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Almeno un milione di persone sono scese in strada ieri a Hong Kong per protestare contro la legge sull’estradizione. Il timore della popolazione è che la legge, la cui approvazione è prevista per fine giugno, verrà usata dalla Cina per sequestrare e incarcerare dissidenti e attivisti che vivono a Hong Kong.
Si tratta della protesta più grande dal 1997, da quando cioè Hong Kong è ritornata formalmente sotto la Cina, pur godendo fino al 2047 di ampia autonomia. Ed è proprio parte di questa autonomia che verrà minata se il governo approverà, come sembra, la legge sull’estradizione. Il dibattimento in Parlamento comincerà mercoledì.
I manifestanti si sono riuniti a Victoria Park alle 15 e da lì si sono incamminati verso il centro di Hong Kong. Ma erano così tanti che gli ultimi sono partiti alle 19. La marcia, alla quale ha partecipato anche il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, è stata pacifica anche se si sono verificati alcuni scontri e la polizia ha registrato i nomi di 300 persone accusandoli di violenza contro le forze dell’ordine.
Cittadini di ogni età ed estrazione sociale hanno partecipato alla marcia chiedendo le dimissioni della presidentessa Carrie Lam. «Devo salvare mia figlia», ha dichiarato a Reuters un insegnante, Garry Chiu. «Se la legge verrà implementata chiunque potrà sparire da Hong Kong. Nessuno ottiene giustizia in Cina. Sappiamo che non c’è alcun rispetto dei diritti umani».
Anche se alcuni emendamenti potrebbero limitare i casi in cui l’estradizione è concessa a omicidio e stupro, la popolazione teme che la legge potrebbe finire per legittimare i rapimenti a Hong Kong da parte delle autorità cinesi (famoso il caso della sparizione di cinque librai nel 2016). In ogni caso, il governo di Hong Kong diventerebbe più vulnerabile alle pressioni del regime comunista e la libertà di espressione sarebbe minata.
Carrie Lam ha già dichiarato che la legge verrà approvata, con qualche modifica, nonostante le proteste. E non sembra avere intenzione di dimettersi, come invece fece nel 2003 il presidente Tung Chee-hua. Allora il capo dell’esecutivo, ricorda AsiaNews, aveva proposto una legge sulla sicurezza che avrebbe ristretto la libertà di assemblea e parola. Nel 2003 mezzo milione di persone protestarono, costringendolo a dimettersi. Nonostante ieri siano scese in piazza il doppio delle persone, Carrie Lam è intenzionata a restare al suo posto.
Ma la popolazione di Hong Kong non vuole più stare a guardare mentre governi legati a doppio filo alla Cina tentano di erodere pezzo dopo pezzo le libertà della Regione amministrativa speciale.
Foto Ansa
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