Memoria popolare
La nostra scuola libera e viva degli anni Settanta
La decisione di costituire l’Ufficio Scuola del Movimento Popolare nacque dall’esigenza di rispondere a centinaia di insegnanti e genitori mossi dal desiderio, spesso impetuoso, di essere presenti nel mondo scolastico in diverse città d’Italia con una precisa identità culturale, giocandosi in prima persona. Di esso fummo responsabili nazionali Franco Biasoni ed io.
Dall’esperienza di comunione, vissuta secondo le storie personali e i diversi temperamenti, è sorto ed è cresciuto nel tempo il desiderio di vivere nel mondo scolastico una presenza unitaria e socialmente visibile dei cattolici. In altre parole, l’esperienza di comunione non è mai stata ridotta a un fatto privato, intimo, ma è stata vissuta come sorgente del giudizio culturale e dell’azione, cioè espressione dell’incontro con l’avvenimento cristiano dentro le diverse circostanze.
Il contesto sociale, culturale e politico in cui ci affacciavamo nella scuola negli anni Settanta era particolarmente distante, spesso ostile nei confronti di questa sorprendente novità. Questa distanza o addirittura ostilità caratterizzava due realtà allora particolarmente diffuse in Italia e nell’Europa occidentale: le associazioni cattoliche riconosciute dalla gerarchia e il retaggio del Sessantotto, cioè il progetto politico di egemonia movimentista-comunista sul nostro Paese, a partire dai gangli culturali.
Il totem della “scuola statale”
Nelle associazioni professionali cattoliche, cioè le realtà organizzate di docenti cattolici, la linea prevalente identificava la scuola statale come luogo privilegiato, se non esclusivo, per l’educazione delle nuove generazioni. Scuola statale intesa come ambito “neutrale”, governato da normative calate dall’alto (lo Stato centrale), dove prevaleva un rapporto formale e interindividuale tra l’insegnante e lo studente, concepito come il fruitore di un servizio. L’aggettivo “privilegiato” è da intendere in due sensi. Il primo è che le risorse statali erano spese quasi esclusivamente per la scuola di Stato, attraverso un’interpretazione restrittiva dell’art. 33 della Costituzione dove si legge: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Questa formulazione in realtà non nega il diritto del cittadino utente di poter fruire di finanziamenti pubblici: l’interpretazione corretta della Costituzione fu uno dei capisaldi della legge regionale lombarda voluta da Roberto Formigoni per sostenere finanziariamente la scuola non statale con erogazioni destinate alla famiglia e non al gestore.
L’altro senso dell’aggettivo “privilegiato” consisteva, e consiste ancora oggi, nel tenere ai margini la scuola libera non statale, sostenendo che la scuola di Stato garantirebbe un’educazione più “aperta” e moderna a tutti i cittadini.
Il retaggio del Sessantotto
La Democrazia Cristiana (Dc) al governo ha mantenuto sempre una politica scolastica mutuata passivamente da questa linea delle associazioni professionali cattoliche. Merita di essere ricordato che, ad ogni nuova legislatura, un deputato Dc (l’onorevole Pierantonino Berté) presentava una proposta di legge per riconoscere il servizio pubblico della scuola non statale con relative conseguenze anche di limitato finanziamento: la proposta restava poi ben custodita e chiusa nei cassetti del Parlamento della Repubblica per tutto il resto della legislatura.
L’altro fattore che condizionava tutto il mondo della scuola, e la società in generale, era il retaggio del Sessantotto, cioè la sistematica contestazione (demolizione) della tradizione culturale e civile del nostro paese, per soppiantarla con una visione totalizzante radical-marxista (acutamente analizzata e smascherata in quegli anni da Augusto Del Noce), che si poneva con una palese pretesa egemonica. Ciò aveva ed ha tutt’oggi come conseguenza la negazione delle libertà di espressione di posizioni culturali ed educative diverse da essa.
L’Ufficio Scuola di Mp, le prime liste di “Comunità educante”
L’Ufficio Scuola di Mp è sorto come servizio permanente per declinare culturalmente e politicamente la nostra identità in una forma e in un linguaggio adatti ad affrontare la sfida rappresentata da queste due impostazioni prevalenti nel mondo scolastico e non.
Non si è mai trattato di una contrapposizione ad altri, ma di esporre proposte culturali ed educative motivate e rese credibili soprattutto dal fatto che chi le sosteneva si metteva in gioco in prima persona. In questo senso il nostro intendimento era cercare dialogo e interlocuzione con tutti, a partire dai cattolici.
Negli anni dal ’74 in poi una delle attività più impegnative dell’Ufficio scuola di Mp fu quella di promuovere le liste da candidare negli organi di rappresentanza nella scuola: consiglio di istituto, di distretto, della provincia. Il ministro della Pubblica Istruzione di allora, il Dc Franco Maria Malfatti, aveva voluto una legge che istituiva organi collegiali della scuola rappresentativi delle diverse componenti (studenti, insegnanti, genitori). In qualche misura questi organi diventarono di fatto lo strumento per una sorta di “controllo sociale” della scuola da parte di fazioni politicizzate e sindacali. Questa scelta della Dc di allora fu chiaramente mutuata da una visione di sinistra circa quelle che devono essere le responsabilità di gestione e di guida della scuola.
Mp criticò motivatamente questa legge, ma decise poi di partecipare, per non restare fuori. Abbiamo così promosso il più possibile liste unitarie di cattolici di diversa provenienza associativa e non, spesso recanti il nome “Comunità educante”.
La battaglia per la scuola libera La Zolla
Un altro impegno molto importante è stato il lavoro per sostenere e declinare in varie forme la libertà di educazione nella scuola statale. In questo senso sono nati gruppi di studio dentro le scuole, dibattiti su temi di grande attualità e controversi. Le “unità di lavoro” o “gruppi di studio” erano libere aggregazioni di studenti e insegnanti che lavoravano su diversi temi culturali che nei libri di testo erano trattati in modo discutibile o non corretto. Libertà di educazione significava, come significa anche oggi, la possibilità di cercare attraverso l’insegnamento e lo studio un significato autentico della vita personale e sociale, in altre parole la proposta alla libertà della persona di un’ipotesi da verificare circa la sua capacità di spiegare il senso della vita.
Naturalmente questa richiesta di libertà era per noi e per tutti: implicava il pluralismo dentro la scuola statale. Ma abbiamo speso molte energie anche per l’affermazione del diritto di piena cittadinanza delle scuole non statali, impropriamente definite “private”: l’Ufficio scuola promuoveva o partecipava a convegni pubblici per spiegare il diritto costituzionale all’esistenza della scuola libera. Memorabile fu il ricorso vittorioso davanti al Tar della Lombardia per ottenere l’annullamento di un provvedimento del Comune di Milano a guida socialcomunista che escludeva arbitrariamente la scuola libera La Zolla da pur esigui finanziamenti relativi al diritto allo studio. Da questo lavoro nacque poi un fiorire in Italia di nuove scuole realizzate da associazioni o cooperative di genitori e insegnanti.
Dai gruppi studio ai convegni nazionali. E la rivista “Libertà di Educazione”
L’Ufficio Scuola organizzava convegni in diverse città o in singole scuole per proporre la nostra visione della responsabilità educativa, della libertà di educazione (principio sconosciuto al linguaggio dominante allora, ma anche oggi) e di un sistema scolastico nuovo, finalizzato all’esercizio di un’autentica libertà. Riuscitissimi in questo senso i due convegni nazionali che si tennero a Rimini nel 1975 e poi nel 1976. Ad essi si aggiunse pochi anni dopo un convegno di studi promosso con Confcooperative sul pluralismo avendo come ospite Guy Guermeur, il deputato francese promotore in Francia della legge che parificava il trattamento degli insegnanti delle scuole statali e non statali.
Grazie all’iniziativa di alcuni membri dell’Ufficio Scuola di Mp nel 1976 nacque la rivista Libertà di Educazione con lo scopo di raccontare soprattutto le esperienze educative in atto e di esporre la fondatezza delle nostre argomentazioni a favore del pluralismo nella scuola e delle scuole. Svolgendo tutto questo lavoro, abbiamo sempre cercato e avuto numerosi momenti di incontro e dialogo con esponenti delle associazioni professionali cattoliche e delle diocesi, soprattutto sacerdoti incaricati della pastorale scolastica ma anche figure di vertice della Cei. E naturalmente coi politici di turno che governavano il sistema scolastico nazionale, a quel tempo tutti esponenti della Dc. Il rapporto dell’Ufficio scuola di Mp è stato molto attivo con ministri come Franco M. Malfatti, Franca Falcucci, Guido Bodrato e Giovanni Galloni. Malfatti è forse il ministro che più ha capito e, in qualche misura, sostenuto la natura positiva della nostra presenza nel mondo scolastico. Coi giovani Dc il rapporto fu talvolta difficile e controverso soprattutto in occasione delle elezioni scolastiche e universitarie, perché spesso non accettavano la proposta di unirsi a noi nella competizione elettorale.
Cattolici e cooperative, la Nuova Scuola
La nostra apertura convinta al dialogo e alla collaborazione ha avuto come conseguenza la fondazione dell’associazione Nuova Scuola, cui parteciparono figure rilevanti del mondo cattolico, e del Consorzio italiano libere cooperative scolastiche (Cilcos, aderente a Confcooperative) per realizzare servizi di assistenza alle cooperative di gestione delle scuole autonome.
A partire dagli anni Ottanta la responsabilità dell’Ufficio Scuola fu assunta da Mario Dupuis.
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