con il Banco alimentare in collaborazione con il Coordinamento Italiano Aiuti Umanitari della Presidenza del Consiglio nell‘ambito della Missione Arcobaleno. A partire da metà aprile chi si recherà a far la spesa nei supermercati, per un’intera settimana (nel Nord Italia a partire dal 17 aprile, al Centro dal 24 o dal 26 aprile, al Sud a partire dal 30 aprile o dal 3 maggio) potrà aderire all’iniziativa acquistando un voucher da 5mila lire (verrà rilasciata una ricevuta). Con i fondi raccolti verranno acquistati generi alimentari concordati con il Ciau e l’Esercito. L’Avsi provvederà poi a distribuirli nei centri operativi e nei campi profughi in Albania. A questo proposito si richiede da subito la disponibilità di volontari per turni di 15/20 giorni in Albania per la distribuzione del materiale, la guida dei camion, oltre ad almeno 50 volontari del settore sanitario (medici, infermieri ecc.). Infine è possibile versare offerte ai profughi presso il conto corrente bancario n. 5000/53; ABI 3512; CAB 1614 del Credito Artigiano – sede Milano Stelline intestato a Avsi; causale: profughi Kosovo.

Come diceva il Taz&bao di settimana scorsa: “non può accadere che scompaiano del tutto e per sempre gli uomini grandi, saggi e generosi che per amore di Dio innalzeranno durevoli edifici, affinché la terra sia più bella e l’uomo vi possa vivere più facilmente e meglio”. Ognuno, se può, porti il suo mattone.

Attacco via terra (senza armi) Così Adriano Sofri sul Foglio di venerdì scorso a proposito di quello che si sarebbe potuto fare per i kosovari invece che bombardare: “Rifocillare – riscaldare, ripulire, rivestire, buone scarpe soprattutto – i fuggiaschi kosovari, e radunarli con gentilezza tutti in un punto: a Kukes, per esempio. 500 mila, o 700. Convocare da tutta Europa – ma anche dal Canada, dagli Usa, dal resto del mondo – 200, 300.000 volontari inermi, con un bagaglio leggero e le macchine fotografiche, raccogliendo 20, 30 mila fra giornalisti, fotografi, operatori e altri addetti di troupes televisive dal Giappone, dalla Corea del Sud, dall’Islanda e dal resto del mondo. Distribuire a tutti razioni basilari e condensate di viveri e medicinali, e impermeabili da tasca. Muovere a piedi, lentamente, verso Pristina: un milione di persone più o meno, nessun armato. Niente bandiere, né contrassegni. Mettere in testa e in coda i volontari stranieri. Dislocare i fotografi professionali e le telecamere lungo l’intero corteo, e far riprendere l’intero tragitto. Non fermarsi né disperdersi per nessuna ragione, neanche di fronte ad attacchi armati”.

Pura utopia? Forse sì. Eppure resta uno dei rarissimi tentativi di rispondere all’unica domanda ragionevole dopo il catastrofico esito dei bombardamenti: come salvare i kosovari, e anche i serbi, dalla furia di Milosevic?

Saramago “rosso” di vergogna Giovedì scorso (8 aprile) La Repubblica riportava il commento sconsolato del premio Nobel per la letteratura Josè Saramago, militante comunista da decenni, il quale confessava di “provare vergogna e paura” che un uomo come il leader serbo Slobodan Milosevic, un “fascista” nelle parole dello scrittore portoghese, “in qualche momento abbia condiviso con me la militanza politica”.

Siamo costernati che il buon Saramago, alla sua non più tenera età e per di più per una guerra marginale come quella del Kosovo, abbia perso il prezioso dono dell’innocenza tanto a lungo e strenuamente coltivata in chissà quale paradisiaco eremo estraneo ad ogni impuro contatto con Lenin, Stalin, Mao Tse Tung, Pol Pot, Enver Hoxa, Ceausescu….

Fondazioni sbancate Venerdì scorso (9 aprile) il Consiglio dei ministri ha varato il decreto legislativo che imporrà alle fondazioni la cessione delle banche di cui sono espressione e imporrà limiti strettissimi all’elezione degli organi direttivi degli enti. D’ora in poi le fondazioni potranno solo dedicarsi a investimenti di carattere sociale e culturale. Molte le polemiche anche perché in gioco c’è un patrimonio calcolato in 60mila miliardi.

Con questa manovra l’ala finanzier-azionista del governo che fa capo a Carlo Azeglio Ciampi mette di fatto le mani sul patrimonio delle fondazioni e compromette il loro radicamento territoriale: le fondazioni, così controllate perderanno la loro identità di strumenti al servizio della comunità locale per essere di fatto nazionalizzate.

Il Ppi corruttore di bozze e di minorenni La Provincia di Milano, retta dalla giunta di centrosinistra guidata dal popolare Livio Tamberi, tempo addietro aveva commissionato a una docente di Antropologia culturale dell’Università Statale, Luisa Leonini, e a un gruppo di ricercatori una ricerca sui clienti delle prostitute per capire, si spiega, che cosa li spinga a scegliere il sesso a pagamento. Ne sono uscite sessanta interviste a clienti del capoluogo lombardo raccolte in un libro “Sesso in acquisto” che la giunta provinciale ha deciso di distribuire in tutte le 217 scuole superiori della provincia a disposizione di tutti i loro 215mila studenti tra i 14 e i 18 anni.

Nel testo gli intervistati si soffermano sui particolari di ciò che fanno con le prostitute e che non possono fare con le mogli, e sulle preferenze tra “albanesine e sudamericane”. Un esempio? “La prostituzione è solo una questione di soldi. Paghi e puoi s… È un’attività di vendita come un’altra, c’è chi vende il corpo, chi la testa, chi le parole. E c’è chi vende il c….”.

E qui anche noi, che per mestiere siamo abituati a infilare le mani in ogni sorta di pattumiera, ci fermiamo di fronte alla cloaca a cielo aperto dalla quale emerge l’educativo libro sponsorizzato dal presidente popolare Tamberi e dalle responsabili dell’iniziativa, Emanuela Baio, assessore ai servizi sociali e Assunta Sozzi, presidente della Commissione consultiva sui temi della donna, entrambe del Ppi. Tamberi in una lettera al Giorno il 31 marzo scorso, spiegava perché intende fornire a tutti i quattordicenni delle scuole milanesi l’amena lettura: “i ragazzi delle scuole superiori non sono dei bambini. Sono uomini e donne giovani, ma perfettamente in grado di capire il testo”. Su questo, in effetti, non ci sono dubbi.

Camper, Toyota e… Mercedes Nella notte di venerdì (9 aprile) a Roma si è tenuto il vertice socialista per decidere di un’eventuale lista unitaria alle europee. Presenti i due leader, Enrico Boselli e Gianni De Michelis. Luogo del summit: la Toyota Station wagon di Bobo Craxi.

Passati i tempi del camper di Craxi e non avendo nessuno che regala loro una Mercedes, ai protagonisti dei rampanti anni ’80 tutti da bere resta una Toyota, per di più senza sponsorizzazione.

De Michelis lunedì ha lanciato un appello alla fabbrica automobilistica giapponese perché, vista la pubblicità, dia un piccolo contributo alla campagna elettorale del Ps. Per ora nessuna risposta.

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