Non sei d’accordo? “Omofobo”! Appellativo che oggi funziona allo stesso modo in cui, a metà del secolo scorso, funzionava l’appellativo “controrivoluzionario” e “non ariano”. Pensate, Obama è arrivato a equiparare il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso alla conquista dell’uguaglianza tra neri e bianchi! Paralogismo evidente. Poiché un conto sono la schiavitù e la diseguaglianza imposte alle persone di colore; un altro è, stabilito che siamo tutti d’accordo a rimuovere ogni forma di discriminazione, assumere il principio – questo sì discriminatorio – che un determinato gruppo sociale abbia “diritto” al matrimonio in quanto “diritto umano all’uguaglianza”. Come se le persone non sposate, proprio per il fatto di non essere sposate, fossero in una condizione che le esclude dal godimento del “diritto umano all’uguaglianza”.
È da questo presupposto che nasce la sentenza con cui la Corte suprema degli Stati Uniti ha bollato di “incostituzionale” il Defense of Marriage Act, la legge federale che definisce matrimonio solo quello che può essere concluso tra un uomo e una donna. Poiché tale definizione, scrive la Corte, «costituisce una privazione della libertà delle persone che è protetta dal quinto emendamento». Dunque il nuovo Ponzio Pilato, rivestito della massima autorità giurisdizionale dell’Occidente, da una parte si “lava le mani” rispetto al principio di realtà; dall’altra identifica la libertà con il principio dell’arbitrio.
Siamo dunque a quest’ora sull’orologio della storia: élite e media occidentali vogliono imporre al mondo una rivoluzione antropologica costruita su un’ideologia che ha veste e forza di diritto. Ma che nei restanti due terzi del pianeta – dalla Russia alla Cina, dai paesi islamici all’India – incontra una resistenza vasta, imponente, veemente. Preludio di uno “scontro di civiltà”?