Te Deum, Amicone: Per il bene grande della vita che ci è stata data. E per voi lettori

Di Luigi Amicone
31 Dicembre 2012
Il bene grande di avere la vita che ci è stata data. E di avere voi lettori. In una di queste mattine da uomini e donne sdraiati in una vuota autosufficienza può capitare di incrociare Grossman, Milosz, Giussani

Come ogni anno, l’ultimo numero del settimanale Tempi raccoglie una serie di “Te Deum” di personalità significative all’interno del panorama sociale italiano. Nel numero che trovate in edicola a partire da giovedì 27 dicembre troverete i contributi di Angelo ScolaLuigi NegriAlberto Caccaro, Aldo TrentoLuigi Amicone, Antonio SimoneRoberto Formigoni, Marina Corradi, Renato Farina, Mattia Feltri, Pippo Corigliano, Annalisa Teggi, Costanza Miriano, Davide Rondoni, Giampiero Beltotto, Maria Rita O., Antonio Gurrado, Cecilia Carrettini, Gian Micalessin, Lorella Beretta, Andrea Mariani, Berlicche e molti altri.
Pubblichiamo di seguito il Te Deum di Luigi Amicone

Quando si diceva che “il mattino ha l’oro in bocca” era anche il tempo in cui gli uomini erano più forti e liberi di adesso. Fossero su uno spuntone d’acciaio di una impalcatura a cento metri da terra a tirar su, nel pieno della crisi del post ’29, l’Empire State Building, o a sorseggiare il primo caffè in un bar di Napoli, gli uomini non apparivano così come certe volte appariamo noi allo specchio e ci sentiamo dire: sei vuoto, scontento, rabbioso. E poi, se proprio dobbiamo esprimere un pensiero, oggi che ciascuno di noi sembra essere l’unico nato a posto, onesto, intelligente, giusto, e tutto il resto, diciamo, va un po’ così, se non è Casta, saranno i soliti furbi, confidiamo che la vita sia come un indumento che esce dalla lavatrice ogni volta un po’ più ristretto. Più passa il tempo e meno si capisce se l’importante è avere la salute o se basta la pensione. Ma anche così, mentre un certo benessere ci si restringe addosso come una camicia di cotonina cinese, il nostro mattino, ora illuminato da uno schermo e salutato da Google, ha questo oro nuovo, strano e angoscioso, di un travaglio grande e senza precedenti.

L’oro di un travaglio che non c’è in giro un euro. Che se hai ancora un lavoro te lo tieni stretto stretto. Che se non l’hai mai saputo leggendo il sociologo David Riesman, adesso lo sai cos’è sentirsi parte di una “folla solitaria”. Infine, con tutti questi guai che incombono, per quanto angosciato, solitario, arrabbiato tu sia, ebbene, tu sai che l’oro che hai è semplicemente questo: sei ancora vivo. (Colpisce che noi europei occidentali cominciamo solo nella presente crisi a capire cos’è un orizzonte di indigenza e di lotta per mantenere quel poco che si ha che hanno patito per quasi un secolo i nostri fratelli europei dell’Est: due o tre famiglie nello stesso appartamento assegnato dal preposto organismo dello Stato; ospedali dove non sai se qualcuno impietosito si prenderà cura di te o ti lasceranno mezzo morto in corsia; fiumi di retorica e slogan su pace, lotta alla corruzione, uguaglianza, solidarietà… Insomma, finalmente anche l’Occidente europeo vira dai variegati colori al grigio uniforme, e come fa bene rileggere oggi i più grandi scrittori del secolo scorso – si chiamano Grossman, Milosz, Salamov – restando questi a noi pressoché sconosciuti perché qui vigono ancora – ancora per poco – barzellette di scrittori e comici minculpop da 13 milioni e rotti di telespettatori).

In ogni modo, in una di queste mattine da uomini sdraiati in una vuota e ansiosa e rabbiosa autosufficienza, può capitare di alzare lo sguardo su una striscia di carta appesa sul tinello da una buona decina d’anni. Dall’ingiallito, un po’ di polvere, macchioline di post-it scollati e finiti sotto la lavastoviglie, salta fuori uno di quegli uomini lì, di altre epoche, stranamente certi di portare con sé qualcosa che avrebbe attraversato il tempo. E infatti leggi e sei già un passo davanti ai tuoi pensieri. «Ciò che tutti i giorni per noi sarebbe limite – ci induce a riflettere Luigi Giussani – è destinato a diventare grande come lo sguardo della Madonna. Maria capiva che il contenuto di ogni azione umana sviluppa e realizza il disegno di un Altro: non il disegno del proprio cuore, ma del cuore di Dio. I dolori, come la vita, certo non vi mancheranno, ma vivrete la vita come un cammino, anche quando il cammino sarà faticoso, sarà scoperta di un bene veramente grande». Ecco, uno alza lo sguardo e capisce che il primo bene veramente grande è la vita che ci è stata data. Il secondo, visto dal nostro punto di vista che la vita ce la guadagniamo facendo un giornale, è il bene grande di avere così cari e così affezionati lettori che, grazie a loro, grazie a te caro lettore, siamo ancora vivi. Te Deum laudamus.

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4 commenti

  1. Franco

    Poco fa, leggendo di politica e scorrendo i commenti quà e là, mi è tornata alla mente una delle tante frasi “illuminate e illuminanti” del grande don Gius: “MA NON E’ PIU’ GRANDE ANCORA AMARE L’INFINITO?” Penso proprio di si.
    Auguri amici.

  2. Vergani Ambrogia

    Che sobbalzo, caro Luigi, è capitata anche a me la stessa esperienza: sistemo un cassetto e ritrovo il volantino del pellegrinaggio a Loreto del 2004 e quella frase di don Giussani che nel grigiore della giornata subito mi fa respirare! Buon Anno e buon cammino Ambrogina

  3. Edo da Torino

    Veramente, come dice Giuseppe: Grazie “Tempi” di esistere!
    Auguri al direttore e a tutta la redazione

  4. giuseppe

    Caro Amicone
    Ho visto nascere questo giornale. Mi trovavo a Rimini quando è uscito il primo numero di Tempi, edito su un foglio di carta gialla, che mi ricordava le confezioni di spaghetti, carta ruvida e gialla, nel periodo della guerra del ’40. Gli articoli, i commenti mi hanno aiutato sempre ad avere uno sguardo più approfondito della realtà, cosa che non ho mai riscontrato nella stampa che va per la maggiore. Grazie “Tempi” di esistere!
    A Te, Direttore, e a tutta la Redazione i migliori auguri.

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