Non mangiare con le mani, non mangiare troppo (questa è quella con il record di più lunga durata), non mangiare in piedi, non mangiare così svelto, non fare il bagno dopo mangiato, non parlare con gli sconosciuti, non arrivare tardi, si cena alle otto, non puoi avere il motorino se vai alla vacanza di Gs, o l’uno o l’altra (coglione, ho scelto la vacanza), non usare il garage come porta per giocare a pallone, non toccare la donna d’altri ma anche la tua, che prima di un certo periodo è peccato, non puoi usare questa aula per la tua assemblea altrimenti ti meniamo, non puoi stare qui a vendere il tuo giornale altrimenti ti spranghiamo.
Non puoi stare qui perché ci passa il tram, non puoi entrare da questa parte devi fare il giro, non puoi entrare in centro perché c’è l’area C, non puoi salire sull’aereo con il deodorante più di 100 ml, non puoi appendere il Crocefisso sennò i poveri bambini musulmani restano offesi nei sentimenti, non puoi chiamare nero uno nero, ma “di colore”, non puoi pretendere di avere quello che avevi prima, la pacchia è finita, non puoi mangiare il foie gras, non pensi alle povere oche.
Una vita di divieti, di paletti, di tornelli, di privazioni, cominciata da poppante e non ancora terminata. Questa è la mia esistenza. Va bene, posso sopportare tutto, ma a non urlare un bel “terrone” a chi se lo merita, non ci riesco. Squalificatemi pure il terrazzino.