Anche Rousseau elogiava l’ignoranza (e i suoi fan grillini l’hanno preso sul serio)

L’ispiratore della mitica piattaforma web dei Cinquestelle invocava Dio liberaci dalle funeste arti e scienze dei nostri padri; restituiscici l’ignoranza, l’innocenza e la povertà, i soli beni che possono renderci felici e preziosi alla Tua vista

Articolo tratto dal numero di Tempi di aprile 2019

Mio caro Malacoda, un caro nemico mi ha regalato questa chicca di Gian Giacomo Rousseau, il filosofo franco-ginevrino a cui è intestata la piattaforma omonima del Movimento 5 Stelle alias Casaleggio & Associati: quel luogo etereo e virtuale, la mitica Rete, dove si teorizza che “uno vale uno”; e allora non si capisce perché non l’hanno chiamata così, intestandola invece al pensatore illuminista solitario e radicale, il quale evidentemente qualcosa più di “uno” vale.

Nel suo Discorso sulle scienze e sulle arti Rousseau – che come i pentastellati aveva un’alta opinione di sé: si proclamava infatti «cristiano, e sinceramente cristiano» e si vantava di essere «il solo autore del mio secolo, e di molti altri, che abbia scritto in buona fede, e che non abbia detto nulla se non ciò in cui credeva», enfasi che gli procurò gli appellativi di “mentitore” e poi di “pazzo” da Voltaire – a un certo punto scrive:

«Dio onnipotente! Tu che tieni fra le Tue mani le menti degli uomini, liberaci dalle funeste arti e scienze dei nostri padri; restituiscici l’ignoranza, l’innocenza e la povertà, i soli beni che possono renderci felici e preziosi alla Tua vista».

Rousseau, nonostante l’impegno profuso nella sua vita, non riuscì a realizzare il suo proposito: scrisse ventiquattro libri, tra cui un trattato sulla musica francese, un’opéra-ballet (Le Muse galanti) e concepì (oltre a cinque figli che abbandonò alla ruota degli ospedali parigini) un sistema di notazione musicale.

DA SOCRATE A CELENTANO

A realizzare il suo ideale di ignoranza e di povertà – pur promettendo, la povertà, di abolirla – si stanno industriando invece i suoi seguaci italiani e occorre onestamente ammettere che in questo sono più coerenti del loro ispiratore.

Potrei tediarti con l’elenco dei Pinochet venezuelani, di Napoleone che combatteva sui campi di Auschwitz, della tradizione millenaria della democrazia francese, degli omologhi che diventano alter ego, di Matera provincia della Puglia, del tunnel del Brennero usato da milioni di Tir, del«sarò breve e circonciso» pronunciato in aula alla Camera dei deputati, più amenità varie sui vaccini tra cui anche quella che farebbero diventare gay.

Ti tedierò invece con l’invito a una riflessione sull’ambiguità della parola. Di elogi dell’ignoranza è piena la storia, incominciò Socrate (per quel che, essendo ignoranti, ne sappiamo), ma la sua ignoranza era dotta, Celentano si proclamò «re degli ignoranti» e infatti consigliò a Renzi di salvare l’Italia insieme a Di Maio: «Ecco cosa farei se fossi al tuo posto: prenderei la bicicletta e, da SOLO, andrei a trovare il vincitore del 4 Marzo: Luigi Di Maio. E in religiosa umiltà gli direi: eccomi qui pronto al tuo fianco per guarire l’Italia».

SERVE O NON SERVE STUDIARE?

Gesù anche – si dice – ce l’aveva con «i dotti e i sapienti». Ma chi lo dice rivela solo la propria ignoranza, che è il risultato dell’attitudine a fermarsi sempre a metà, se non all’inizio, del cammino della conoscenza, di non andare mai a fondo, che è poi l’unico modo per sapere che al fondo non si arriva mai. Gesù – lascialo dire a un diavolo che l’ha studiato bene – si rallegrava con il Nostro Nemico «perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti (tenendoli così nell’ignoranza) e le hai rivelate ai piccoli».

Il presidente della Repubblica italiana recentemente ha detto che per fare scelte politiche «serve studiare» e von Balthasar diceva che studiare è il modo con cui capisci sempre di più che sei ignorante (e se lo dice lui…). I grillini (che Mattarella lo ascoltano a fasi alterne, Balthasar credo lo frequentino poco) dopo la scoppola delle elezioni in Abruzzo hanno preferito rigirare la frittata: «Tutto il bene fatto non è servito a niente. La politica del clientelismo e del servilismo, unito a una buona dose di ignoranza, ha avuto la migliore».

Stammi bene e continua a sostenerli.

Tuo affezionatissimo zio
Berlicche

Foto Ansa

Exit mobile version