Al via il processo per la strage di Brindisi. Vantaggiato: «Al processo voglio sembrare uno dei lagher»

Stamattina prima udienza per l'esplosione davanti la scuola Morvillo-Falcone lo scorso 19 maggio, in cui morì Melissa Bassi. L'imputato da mesi rifiuta di nutrirsi

Entra emaciato, chiuso in un cappottone beige, trascinando una flebo, il suo unico nutrimento a parte quella follia omicida che sin qui lo ha animato: «Voglio sembrare uno dei lager, faccio sempre digiuno, al processo voglio arrivare mezzo vivo e mezzo morto» ha detto Giovanni Vantaggiato, il killer reo confesso autore della strage alla scuola Morvillo-Falcone di Brindisi in cui perse la vita la sedicenne Melissa Bassi, in un dialogo intercettato nel carcere in cui è detenuto. Stamattina alle 9.30 si apre il processo per la strage: la Corte d’assise presieduta dal giudice Domenico Cucchiara è entrata puntuale. In aula c’erano già la famiglia di Melissa Bassi, e tre delle studentesse ferite nell’attentato, Azzurra Camarda, Selene Greco e Sabrina Ribezzi. «Stanotte non ho dormito. Voglio guardarlo in faccia» dice Azzurra Camarda

SENZA UN PERCHE’. La mattina del 19 maggio 2012, alle 7.50, all’ingresso della scuola brindisina, un ordigno salta in aria, sollevando terra e scaraventando corpi lontano dalla Morvillo Falcone. Melissa muore in ospedale a causa delle ustioni provocate dalle tre bombole di gas fatte saltare. Altre otto ragazze rimangono gravemente ferite: Anna Canocci rimane sorda a vita. In una città sconquassata dal dolore e basita, inizialmente si sospetta di un attentato compiuto dalla criminalità organizzata, la Sacra corona unita pugliese. Poi, grazie in particolare ai filmati di alcune telecamere di sicurezza poste accanto alla scuola, le indagini convergono su un uomo, ripreso mentre, di fronte alla scuola e all’ora dell’attentato, estrae una sorta di telecomando e schiaccia un bottone.
Lo stesso uomo proprietario delle due auto riprese prima e dopo l’esplosione, una vicina al cassonetto in cui sono state collocate le bombole di gas nella notte tra il 18 e il 19: è Giovanni Vantaggiato, proprietario di un deposito di carburante a Copertino (Br), arrestato il 7 giugno. L’uomo confessa subito di aver fabbricato lui la bomba: «Ho comprato fuochi d’artificio e li ho svuotati mettendo dieci chili di polvere pirica in ciascuna bombola». Ma manca un movente. Alle insistenti domande dei pm e del procuratore Cataldo Motta, «Perché? Perché?», Vantaggiato non risponde.
Si apprende che Vantaggiato aveva in passato subito una truffa da un fornitore per oltre 300mila euro di fornitura non pagati, e che Vantagiato si è quindi vendicato sul presunto truffatore, con altri due attentati fatti con ordigni. Dal primo di questo l’uomo, Cosimo Parato, si è salvato per miracolo, rimanendo ferito all’addome. Oggi in aula è presente anche Parato, che si costituisce come parte civile, come Anna Canocci, oggi 19 anni, gli enti locali e la stessa scuola.

69 TESTIMONI. Sono 69 i testimoni chiamati dalla procura di Brindisi: tra questi ci sarà anche l’uomo che avrebbe visto Vantaggiato la notte del 18-19 mentre spostava dei cassonetti vicino alla scuola.
Oggi in aula, l’imputato non ha risposto alle domande di rito della Corte, che gli chiedeva il consenso alla ripresa delle telecamere, attraverso l’avvocato ha poi fatto sapere che non acconsente a essere ripreso in volto. È accusato di strage aggravata dalla finalità terroristica, costruzione, possesso ed esplosione di ordigno micidiale in concorso con ignoti per la scuola di Brindisi, di tentato omicidio e costruzione di ordigni nel caso di Parato.
Franco Orlando, avvocato di Vantaggiato, con poche parole fa intuire quale sarà la strategia della difesa: «Gli avevo consigliato di non partecipare alle udienze, perché non è nelle condizioni, ma non ha sentito ragioni, sebbene ormai farnetichi e non si regga in piedi. Il suo stato è al limite della compatibilità con il regime carcerario, e chiederemo alla Corte di disporre una perizia per verificare la capacità del mio assistito di stare in giudizio».
Le vittime non hanno rilasciato dichiarazioni, e i genitori di Melissa Bassi hanno parlato solo in aula tramite il loro avvocato: «Vogliamo giustizia». Le stesse parole che in strada, davanti al tribunale, scandiscono un gruppetto di studenti della scuola Morvillo Falcone: «Vogliamo giustizia».

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