Aids, la maledizione dell’uomo nero

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L’Aids non è più –se mai lo è stato- la malattia dei ricchi. Secondo le stime presentate alla Conferenza internazionale di Durban (vedi Tempi n. 29, pp. 5-7), in Europa occidentale, America del nord e Oceania vive appena il 4% (pari a 1 milione e 435mila unità) di tutti i sieropositivi e malati di Aids del mondo. Tutti gli altri, e sono più di 32 milioni e mezzo, appartengono ai cosiddetti paesi in via di sviluppo e alle economie in transizione (paesi ex comunisti). Ancora più precisamente si può dire che l’Aids è la malattia dell’Africa nera: risulta infatti che il 71% di tutti i malati e sieropositivi del mondo (cioè quasi tre su quattro), pari a 24 milioni e mezzo di persone, tira a campare a sud del Sahara.

Se noi analizziamo l’incidenza dell’infezione sulla popolazione adulta (15-49 anni di età) vediamo bene che i paesi che registrano i tassi più alti sono tutti africani, a cominciare dal Botswana col suo spaventoso 35,8%. Il primo non africano è Haiti (5,17% di infettati), che viene dopo ben 22 stati sub-sahariani e la cui popolazione d’altra parte, come è noto, è di origine africana (come gran parte di quella delle Bahamas, che segnano 4,13%). Il primo paese di popolazione non nera nella classifica mondiale è la Cambogia, 28ª in classifica dopo ben 27 paesi africani o abitati da popolazione di origine africana.

I ricercatori fino ad oggi non hanno spiegato in maniera convincente perché l’Aids, i cui primi casi sono stati registrati fra bianchi degli Stati Uniti, abbia poi colpito soprattutto esseri umani di razza nera, in Africa ma anche fuori. E non hanno neppure spiegato perché fino a qualche anno fa la zona più colpita dalla pandemia era quella equatoriale attorno al lago Vittoria (su cui si affacciano o son prossimi Uganda, Tanzania, Kenya, Burundi e Ruanda, un tempo i paesi più colpiti), mentre ora sembra essersi spostata in Africa australe (appartengono a questa regione i primi otto paesi più colpiti del mondo).

Per quanto invece riguarda i paesi e le aree geografiche che sembrano immuni al contagio, si deve concludere che non esiste una tipologia fissa: paesi chiusi e tradizionalisti come l’Afghanistan e l’Arabia Saudita e paesi aperti e ultramoderni come Finlandia e Norvegia mostrano gli stessi tassi bassissimi. Ma non si può fare a meno di notare che i paesi a grande maggioranza musulmana (alcuni dei quali molto popolosi come Bangladesh, Indonesia, Iran, ecc.) sono fra quelli che si mostrano inespugnabili. Per trovare un paese a maggioranza (relativa) musulmana e con un tasso di sieropositività alto bisogna andare in Nigeria (50% musulmani, 5,06% infetti). Paesi cattolici che possono vantare tassi ultrabassi sono Slovacchia (0,01%), Lituania (0,02%), Slovenia (0,02%), Polonia (0,07%) e Filippine (0,07%).

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