Chiese divorate dal fuoco appiccato dai dimostranti a Santiago del Cile

Sono immagini impressionanti quelle che arrivano da Santiago del Cile nel primo anniversario della “rivolta sociale” scoppiata il 18 ottobre 2019 e durata oltre un mese, con un bilancio di 30 morti e migliaia di feriti. Domenica le manifestazioni antigovernative nella capitale sono nuovamente degenerate in violenze e scontri con la polizia: mentre un corteo di persone sfilava in Plaza Italia chiedendo ai cileni di pronunciarsi nelle consultazioni del 25 ottobre a favore della riscrittura della Costituzione, un gruppo di militanti a volto coperto si è diretto verso la “chiesa dei Carabineros” San Francisco de Borja e dopo averla saccheggiata ha appiccato il fuoco. Poco dopo è stato il turno dell’antichissima Parroquia de la Asunción, edificata oltre un secolo e mezzo fa: tra gli applausi e i selfie di centinaia di persone la guglia della Parroquia divorata dalle fiamme è crollata a terra, così come il tetto della chiesa sventrata dal fuoco.

L’assalto alle chiese ha trasformato in pochissimi minuti la manifestazione in una guerriglia urbana, i media cileni segnalano numerosi negozi devastati, supermercati saccheggiati, attacchi con molotov e pietre ai commissariati di quartiere della capitale, a cui le forze dell’ordine ha risposto con idranti e gas lacrimogeni. Dura la condanna della Conferenza episcopale cilena: «Gli eventi delle ultime ore a Santiago e in altre città del Cile dimostrano che non ci sono limiti per chi drammatizza la violenza. Abbiamo tristemente assistito agli attacchi, ai saccheggi e agli attentati ai luoghi di preghiera, agli spazi sacri dedicati a Dio e al servizio di solidarietà delle persone. Ci fa male vedere che un tempio che è patrimonio di Santiago viene distrutto e che si celebra la sua distruzione».

A novembre le proteste avevano portato il Parlamento a indire un referendum per cambiare il testo della Costituzione del 1980, ereditato dalla dittatura del generale Augusto Pinochet. La pandemia ha fatto slittare la data delle consultazioni che dovevano tenersi ad aprile: il 25 ottobre 14 milioni di cileni dovranno pertanto pronunciarsi pro o contro la carta fondamentale. «La stragrande maggioranza del Cile desidera ardentemente giustizia e misure efficaci che aiutino a superare i divari di disuguaglianza; non vuole più corruzione o abuso, si aspetta un trattamento dignitoso, rispettoso ed equo. Crediamo che questa maggioranza non sostenga o giustifichi azioni violente che causano dolore a individui e famiglie, danneggiando comunità che non possono vivere tranquillamente nelle loro case o nel lavoro, spaventate da chi non cerca di costruire nulla, ma piuttosto distrugge tutto» hanno concluso i vescovi. «Domenica 25 ottobre, i cittadini che vogliono giustizia, onestà, superamento delle disuguaglianze e opportunità per potersi sollevare il Paese, non saranno intimiditi dalle minacce di violenza e si prenderanno cura di adempiere alla loro responsabilità civica. Nelle democrazie ci esprimiamo con il voto libero in coscienza, non sotto la pressione del terrore e della forza».

Foto Ansa

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