L’udienza generale di oggi del Papa è incentrata sulla Pasqua, dato che il suo tempo liturgico si prolunga fino alla Pentecoste, ossia per 40 giorni. Benedetto XVI ha ricordato che «tutto prende avvio da Cristo risorto dai morti», e che «questo è il fondamento della nostra fede». Più volte il Pontefice ha ribadito che la celebrazione della morte e resurrezione di Cristo «non è una semplice commemorazione… ma la sua attualizzazione». Come possiamo, si chiede quindi il Santo Padre «far diventare “vita” la Pasqua? Come può assumere forma pasquale tutta la nostra esistenza interiore ed esteriore?».
Per capirlo bisogna partire dalla resurrezione di Gesù che «non è un semplice ritorno alla vita precedente, come lo fu per Lazzaro», ma è l’approdo verso una «vita non più sottoposta alla caducità del tempo, una vita immersa nell’eternità di Dio». Benedetto XVI si rifà a san Paolo che ci «indica come si deve vivere il mistero pasquale nella quotidianità della nostra vita». Nella lettera ai Colossesi, ad esempio «egli dice: “Se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù… non quelle della terra!”». Il Pontefice però prima di proseguire scongiura il pericolo di pensare che questo significhi «il disprezzo della realtà terrene, invitando a dimenticarsi di questo mondo di sofferenze, di ingiustizie, di peccati, per vivere in anticipo in un paradiso celeste», perché «sarebbe un’alienazione».
Le cose della terra sarebbero invece quelle che appartengono all’uomo vecchio e che l’apostolo chiama «impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi, cupidigia e idolatria». Mentre le cose di lassù «riguardano ciò che appartiene all’uomo nuovo, che si è rivestito di Cristo una volta per tutte nel Battesimo, ma che ha sempre bisogno di rinnovarsi ad immagine di Colui che lo ha creato». Queste realtà, sempre descritte da Paolo, sono i «sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine di magnanimità», per cui esorta i cristiano così: «Sopportatevi a vicenda e perdonatevi gli uni gli altri, ma sopra tutte queste cose rivestitevi di carità, che le unisce in modo perfetto».
Dunque, ribadisce il Papa «san Paolo è ben lontano dall’invitare i cristiani, ciascuno di noi, ad evadere dal mondo nel quale Dio ci ha posti», perché «siamo cittadini di un’altra “città”… ma il cammino verso questa meta dobbiamo percorrerlo quotidianamente su questa terra. Partecipando fin d’ora alla vita del Cristo risorto». Infatti, ha continuato il Santo Padre, è solo così che «possiamo vivere da uomini nuovi in questo mondo, nel cuore della città terrena… via per trasformare non solo noi stessi, ma per trasformare il mondo».
Se quindi il cristiano vive la Pasqua, «passaggio profondo dalla schiavitù del peccato ad una vita di libertà animata dall’amore… se vive l’esperienza di questo passaggio di resurrezione, non può non essere fermento nuovo nel mondo, donandosi senza riserve per le cause più urgenti e più giuste».
Quindi Benedetto XVI ha concluso così: «Cari amici, sì, Cristo è veramente risorto! Non possiamo tenere solo per noi la vita e la gioia che Egli ci ha donato nella Pasqua, ma dobbiamo donarla a quanti avviciniamo. E’ il nostro compito, la nostra missione: far risorgere nel cuore del prossimo la speranza dove c’è disperazione, la gioia dove c’è tristezza, la vita dove c’è morte. Testimoniare ogni giorno la gioia del Signore risorto significa vivere sempre in modo pasquale e far risorgere il lieto annuncio che Cristo non è un’idea o un ricordo passato, ma una presenza che vive con noi, per noi e in noi, e con Lui, per e in Lui possiamo fare nuove tutte le cose».