Why not, De Magistris condannato non si ferma e «va avanti». Mastella: «Mo’ capita a lui e non si dimette?»
La decima sezione penale del Tribunale di Roma ieri ha condannato l’ex pm – e attuale sindaco di Napoli – Luigi de Magistris e il suo consulente informatico Gioacchino Genchi, a un anno e tre mesi di carcere per abuso d’ufficio nell’inchiesta Why not. Per i giudici, le acquisizioni dei tabulati senza autorizzazione di decine di utenze di parlamentari volute da de Magistris e Genchi sono state illegali. In quel modo, però, tra il 2007 e il 2008, finirono nella rete dell’inchiesta Why not l’allora premier Romano Prodi, i parlamentari Francesco Rutelli, Marco Minniti e persino l’allora Guardasigilli Clemente Mastella (con la moglie Sandra Lonardo), che fu costretto a dimettersi proprio per quell’indagine provocando la crisi di governo. Il tribunale ieri ha anche condannato de Magistris e Genchi al risarcimento di ventimila euro a ciascuna di queste persone coinvolte nell’inchiesta, che si sono costituite parte civile. Mastella a tempi.it spiega di non provare nessuna allegria nemmeno dopo questo verdetto favorevole: «Nessuno può ripagarmi per quello che ho subìto».
Come commenta la decisione del tribunale di Roma, che arriva sette anni dopo l’avvio dell’inchiesta Why not?
La lentezza processuale del sistema giudiziario italiano è tale per cui anche un risultato che, in questo caso, è positivo finisce per essere tristemente senza alcuna rivalsa per chi ha subìto vicende giudiziarie che ne hanno devastato l’immagine, sul piano politico e davanti all’opinione pubblica. Con quell’inchiesta ci hanno messo sotto sequestro sul piano personale e in termini politici. Perciò, in questi casi, non può esserci alcuna soddisfazione, perché il danno subìto non è ripagabile. Caso mai questa vicenda lascia un triste insegnamento su cui tutti dovremmo riflettere.
Cioè?
La condanna per abuso d’ufficio di un pm richiama i magistrati ad un senso di maggiore responsabilità e di maggiore mitezza nel momento in cui un pm applica le norme. Se uno è stato indagato ingiustamente, gli è stata rovinata l’immagine su tutti i giornali, ha dovuto lasciare la politica, che cosa fa? Non può fare nulla. Io ero stato indagato nell’ottobre 2007 per abuso d’ufficio, il reato per cui oggi è stato condannato De Magistris. Nel mio caso, però, già pochi mesi dopo, nell’aprile 2008, la conclusione del Gip fu che io non avrei dovuto nemmeno essere investigato, perché non c’era alcun presupposto per farlo. Oggi si apprende che, secondo i giudici, De Magistris agì illegalmente, come ho sempre sostenuto. Perciò rifletto: capiamo che i magistrati hanno delle responsabilità in quello che fanno? In questo caso hanno fregato una persona. Ci vogliono norme di comportamento che vanno rispettate, una deontologia a cui dovrebbero attenersi, come fanno tutte le altre categorie di professionisti.
Questo lo ha detto già anche la Corte di giustizia europea, che ha sollecitato il nostro paese a far sì che ci siano delle procedure più efficaci per il riconoscimento della responsabilità civile dei magistrati. Certo che ci vuole: diretta, perché credo che indiretta a poco servirebbe. Ci vuole la responsabilità civile perché altrimenti chi sbaglia non paga, il cittadino non è ripagato e intanto per di più il danno è avvenuto.
Invece de Magistris ha commentato così la notizia della sua condanna: «Prima mi hanno strappato la toga, con un processo disciplinare assurdo e clamoroso, perché ho fatto esclusivamente il mio dovere, dedicando la vita alla magistratura. Ora mi condannano a distanza di anni per aver svolto indagini doverose e su fatti gravissimi riconducibili anche ad esponenti politici. La mia vita è sconvolta e sento di aver subìto la peggiore delle ingiustizie. Rifarei tutto, vado avanti». Cosa dice lei?
Non commento. Assolutamente non voglio nemmeno sentire quello che ha detto.
Lei è stato prosciolto dalle accuse, così come via via negli anni sono stati assolti altri indagati. Oggi è De Magistris a fare il politico, e ad aver riportato invece una condanna penale in primo grado. Ma lui a dimettersi dice che non ci pensa proprio. Cosa ne pensa?
Questo dice che il sistema non funziona. Già non funziona se uno assurge all’onore delle cronache con le sue indagini e poi, grazie a quello, può diventare un politico. E ora non funziona doppiamente dopo la condanna: De Magistris vada a rileggersi le dichiarazioni che faceva da pm. Appena indagava qualcuno, asseriva che si sarebbe dovuto dimettere. Mo’ capita a lui e non si dimette?
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5 commenti
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Se dico che ne ho le balle piene di appalti a non finire posso esistere?
Sono estremamente schifato da gente che si erge a difensore del “dato del reale” (nel vostro giro questo linguaggio lo conoscete perfettamente) e poi allegramente, tramite la CDO, vi comprate tutto il possibile ed immaginabile.
A casa (visto che leggo) ho una copia del “senso religioso”: non gli do neanche più uno sguardo per quanto vedo e continuo a vedere, praticamente quello che Giussani chiama ideologia è quello che praticate da anni. Non mi puoi dire che “bisogna leggere il dato del reale” (che Giussani aveva praticamente copiato di sana pianta dalla Fenomenologia) e poi contemporaneamente “io ti dico che cosa è la realtà” (quello che Giussani chiama “Ideologia”).
La realtà è fatta di persone cattoliche e non, di occupati tramite la “conoscenza di…”, di inoccupati che non conoscono nessuno, di persone al quale avete fatto ostruzionismo come nel peggiore del “calvinismo più feroce”, di atei che vogliono essere loro stessi, di cittadini che intendono la “sussidiarietà” non come un mezzo con cui “mungere” lo Stato ai danni di tutti gli altri, di un DeMagistris che non si può permettere di “visualizzare” i tabulati di Prodi e Mastella (pena anche la “vostra” scomunica: e quando voleta farla pagare ad una persona la morte è la cosa più tenera che augurate), di un Saladino che utilizza alcune agenzie interinali per girare i lavori a chi vuole e…… (la lista sarebbe molto lunga…)
Voi amate tanto prendere le persone ad insulti e parolacce pesanti (perchè bisogna imitare il Giussani), ma se qualcuno le usa nei vostri confronti “via alla crociata, muori vile marrano!!!!”: allora uso un epiteto che è peggio del machete “Sepolcri imbiancati”!!!!
Mi pare di capire che il magistrato De Magistris non conosce le più elementari norme a tutela dei deputati della Repubblica: non si possono intercettare loro telefonate senza autorizzazione; la condanna è il minimo.
Il Giggino appartiene alla schiera ben nutrita di colro per i quali le sentenze “si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici”. Basta guardare la storia degli ultimi 20 anni.
Condivido pienamente le ragioni espresse da Mastella.