Te Deum laudamus per averci strappate all’inferno

Di Therese Kang Mi-jin
01 Gennaio 2017
Mentre attraversavo il confine della Corea del Nord chiedevo disperatamente a Dio di salvare me e mia figlia. Non sapevo neanche Chi fosse. È diventato il mio unico sostegno
epa03651696 A Chinese soldier stand guard at a guard post beside the Sino-Korean Friendship Bridge connecting Sinuiju, North Korea, along the Yalu River in the Chinese city of Dandong, Liaoning Province, China, 06 April 2013. North Korean leader Kim Jong-un has ordered the country's military to increase artillery production, a televised report out of Pyongyang showed 06 April. EPA/HOW HWEE YOUNG

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Questo articolo è tratto dal numero di Tempi in edicola a partire dal 29 dicembre (vai alla pagina degli abbonamenti) e secondo tradizione è dedicato ai “Te Deum”, i ringraziamenti per l’anno appena trascorso. Nel “Te Deum” 2016 Tempi ospita i contributi di Benedict Nivakoff, Alex Schwazer, Rone al-Sabty, Ilda Casati, Luigi Amicone, Siobhan Nash-Marshall, Tiziana Peritore, Therese Kang Mi-jin, Anba Macarius, Roberto Perrone, Pier Giacomo Ghirardini, Farhad Bitani, Maurizio Bezzi, Renato Farina, Pippo Corigliano, padre Aldo Trento, Mauro Grimoldi. Il prossimo numero di Tempi sarà in edicola da giovedì 12 gennaio 2017.

Therese Kang Mi-jin, 45 anni, lavora in Corea del Sud come giornalista per Daily NK, un sito specializzato sulla Corea del Nord, da dove è fuggita nel 2009. È stata battezzata nel 2010 con il nome di Therese, sua figlia nel 2011 con il nome di Cecilia.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Nel cuore della notte, nera come la pece, una madre e una figlia pregavano disperatamente un Dio sconosciuto, in un momento che poteva decidere della loro vita o della loro morte. «Ti prego Dio, aiutaci ad attraversare il confine facendo cadere le guardie in un sonno profondo». Ho scelto di scappare dalla Corea del Nord per dare alla mia unica figlia un futuro migliore. Era il 2009 quando io, quarantenne, ho attraversato il confine con la mia bambina di 13 anni. In Corea del Nord lavoravo in una compagnia che commercia in oro vicino al confine, mentre mia figlia, invece di andare a scuola, era impiegata in un piccolo spaccio. Quando mio marito morì prematuramente, infatti, mi sono dovuta spostare vicino al confine per cercare un lavoro.

Un giorno, sono stata convocata dalle forze di sicurezza e una guardia mi ha minacciato dicendo che non potevamo vivere e lavorare lì dal momento che non avevamo l’autorizzazione. In Corea del Nord infatti è molto difficile cambiare la propria residenza, anche se tantissimi si spostano segretamente per cercare un lavoro. Intorno a me era pieno di persone senza autorizzazione. Così, quando la guardia è venuta a farmi domande e a ordinarmi di ottenere un permesso di residenza se volevo continuare a vivere lì, ho capito che voleva solo una tangente. Sapevo che un sacco di gente prima di me aveva ottenuto illegalmente un permesso di residenza corrompendo una guardia di sicurezza. Ma in quel momento ho pensato alla mia piccola bambina, cresciuta senza padre e costretta a lavorare dall’età di 11 anni. Non potevo dare a quella guardia soldi guadagnati tanto duramente, che io e mia figlia avevamo messo da parte per anni, superando ogni tipo di avversità.

La mia prima preghiera
Ho litigato a lungo e per questo sono stata condannata ai lavori forzati. Quando ne sono uscita, ho deciso di scappare dalla Corea del Nord. Ma non avevo la minima idea di come farlo. Così, in un misto di paura e ansia, sono andata da uno sciamano per cercare una vaga speranza. Ho chiesto allo sciamano quale sarebbe stato il momento migliore per mettere in pratica un mio piano dal quale dipendeva tutta la mia vita. Lo sciamano mi rispose di non preoccuparmi troppo, di seguire la mia strada e di andarmene in qualsiasi momento: «Dio ti guiderà», mi disse. Aggiunse anche di chiedere a Dio ciò che volevo realmente prima di partire. Allora non capii che mi stava chiedendo di pregare. Per me è stato scioccante e sorprendente sentire quel genere di parole da uno sciamano. Non sapevo esattamente di quale Dio parlasse, ma è buffo che lui sia stata la prima persona a parlarmi di Dio in tutta la mia vita.

Fin da piccola, infatti, ho ricevuto un’educazione incentrata sull’ideologia di Kim Il-sung, l’unico che può essere venerato in Corea del Nord, e sono cresciuta ripetendo che tutte le religioni sono come la droga. Che lo sciamano mi parlasse di Dio era più incredibile della mia decisione di fuggire. Ecco perché ero davvero confusa. Ma al momento di attraversare il fiume Yalu, al confine con la Cina, mi sono ritrovata a chiedere disperatamente a Dio di salvare me e mia figlia. Dio ha esaudito la mia preghiera e noi siamo riuscite ad attraversare il confine sane e salve, nascondendoci in Cina per un po’.

Il tumore e una misteriosa medicina
Ma anche in Cina la vita era fatta di ansia e insicurezza. Mia figlia e io tremavamo ogni volta che sentivamo le sirene della polizia in lontananza per paura di essere catturate. Se i “disertori” vengono scoperti in Cina, infatti, vengono rimpatriati in Corea del Nord. Si dice anche che le donne nordcoreane che soggiornano illegalmente in Cina vengano vendute come schiave o prostitute. Durante il nostro soggiorno, per la grande paura, invocavo continuamente Dio perché non ci abbandonasse nel pericolo. La paura è svanita solamente quando abbiamo toccato il suolo thailandese.

Dopo aver passato diversi mesi in Thailandia, siamo finalmente arrivate in Corea del Sud e ci siamo recate negli uffici del centro educativo statale per rifugiati nordcoreani Hanawon. Qui ho incontrato due suore e sono loro che mi hanno instradato sulla via della fede. Con la grazia di Dio, sono stata battezzata e confermata nella Chiesa cattolica, rinata come membro di un nuovo mondo.

Il Signore mi è stato di sostegno e conforto fin da quando mi sono stabilita qui. Ha placato la mia rabbia e asciugato le mie lacrime quando i pregiudizi di tanti sudcoreani, che mi snobbavano e mi voltavano le spalle, mi facevano male. Mi ha incoraggiata e consolata ogni volta che mi sono trovata in difficoltà. Quando mi sono ammalata di cancro e sono caduta in un profondo stato di frustrazione, Dio è stato al mio fianco per incoraggiarmi, dicendomi che potevo superarlo perché avevo già superato difficoltà ben maggiori per scappare dalla Corea del Nord e dalla Cina. Durante la mia lunga battaglia contro la malattia, Dio è sempre stato con me: a volte come un amico con cui sfogarmi, altre come una roccia su cui scagliare la mia rabbia. Dialogare con Dio è stato una medicina misteriosa e analettica che mi ha rafforzato e fatto maturare.

Se qualcuno mi chiedesse perché ringrazio Dio e non posso lasciarlo, direi che Dio è l’Unico che conosce tutto di me e dal quale mi aspetto la risoluzione di ogni mio problema. Dio mi è venuto incontro in modo misterioso e anche se mi condurrà lungo strade che non ho mai conosciuto, io ho fiducia in Lui perché so che sarà sempre con me.

Foto Ansa

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