Ucraina. Il ritiro da Kherson è l’occasione giusta per fermare il massacro
Dall’inizio della guerra in Ucraina, in soli nove mesi, sono stati uccisi e feriti 200 mila soldati. Il bilancio è impressionante ma, secondo il generale Mark Milley, capo dello Stato maggiore congiunto americano, assolutamente attendibile. E le vittime sono equamente ripartite tra l’esercito russo e quello ucraino.
Ucraina e Russia mentono sui caduti
Il tema delle perdite nel conflitto è tabù per entrambi i paesi. L’ultimo dato fornito da Mosca risale a settembre, quando il ministro della Difesa Sergej Shoigu aveva parlato di 5.937 vittime. Lo stesso discorso vale per Kiev: Valeriy Zaluzhniy, comandante in capo delle forze armate ucraine, non cita il dato dei caduti in guerra da agosto, quando fece riferimento a 9.000 caduti.
«La sofferenza umana causata dalla guerra è impressionante», ha aggiunto il generale Milley. Soprattutto se si considera che ai 200 mila caduti o feriti tra entrambi gli eserciti vanno aggiunte almeno 40 mila vittime civili e 15-30 milioni di sfollati.
«Nessuno può vincere con le armi»
Un simile massacro, a fronte di guadagni territoriali minimi da una parte e dall’altra, potrebbe spingere Russia e Ucraina «alla mutua comprensione» che la vittoria in guerra «potrebbe essere irraggiungibile con mezzi militari e che, di conseguenza, bisogna ricorrere ad altre strade».
Il riferimento del generale americano è ovviamente alla strada diplomatica, che potrebbe essere favorita dal recente annuncio da parte di Mosca del ritiro delle truppe da Kherson. La decisione del Cremlino è gravida di conseguenze e rappresenta un’implicita ammissione di debolezza, trattandosi dell’unico capoluogo di regione mai conquistato dalla Russia dall’inizio dell’invasione e annesso (illegalmente) solo il mese scorso.
La Russia rinuncia a Mykolaiv e Odessa
Ritirandosi da Kherson, per arroccarsi a sud del fiume Dnipro e così difendere la porta d’accesso alla Crimea, il Cremlino rinuncia di fatto a espandersi sul Mar Nero cercando di conquistare le città portuali di Mykolaiv e Odessa.
Inoltre, espone la Crimea a un duplice pericolo: da un lato consegna nelle mani di Kiev il controllo di acquedotti e canali che riforniscono di acqua la penisola annessa nel 2014. Dall’altro, forniscono al governo di Volodymyr Zelensky una piattaforma militare avanzata dalla quale, con i razzi Himars, potrebbe colpire la Crimea.
Trappola o segnale di distensione
Il ritiro da Kherson può essere una trappola, come ritengono alcuni generali ucraini, certo, ma può anche rappresentare un segnale di distensione. Così facendo i russi risparmiano infatti alle proprie truppe, circa 30 mila, e a quelle di Kiev l’ennesimo sanguinoso massacro.
È interessante, da questo punto di vista, che mercoledì la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, abbia dichiarato: «Siamo sempre aperti alle trattative. Non le abbiamo mai rifiutate. Siamo pronti a negoziare, ovviamente, tenendo conto delle realtà che stanno emergendo in questo momento».
«L’opportunità di trattare va colta»
Il ritiro da Kherson, unito ai toni insolitamente concilianti da parte della Russia, dovrebbe spingere tutte le parti in causa a considerare la possibilità di instaurare una vera trattativa. Come ribadito dal capo di Stato maggiore congiunto americano, infatti, «si apre una finestra per il dialogo» e «quando si crea un’opportunità di negoziare, quando è possibile conseguire la pace, l’opportunità va colta».
Va colta, perché la vittoria militare sembra al di fuori della portata dei due eserciti, ma anche perché la Russia, per quanto indebolita, sta addestrando altre 150 mila truppe, molte delle quali potrebbero sferrare un nuovo attacco da est, nord e sud contro l’Ucraina. Per non parlare della possibilità che il conflitto degeneri in scontro nucleare. L’occasione di trovare un accordo, infine, potrebbe non ripresentarsi.
Un accordo di pace per l’Ucraina
Le trattative ovviamente sarebbero ardue, ma la situazione sul campo suggerisce che un tentativo può essere fatto per trovare un accordo che permetta a Ucraina e Russia di cantare in qualche modo vittoria.
Servirà molta buona diplomazia e importanti sacrifici ma non sembrano esserci valide alternative al momento: a meno che i due paesi non vogliano sacrificare altri 200 mila soldati e chissà quante decine di migliaia di civili. Con il rischio di non ottenere nulla.
Foto Ansa
Articoli correlati
1 commento
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Caro Grotti,
sulla guerra in Ucraina, questo è l’articolo più lucido, più lungimirante, più saggio che io abbia sinora letto grazie!
Angelo Cannizzaro