Te Deum laudamus per i coraggiosi che si sono battuti per liberare Asia Bibi
Articolo tratto dal numero di dicembre di Tempi
Il 2019 è stato un anno di luce e speranza per il mio amato paese, il Pakistan. Il 29 gennaio infatti, facendo seguito all’assoluzione del 30 ottobre 2018, un comitato di giudici musulmani della Corte suprema armato di fede e coraggio, Saqib Nisar, Asif Saaed Khosa ed altri, ha liberato Asia Bibi dalle pesanti catene dell’accusa di blasfemia. Quel giorno, mentre all’esterno del tribunale infuriavano le proteste degli estremisti islamici, il ricorso di Qari Muhammad Salaam, il mullah che nel 2009 formalizzò l’accusa contro la madre cattolica, è stato respinto e Asia Bibi dopo quasi 10 anni di martirio in carcere è stata riconosciuta innocente e libera di lasciare il Pakistan.
Nel nome di Maometto
I cristiani e altre minoranze del Pakistan non dimenticheranno il coraggio con cui Saqib Nisar e Asif Saeed Khosa hanno replicato agli avvocati del mullah, che in ogni modo si opponevano alla sentenza che finalmente ristabiliva la giustizia nel mio paese: «L’islam non dice che una persona innocente deve essere punita. Qui non c’entra la religione. Se credi che il verdetto sia errato, portaci le prove».
Ancora più importante è quanto i giudici hanno scritto nella sentenza: «L’islam può tollerare tutto ma insegna la tolleranza zero verso l’ingiustizia, l’oppressione e la violazione dei diritti degli altri. A nessuno è permesso di sfidare il nome del santo profeta Maometto (pace e benedizioni su di lui) e rimanere impunito, ma c’è un altro aspetto della questione: talvolta, la legge viene usata impropriamente dagli individui per perseguire piani efferati, lanciando false accuse di blasfemia. A meno di una colpa provata in un giusto processo, come garantito dalla Costituzione e dalla legge, ogni persona va considerata innocente, a prescindere dal suo credo, dalla sua casta e dal suo colore». Questa sentenza è stata trasmessa su tutte le tv del paese, è stata ripresa dai giornali, è stata discussa… Te Deum laudamus, perché è iniziato un cambiamento in Pakistan.
Ma questo cambiamento non sarebbe stato possibile se due eroi pakistani non avessero dato la vita. Mi riferisco a Salman Taseer, il governatore musulmano del Punjab, che nel 2011 fu ucciso dopo aver difeso pubblicamente Asia Bibi e aver criticato la legge sulla blasfemia. L’altro eroe è mio fratello Shahbaz Bhatti, ministro federale per le Minoranze, assassinato il 2 marzo 2011 a Islamabad.
Il martirio di mio fratello Shahbaz
Shahbaz ha pagato con la vita l’impegno profuso nella difesa di Asia Bibi e della libertà religiosa. Sapeva che era in pericolo, ma non ha mai smesso di aiutare i più bisognosi perché, come scrisse nel suo testamento spirituale, «non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Mi considererei privilegiato qualora in questa mia battaglia Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese». Ogni giorno Shahbaz si ritagliava mezz’ora in un angolo del suo ufficio per pregare profondamente: la preghiera era la sua forza. Shahbaz è un martire della fede, per questo presto si aprirà la fase diocesana del processo di beatificazione per martirio in odium fidei. Te Deum laudamus per il sacrificio eroico di Shahbaz e Salman.
La liberazione di Asia Bibi ha dimostrato che il governo e la giustizia in Pakistan hanno gli anticorpi necessari per resistere alla violenza e all’estremismo islamico. Ma se oggi la donna cattolica si trova al sicuro in Canada è anche merito di tutti quei giornali, come Tempi, che non hanno mai smesso di accendere i riflettori su di lei e sulla condizione dei cristiani perseguitati e delle minoranze religiose del Pakistan. Te Deum laudamus anche per i media che hanno il coraggio della verità e l’amore della carità.
Prego che la debole fiammella della speranza che si è accesa in Pakistan in questo 2019, con l’aiuto di Dio, non si spenga negli anni a venire. E che il mio amato paese possa cancellare finalmente tutte le ingiuste discriminazioni per le quali le minoranze troppo spesso soffrono ancora e che possa incamminarsi sulla strada indicata dal padre della patria Muhammad Ali Jinnah, che l’11 agosto 1947 presentò così la Costituzione della neonata nazione: «Voi siete liberi. Liberi di andare nei vostri templi, nelle vostre moschee o in qualunque altro luogo di culto in questo Stato del Pakistan. Potrete appartenere a qualsiasi religione, casta o credo: questo non ha nulla che fare con gli affari dello Stato».
Foto Ansa
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