La mostra dell’utero in affitto travestita da fiera della fertilità a Milano

Di Caterina Giojelli
12 Maggio 2023
Si chiama "Wish for a baby", promette di offrire solo informazioni sulla riproduzione assistita ma è sponsorizzato da chi fa soldi con la surrogata ed è più blindato di un G8 (qualcosa da nascondere?). Giovanati (Lega): «Fare chiarezza»
Wish for a baby surrogata

Wish for a baby surrogata

Questa volta il diabolico mercatino di bambini a Milano si farà. Travestito, naturalmente, da fiera sulla procreazione medicalmente assistita dal nome glassato: “Wish for a Baby”. Proprio come a Parigi, dove la fiera “Desir d’enfant” promossa come «evento informativo e non commerciale», con lo scopo di offrire informazioni e rimedi su fertilità e infertilità, aveva proposto ai parigini pacchetti a partire da 49mila fino a oltre 100 mila euro per portare a casa «bambini geneticamente sani» nonché gameti, spermatozoi, ovociti di qualità, per selezionare razza, colore dei capelli del nascituro.

Il precedente di “Un sogno chiamato bebè”

Ricordate? Era stato Avvenire a denunciare l’arrivo di “Un sogno chiamato bebè”, versione italiana della fiera parigina, a Milano: l’allora ministro Speranza e il sindaco Beppe Sala erano stati sommersi da interrogazioni, mozioni e petizioni bipartisan per rendere la città indisponibile alla ribattezzata fiera dell’utero in affitto, reato ai sensi della legge 40/2004 che non solo vieta e sanziona la gestazione per altri realizzata in Italia, ma punisce anche la semplice propaganda.

O proprio come a Berlino, dove la fiera “Wish for a baby” tedesca, orgogliosa di «servire coppie e single Lgbtq+» nella sua Rainbow Seminar Room, ha proposto a marzo numero venti conferenze in due giorni a tema maternità surrogata, con decine di esperti tra medici, avvocati, agenzie, agenzie, cliniche e testimonial in arrivo dal Regno Unito e dagli States. Tra loro l’ormai famigerata Stephanie Caballero, direttrice del Surrogacy law center e moglie dell’altrettanto famigerato Mario Caballero.

Ricordate anche questo? La giornalista del Corriere Monica Ricci Sargentini era riuscita a infiltrarsi ad uno degli appuntamenti organizzati a Roma dal direttore e fondatore dell’agenzia Extraordinary Conceptions (la stessa a cui si sarebbe rivolto Nichi Vendola) con sede in California. Grazie alla sua inchiesta il tour promozionale dell’utero in affitto era saltato, il ministro Lorenzin aveva inviato i Nas, la procura di Roma aveva aperto un procedimento penale per violazione della legge 40 (Tempi ne aveva parlato qui). Lo scorso settembre la moglie Stephanie ci aveva riprovato, organizzando due tappe del suo tour europeo a Roma e Milano: era stata la Verità a farle annullare, questa volta, pubblicando la notizia.

Da “fiera della fertilità” a fiera della surrogata

Nonostante i pregressi, la fiera aprirà i battenti a Milano il 20 e 21 maggio, presso lo Spazio Antologico East End Studios di via Mecenate 84: stesso periodo, stesso luogo dell’evento programmato e saltato un anno fa, stesse sviolinate semantiche: si parla di “fiera della fertilità”, “viaggio dei genitori”, “weekend in un posto unico e impareggiabile”, “speranza”, proprio come un anno fa quando una doccia di cuoricini sulle pagine social annunciava l’arrivo della kermesse in Italia: «Da 5 anni organizziamo questo evento a Berlino, da 3 anni organizziamo questo evento a Colonia, da 2 anni a Parigi, lo scorso settembre a Monaco (Germania), per la prima volta saremo anche in Italia e in Olanda», mentre un piccolo frame di un video mostrava un neonato nudo in braccio a un uomo con l’invito “Vi aspettiamo numerosi” (ne avevamo parlato qui).

Naturalmente, quando una fonte della Verità ha chiesto se avrebbe potuto avere informazioni sulla maternità surrogata, «la risposta è stata rapida e gentile – scrive Francesco Borgonuovo -: “Non ci saranno informazioni sua surrogata perché è proibita in Italia. In ogni caso si possono avere informazioni nei nostri show tedeschi”». Ma certamente.

Chiamare le cose con il loro nome: utero in affitto

Il punto è sempre lo stesso, chiamare le cose col loro nome, ribadisce a Tempi la consigliera comunale e vicecapogruppo della Lega a Milano Deborah Giovanati, che insieme alla collega dem Roberta Osculati, vicepresidente del Consiglio, ha depositato una mozione «che invita l’amministrazione a fare chiarezza sulla manifestazione e ad attivarsi con la questura e le forze dell’ordine per evitare che venga pubblicizzata la maternità surrogata, in palese violazione della legge italiana».

Per Giovanati si tratta dell’ennesimo intervento dopo l’interrogazione urgente presentata al sindaco e all’assessore alla Parità del Comune di Milano oltre un anno fa sullo stesso evento: «Il tema è reale e divide anche a sinistra, dove in primis le femministe radicali chiedono il rispetto della legge 40 e numerose sentenze della Cassazione che Beppe Sala, dal palco del Pride, ha promesso orgogliosamente di disattendere». Ricordate i proclami sulle trascrizioni di minori all’estero a mezzo dell’utero in affitto come figli di due papà? O quando Sala condivise il palco per il ddl Zan con attivisti come Maddalena Grassadonia che invocava pubblicamente la Gpa per le Famiglie arcobaleno?

«Il punto resta e si chiama mercato, business, sfruttamento. Tra i curatori e gli sponsor dell’edizione milanese figurano l’agenzia inglese Five Senses Media, la stessa dello show sulla surrogata andato in scena a marzo a Berlino (nata dalla liquidazione volontaria della F2F, che aveva in carico l’evento programmato e poi saltato lo scorso anno a Milano), nonché la community Babble o le cliniche del Gruppo Garavelas, che si sono fatti un nome al servizio dell’utero in affitto. E questo è un fatto. Poi ce ne è un altro e prescinde dalle escamotage sull’utero in affitto».

Giovanati (Lega): «Qui il prodotto è il bambino»

In un paese in piena emergenza demografica, spiega Giovanati, «non potremmo che applaudire a un evento che coraggiosamente si fa carico di celebrare la natalità, la maternità e il desiderio, giustissimo e legittimo di genitorialità. Tutte cose che si picca di affrontare “Wish for a Baby” a Milano sulla carta. Nella pratica, a partire dagli slogan per finire con le immagini di stock, non si propina al pubblico che una classica fiera commerciale, tutta brand, brevetti, contratti. Solo che il prodotto è il bambino. Un essere umano. Il suo materiale e corredo genetico».

«Da quando un genitore ha bisogno di andare a una fiera internazionale della riproduzione assistita per affrontare opzioni e desiderio di genitorialità?», si chiede la consigliera leghista, «da quando l’infertilità si cura agli stand e non nello studio di un medico? Da dove la necessità di incontrare operatori internazionali se non per fare all’estero ciò che in Italia è vietato dalla legge? Anche con tutte le malandate tutele sulla surrogata “Wish 4 a Baby” non nasconde ciò che realmente è: un’occasione per fare profitto sull’infertilità e il desiderio di un figlio. Per affermare la logica del mercato. Ed è una logica a cui non possiamo appaltare il materno».

Lo avevamo già scritto qui, “Wish for a Baby” o ancora “Un sogno chiamato bebè” o come diavolo la si voglia chiamare non sarà solo una mostra dell’utero in affitto travestita da fiera della riproduzione assistita: “Wish 4 a Baby” mostrerà dove ci hanno portato anni di infiocchettamento delle aberranti balle sulla surrogata, le decisioni dei tribunali, ma soprattutto l’improvvida sentenza della Consulta che ha sdoganato l’eterologa e con essa la grande opera di mistificazione sulla produzione dei bambini e sulla genitorialità ridotta a faccenda da dirimere a colpi di legge. O contatti da prelevare agli stand.

Poliziotti, divieti, controlli per “celebrare la vita”?

«Se si tratta davvero di “celebrazione di una nuova vita”, di incontro con “i migliori esperti di fertilità di tutto il mondo”, di “assistere a seminari” e di ottenere informazioni, perché tutte queste cautele? Che cosa c’è di così segreto nelle tecniche di fecondazione assistita?», hanno ben scritto Terragni e le femministe radicali che anche questa volta invitano a un presidio di protesta organizzato da Radfem, Rete per l’inviolabilità del corpo femminile, davanti allo Spazio Antologico di via Mecenate.

«Non è che per caso nel corso della Fiera si parlerà anche di utero in affitto, pratica vietata in Italia e di cui è punita anche la semplice propaganda? E se fosse così, per quale ragione, come si dice, saranno addirittura presenti “poliziotti in uniforme e in borghese”? Si tratta di polizia privata o le forze dell’ordine sarebbero dunque eventualmente chiamate a tutelare chi potrebbe violare la legge? Oppure hanno avuto assicurazioni riguardo al fatto che nel corso dell’evento non si parlerà di utero in affitto? O invece è semplicemente il tentativo di spaventare chi sta legittimamente organizzando pacifici presidi di protesta contro il mercato della vita umana?».

Alla fiera sono ammessi solo visitatori iscritti, chiunque partecipi dovrà esibire almeno un documento d’identità con foto e non cedere a nessuno il badge consegnato all’ingresso, pena l’espulsione. Le borse verranno controllate. Nessun visitatore o membro della stampa è autorizzato a scattare fotografie o a effettuare qualsiasi forma di registrazione (audio o video) durante l’evento, indipendentemente le circostanze. Nessun ingresso sarà consentito con una fotocamera o una videocamera. «Venite a partecipare alla celebrazione di una nuova vita!», recita il portale del diabolico e glassato mercatino dei bambini in arrivo a Milano.

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