![L’errore di chi abolisce i programmi di diversità e inclusione è averli introdotti](https://www.tempi.it/wp-content/uploads/2025/01/image-1-314x214.jpg)
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Giovanni Donna d’Oldenico, medico del lavoro, sposato con Carmina, padre di 9 figli più qualcun altro in affido. Ha scritto quattro libri: Polvere (2000), Giusto (2006), Dodici (2011) e Lettere a un figlio sull’educazione (2015). L’ultimo, pubblicato alla vigilia del Sinodo sulla Famiglia, consiste in diciotto lettere scritte da un padre, per parlare di educazione a un figlio che sta per mettere su famiglia.
Te Deum laudamus: indicativo, presente, prima persona plurale.
Indicativo, modo della realtà: un anno trascorso, uno che arriva. Presente: questo istante; che, per gradevole o ingrato che sia, dando retta a Giacobbe, è casa di Dio e porta del cielo. Prima persona plurale; molto plurale, nel nostro caso, visto che siamo undici, più fidanzati e ospiti e amici e chi più ne ha più ne metta.
Allora in parecchi Ti lodiamo, qui, per questo 2015, come ce lo hai regalato. Nessuna rampogna, non rimpianti, né risentimento; soltanto: Te Deum laudamus.
Ma una lode sarebbe ovvia, se si limitasse ai fatti per cui è stato spontaneo prorompere in un grazie. Già: facile, oltre che doveroso, lodarTi per le vicende belle e liete, quelle che ci hanno subito dipinto sulle labbra un sorriso. A cominciare dalla quotidianità benedetta di ogni giornata trascorsa senza soprassalti né sgomenti, senza salite impervie, ma neppure discese esilaranti. Grazie per tutto questo, dunque.
Te Deum laudamus anche per le circostanze che, lungo quest’anno, ci hanno fatto pronunciare altre due parole: aiuto e perdono.
Per l’orecchio che hai prestato alle nostre grida
Proprio così. Tanto per cominciare, vogliamo lodarti per le volte in cui ci siamo trovati a chiederTi aiuto. Cioè per quando avversità, lievi o toste, ci hanno urtati, fiaccati, feriti, sommersi. Ne abbiamo passate anche quest’anno, eh!
[pubblicita_articolo]Ti siamo riconoscenti per l’orecchio che hai prestato a ogni nostro grido, con un aiuto che, a tempo e modo Tuo, e seppure talora spiazzandoci, mai ci hai fatto mancare. Prima ancora, però, meriti la nostra lode perché ci hai dato la voglia e la voce per gridare. Anzi, addirittura per le situazioni stesse dentro le quali la nostra invocazione è scoppiata. Contrarietà, sgomenti, dolori: Ti lodiamo per queste cose qui. Perché attraverso le croci conficcate qua e là nelle settimane di quest’anno, ci hai aiutati a riconoscere che la realtà tutta, tranne il peccato, sei sempre Tu, o Cristo, che vieni; e hai continuato a educare il nostro desiderio a farsi infinito, dunque capace di generare una preghiera semplice: vieni, Signore Gesù. Domanda esaudita; come il Natale, qui nei paraggi, dimostra.
Ma ancora non ci basta lodarTi solo per le occasioni in cui non abbiamo potuto che esclamare grazie o per quelle in cui abbiamo dovuto implorare e ricevere il Tuo aiuto. No. Te Deum laudamus anche per ogni volta che ci è toccato domandare e accogliere il Tuo perdono. Sì: proprio per averTi dovuto e potuto chiedere insistentemente perdono. Di sicuro la lode non è per il male che abbiamo commesso, che detestiamo cordialmente e che, da Te perdonato, più non è. Ma è per le martellate con cui Ti sei lasciato trafiggere i polsi dai chiodi, per piantare nel nostro cuore, dopo averla comprata da Te a caro prezzo, la Tua misericordia. Con essa ci hai accompagnati per i giorni e le notti di quest’anno vecchio e, non contento, la stai facendo scaturire ancora più evidente nel neonato Giubileo. Te Deum laudamus perché fai di noi, che siamo tutti più o meno tentati, vacillanti, cadenti o caduti in quei burroni che si chiamano superbia e avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e accidia, sì, proprio di noi, che siamo questi qui, Tu fai gente capace di operare la misericordia di cui ci colmi.
Allora: Te Deum laudamus per la misericordia ricevuta e per quella che riceveremo; e per le opere di misericordia che abbiamo fatto e che faremo. E che, per nostra fortuna, sono il doppio dei vizi capitali: sette questi, quattordici quelle. Ti lodiamo perché additandoci sette opere corporali e sette spirituali, la Chiesa indica quello che per una madre, un padre e dei figli, per una famiglia insomma, è vita di tutti i giorni. Poi si può anche partire per le missioni; ma intanto, in ogni casa, da quando si comincia ad attaccare un figlio al seno e, magari, anche da prima, si dà da mangiare agli affamati e da bere agli assetati; gl’ignudi si vestono e, per spontaneo o forzato che sia il loro viaggiare, si ospitano i pellegrini; si visitano gl’infermi e, quando tocca, i carcerati; si seppelliscono i morti. E poi si consigliano i dubbiosi e s’insegna agl’ignoranti; i peccatori si ammoniscono; gli afflitti si consolano e le offese si perdonano; si sopportano pazientemente le persone moleste; si prega Dio per i vivi e per i morti.
Lodarti sempre e in ogni luogo
Per ogni ordinaria vita di famiglia: Te Deum laudamus. Vogliamo che il nostro Te Deum non sia solo epilogo dell’anno che fu, ma prologo dei giorni a venire. Per questo Carmìna e io, con le figlie e i figli che ci hai donato, Piero, Anna, Carlotta, Filippo, Matteo, Giuseppe, Tommaso, Agnese e Maddalena, e con tutti gli altri con i quali camminiamo, Ti chiediamo di poter rivivere il Te Deum ogni volta che, nella Messa, ci uniremo al sacerdote, cioè a Cristo, quando afferma che «è veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza lodarTi e ringraziarTi sempre e in ogni luogo».
Proprio così: sempre. Ti vogliamo lodare sempre. E in ogni luogo.
Te Deum laudamus.
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Esempi di vita cristiana…
Davvero Dio non fa audience e se la spassa con le sue “perle preziose”, i suoi “cari figli”, un poco ovunque, sparsi per il mondo…; questo stupendo, meraviglioso mondo! Che ce la farà.