Affidate a me i vostri risparmi

Mark Zuckerberg lancia Libra, la nuova moneta virtuale di Facebook. Il social network diventerà anche una banca: «In regime di monopolio e senza controlli, potrebbe influenzare gli Stati di tutto il mondo. Ci sono rischi enormi». Intervista all'editorialista economico della Stampa, Stefano Lepri

Dalle banche centrali ai colossi finanziari, dai governi al Fondo monetario internazionale (Fmi), tutto il mondo si interroga da una settimana su quali siano le reali intenzioni di Mark Zuckerberg. Il 18 giugno il fondatore e amministratore delegato di Facebook, con 2,4 miliardi di utenti in tutto il mondo, ha annunciato che nel 2020 sarà operativa “Libra”, nuova valuta virtuale per scambiare denaro e fare acquisti online. Il progetto, di cui si sa ancora molto poco, è stato ideato da un consorzio di 30 società, tra cui appunto Facebook, e sarà gestito da una organizzazione indipendente e non profit, la Libra Association, con sede a Ginevra. Il social network diventerà dunque una banca e il progetto solleva enormi problemi: «Libra potrebbe diventare una forza mondiale o rivelarsi un buco nell’acqua. In entrambi i casi il problema è: chi controlla Facebook?», dichiara a tempi.it Stefano Lepri, editorialista economico della Stampa.

Che cos’è Libra?
È una criptovaluta, un sistema di pagamento internazionale che avrà alla base una sua unità di conto, che dovrebbe essere legata a un paniere di valute forti: dollari, euro, yen, renminbi. Ma ancora non lo sa nessuno con precisione, ci sono aspetti poco chiari.

Quali?
Innanzitutto, non è chiaro chi è il controllore. Se io ad esempio apro un conto in una banca italiana, so che ci sono delle leggi che tutelano i miei soldi e un organismo di controllo (il Ssm di Francoforte) che vigila sull’istituto di credito. Facebook assicura che i risparmi saranno garantiti, ma come faccio a esserne certo? Libra assicura che i risparmi saranno protetti al 100 per cento e neanche le banche hanno una copertura simile. Ma chi garantisce per Libra? Dovrebbe esserci un organismo di vigilanza internazionale. Non è un caso che il Fmi, che deve tutelare gli equilibri finanziari internazionali, sia preoccupato. Ma il problema è ancora più grande.

Perché?
Se nessuno controlla chi mette i soldi in questi portafogli digitali, lo strumento potrebbe essere utilizzato per il riciclaggio di denaro sporco e per finanziare il terrorismo. E questo rischio c’è a prescindere dal successo o meno di Libra.

Perché un cittadino dovrebbe affidare i suoi soldi a Facebook invece che a una banca?
Le grandi banche sono preoccupate, ma se Zuckerberg decide di investire in questo strumento è perché lo spazio esiste. Sia gli istituti di credito che gli Stati sono indietro rispetto a queste nuove tecnologie. La gente ha bisogno di fare pagamenti da paese a paese e molte banche al momento non offrono strumenti validi. Ma perché questo servizio, che può essere utile ai cittadini di tutto il mondo, lo deve gestire un’azienda privata come Facebook?

C’è il rischio che il social network conquisti il monopolio?
I privati devono sempre essere in concorrenza tra di loro. In questo caso, non utilizzerei il termine monopolio, ma quello di “posizione dominante”. A vigilare dovrebbe essere l’Antitrust, che è un’invenzione degli Stati Uniti, ma basta dare un’occhiata ai grandi colossi del web per rendersi conto che l’Antitrust negli Usa non è affidabile. Abbiamo visto tutti come negli ultimi anni il commissario europeo alla Concorrenza, Margrethe Vestager, abbia combattuto una battaglia impari contro Amazon, Google o Facebook, perché non ha ottenuto collaborazione dalle autorità americane. Chi si occupa della concorrenza a livello mondiale?

In un recente commento sulla Stampa ha scritto che «Libra acquisterebbe potere sugli Stati». In che modo?
Già oggi noi ci preoccupiamo delle grandi banche multinazionali, ma se una banca svizzera fa delle schifezze, possiamo sempre dire che l’organismo di controllo elvetico ha svolto male il suo lavoro. Nel caso di Facebook, con chi dovremmo lamentarci? Pensiamo poi, più che agli Stati ricchi, a quelli poveri.

Che cosa potrebbe accadere?
Nei paesi a valuta debole, come ce ne sono tanti ad esempio in Africa, la gente potrebbe decidere di mettere i propri risparmi in Libra per proteggerli, perché è come un deposito in valuta forte. Ma se i soldi scappano, la sovranità di questi paesi risulterebbe indebolita. Se uno Stato è governato male, potrebbe anche essere una garanzia per i cittadini, però può anche minare gli sforzi di un paese povero, magari governato bene, a favore di un’entità privata che non conosciamo.

Un potere non da poco per un’azienda che conosce già tutto dei suoi 2,4 miliardi di utenti.
Questo è un altro problema ancora: Facebook è gratuito ma grazie ai nostri dati guadagna miliardi. Lo scandalo di Cambridge Analytica ci ha dato un’idea di quanto siano preziosi questi dati e di come possano essere ceduti a chi ne fa un uso politico. C’è anche chi sostiene che dovremmo essere pagati per i dati che forniamo su ciò che ci piace o non ci piace. Le nostre scelte di acquisto possono essere influenzate. Queste piattaforme hanno una potenza enorme e la regolamentazione dell’utilizzo dei dati è uno dei temi più importanti al mondo oggi.

Dobbiamo cominciare a preoccuparci?
Servono regolamenti e concorrenza: se non è un ente pubblico a gestire questo sistema, non possiamo essere schiavi di una sola azienda privata. A proposito io penso che Amazon si attrezzerà presto per rispondere a Facebook.

Libra non potrebbe invece rivelarsi uno strumento positivo?
Al momento se ne sa poco o nulla, è difficile fare previsioni. C’è un gruppo di studio del G7 e del G20 per vedere se si può realizzare. Potrebbero anche bloccarla. Mi chiedo in ogni caso: perché Facebook dovrebbe essere una banca? Perché dovrebbe fare una buona moneta? Che cosa ne sanno? Sfruttano solo il loro potere di monopolio.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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