«Non capisco invece la telefonata di Gianfranco Fini al procuratore Cordova, iniziativa quantomeno anomala», dice Luciano Violante al Corriere della Sera. Normali e non anomali erano invece gli incontri nella prima metà degli anni Novanta dell’allora presidente della Commissione Antimafia con Antonio Di Pietro a qualche casello dell’autostrada o, in qualità di ambasciatore di Achille Occhetto, con Francesco Saverio Borrelli. *** «La bancarotta dell’Ambrosiano di Calvi ha lasciato un segno profondo nella storia del primo mezzo secolo di vita repubblicana. Soprattutto perché è stata ed è tuttora la dimostrazione inoppugnabile dei gravi disastri economici ai quali può portare la spregiudicatezza di taluni operatori», scrive Massimo Riva sull’Espresso. Immaginiamo che sul tema abbia voluto scambiare qualche idea con il suo vecchio amico ed editore Carlo De Benedetti. *** «Se ogni atto della magistratura che colpisca o sfiori altre istituzioni viene immediatamente interpretato politicamente e sottoposto al vaglio della folla, dei politici o del parlamento, così si stravolge il disegno previsto dalla Costituzione di una magistratura indipendente», così l’Unità riporta una frase di Francesco Saverio Borrelli. Di quella cosuccia che la Costituzione chiama sovranità popolare e che viene contestata da scioperi di magistrati o da appelli fatti alla folla (e con su la toga) a “resistere, resistere, resistere”, invece ce ne possiamo decisamente impippare? *** «E’ difficile definire maleducato Biagi, che per di più ha una “audience” enorme», scrive Paolo Sylos Labini sull’Unità. Collegare la buona educazione all’audience è un modo di argomentare tipicamente berlusconiano. Non se ne rende conto, professore? *** «Volevano fare la rivoluzione anti-borghese e hanno conquistato la direzione e le prime pagine del Corriere della Sera o di Panorama», scrive Massimo Fini sul Giorno. E a lui? Neanche la direzione di un’osteria. *** «Giuliani non si è schierato con gli agenti in rivolta, non si è schierato contro la magistratura. Ha evitato di dividere i cittadini», scrive Furio Colombo sull’Unità. Utilizza un esempio newyorkese per attaccare alcune prese di posizione di Gianfranco Fini. Bene. Ma perché Colombo non narra anche come viene scelto un district attorney della Grande Mela (e più in generale negli Stati Uniti)? Perché non racconta come i procuratori sono “eletti” dal popolo e non selezionati da una corporazione? Come i giudici, poi, siano gelosi della propria indipendenza e non la sviliscano in trame sindacali? O non spiega che se sessanta procuratori “aggiunti” o “sostituti” congiurassero contro il loro capo sarebbero licenziati?
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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