Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Nel giorno in cui avrebbe dovuto ricevere il 38° Premio Internazionale Cultura Cattolica, la scrittrice Antonia Arslan rilascia un’intervista alla Scuola di Cultura Cattolica, nell’attesa di poter essere ospite a Bassano per ricevere tutti gli onori del caso.
Arslan risponde a domande a tutto campo, a partire dal ruolo dei cattolici oggi: «I cattolici oggi sono una minoranza che non hanno ancora capito di essere minoranza, e quindi non si difendono», dice. Rispetto al presente «bisognerebbe rendersi conto di essere una minoranza e di avere toni un po’ più decisi nella difesa dei nostri valori. Accettiamo troppo facilmente imposizioni esplicite o implicite, per cui smettiamo di parlare di certe cose e ne dimentichiamo altre».
Per quanto riguarda lo scenario internazionale e la crisi armeno-azera in Nagorno-Karabakh, Arslan parla di «ansia di eliminare ogni traccia della popolazione» che affonda le sue radici nella storia.
L’attuale conflitto potrebbe essere l’ultimo esempio di una persecuzione prima di tutto etnica, ma anche culturale e religiosa, che mette in evidenza l’assenza di un’Europa che rinnega le proprie radici cristiane: «c’è un mix pericoloso patriottismo esasperato spinto verso l’aggressività ma anche di conquista di un territorio che si vuole completamente “decristianizzare”», commenta.
Eppure la tradizione orientale, qual è quella armena, potrebbe essere utile alla salvezza della tradizione occidentale in un momento di estremo smarrimento come quello attuale. «Tradizione vuol dire allacciarsi a qualcosa che è vivo da centinaia di anni», spiega, e questo attaccamento dà la forza necessaria a resistere anche in condizioni difficili. «L’oriente ci potrebbe insegnare tanto da questo lato, proprio per questa sua tenacia nel riuscire a tenere duro in ambienti più che ostili» anche perché «in oriente se sei cristiano devi essere coraggioso, mentre da noi sembra una specie di comoda nicchia del tutto privata, ma questo non è cristianesimo».
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